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Nossignore, è una posizione unanime e condivisa dai sociologi di tutto il globo.

Costui delira. Ci si può convincere di quello che si vuole, ovviamente, l'autoillusione non è reato, ma non si possono sparare capperate da un forum pubblico, non senza il rischio di essere sbertucciati allegramente, almeno.


Qualche citazione:


"Il membro deluso, e l’apostata, in particolare, sono informatori le cui prove devono essere utilizzate con circospezione. L’apostata ha generalmente bisogno di giustificare se stesso. Cerca di ricostruire il suo passato, di scusare le sue affiliazioni precedenti e di biasimare coloro che erano stati i suoi colleghi più prossimi. Non è dunque raro che impari a fabbricarsi una “storia di atrocità” per spiegare come — attraverso la manipolazione, l’inganno, la coercizione o le frodi — è stato prima condotto ad aderire, quindi gli è stato impedito di abbandonare un’organizzazione che oggi disapprova e condanna". - B.R.Wilson, docente universitario, sociologo e presidente della International Society for the Sociology of Religion.


"Esiste spesso un vizio di fondo in un approccio imperniato su informazioni desunte in gran parte o esclusivamente da fuoriusciti animati da bellicosità e livore". - John A. Saliba, prete gesuita, scrittore, professore di Studi Religiosi all’università di Detroit Mercy.


"I volumi costruiti esclusivamente sulle testimonianze di “ex” hanno tutte le debolezze di un regolamento di conti. Un’opera che si pretende scientifica dovrà mettere a confronto la narrativa degli ex con quelle di altri (coloro che nella comunità sono rimasti e si trovano bene, le persone che intessono con la comunità a titolo diverso relazioni sociali, gli osservatori esterni) e non pretenderà di ricavare la “verità” dall’uso ossessivo di questo solo tipo di narrativa. Per sapere se le navi normalmente conducono in porto non è saggio chiedere la loro opinione soltanto ai naufraghi". - Massimo Introvigne, sociologo, filosofo e scrittore italiano. Fondatore e direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR) e membro della sezione di Sociologia della Religione dell’Associazione Italiana di Sociologia.


"I gruppi contrari alle minoranze religiose basano molto del loro attacco, se non tutto, sulle testimonianze di ex membri che riportano resoconti di manipolazione e di abuso. Gli ex membri che “sono stati là dentro” e che – così si presume – hanno vissuto in prima persona tutti gli orrori sui quali gli estranei possono solo fantasticare, rappresentano lo stereotipo della principale fonte di prove empiriche. Queste narrazioni, come gli anti-sette ci vorrebbero far credere, danno un’idea della vera natura e delle reali finalità di tali gruppi, contraddicendo l’immagine positiva che le religioni minoritarie vorrebbero di sé dare al mondo esterno.

"Nella mia ricerca, ho scoperto che la maggior parte degli ex-membri erano possibilisti o persino positivi sulla loro precedente religione, spesso caratterizzando il proprio periodo di adesione come una benefica esperienza cognitiva. In netto contrasto, gli individui direttamente assistiti dagli attivisti anti-sette hanno descritto la loro adesione e la loro precedente religione nei termini dei tradizionali stereotipi negativi su “culti”. La conclusione che si deve trarre è che la cosiddetta “consulenza di uscita” … è piuttosto un intenso processo di indottrinamento in cui la fede religiosa viene distrutta e sostituita dall’ideologia anti-sette. … una considerazione attenta di questa conclusione dovrebbe far sì che qualsiasi persona pensante abbia una esitazione prima di accettare le accuse più dure propagate dagli anti-sette". - James Lewis, scrittore e professore associato di Studi Religiosi all’Università di Tromsø.


"Rintracciati dai consulenti dell’associazione ‘anti-sette’, i racconti degli apostati vengono sollecitati, selezionati, spesso distorti per accomodarli al proprio quadro teorico e per rimpinguare il carico di storie scioccanti che gravano sul culto…. Se è altamente improbabile che siano usati per costruire una nuova contrapposizione fra l’associazione religiosa e lo Stato, il loro potere di stigmatizzazione è stato però direzionato nell’angusto vortice dei giornali, delle reti informatiche, della letteratura anti-sette". - David G.Bromley, professore di Sociologia alla Virginia Commonwealth University, presidente del Dipartimento di Sociologia ed Antropologia alla University of Virginia.


"Io sono convinto, in base al mio addestramento professionale e alla mia ricerca accademica, che un apostata non dovrebbe essere accettato acriticamente dai mass media, dalla comunità accademica, dal sistema giuridico o da enti governativi come fonte credibile d’informazione sui nuovi movimenti religiosi. L’apostata deve essere sempre considerato come un individuo predisposto a fornire un racconto di parte del credo e pratiche della sua ex appartenenza e attività religiose". - Lonnie Kliever, filosofo, scrittore, docente universitario, presidente del dipartimento di Studi Religiosi della Southern Methodist University.


"Parlando francamente, gli ex membri ostili oscurano invariabilmente la verità. Invariabilmente ingigantiscono incidenti minori e li trasformano in grandi incidenti, e sul lungo periodo le loro testimonianza quasi sempre cambia perché ogni volta che la raccontano percepiscono la reazione di accettazione o rifiuto di chi li ascolta, e di conseguenza verrà sviluppata e incorporata nella visione diversa del mondo che stanno adottando". - John Gordon Melton, dipartimento di Studi Religiosi dell’Università della California, Santa Barbara (USA).


"L’evidenza storica mostra che gli ex-membri spesso rappresentano testimoni men che attendibili. Essi tendono ad aggregarsi ai gruppi anti-sette e successivamente demonizzano il proprio precedente culto ricorrendo a dichiarazioni grossolane". - John Corrigan, docente universitario di Storia delle Religioni alla Florida State University.


"L’apostata è un disertore schierato in una coalizione contrapposta nell’intento di sollevare una polemica, e promuove attività pubbliche di rivendicazione per attaccare il proprio precedente gruppo. Contrariamente ai tipici ex-membri le cui reazioni vanno dall’indifferenza al dissenso silenzioso, l’apostata assume un contegno insolente e ostile e persegue una campagna morale per screditare il gruppo… L’apostasia può essere meglio compresa in termini di narrazioni e di ruoli. L’apostata, è dimostrato, segue un modello (o formula) prevedibile per fornire delle spiegazioni, dopo il proprio coinvolgimento, dei motivi per cui si aderisce al gruppo che vuole screditare. Questa spiegazione stereotipata è descritta come un ‘racconto di schiavitù’, che enfatizza la presunta manipolazione, l’essersi ritrovato in una trappola, e l’aver perseguito, in modo idealistico ma inconsapevole, le pratiche sinistre del ‘culto’". - Stuart Wright, docente universitario di sociologia alla Lamar University.


"I resoconti portano il confine fra realtà e finzione fino al limite. Le narrative degli apostati denotano quelle che definisco ‘indulgenza autobiografica’ e ‘contestualizzazione artificiale’. A proposito di quest’ultimo fattore, i tempi e la durata dell’affiliazione, così come la natura della iniziativa originale e le motivazioni che portarono ad essa, sono quasi ricostruiti… Le narrative degli apostati spesso sono precedute da dichiarazioni di ‘alleati’ che riportano ulteriori denunce a carico dell’organizzazione controversa, o avallate da recensioni compiacenti.

"Il pubblico in definitiva promuove e sponsorizza la narrativa apostata, una volta che è stata romanzata. Il supporto e la ‘certificazione’ del pubblico contribuisce ad edificare la credibilità del racconto e la veridicità e la fidatezza del narratore-fuoriuscito. La lontananza dal vero della narrativa per paradosso rafforza la sua plausibilità, ancorché attraverso la sospensione del dubbio, e amplia il suo fascino". - Daniel Carson Johnson, docente universitario di sociologia presso la University of Virginia.


"Il ruolo dei media nel fabbricare, o nel riferire, la realtà è specialmente evidente nel modo in cui essi trattano il tema dei culti. In parte, questa complicità esiste perché gli apostati che hanno una ‘storia di atrocità’ da raccontare si rendono prontamente disponibili ai giornalisti". - Danny Jorgensen, sociologo, storico, docente universitario di Studi Religiosi presso la University of South Florida.


Qui un articolo completo e referenziato:

tdgonline.altervista.org/fuoriusciti-dei-testimoni-di-geova-tra-fenomenologia-e-statistica-cosa-dicono-gli-...