The.Witness, 12/09/2019 21:47:
Concordo con Barnabino..la risposta al quesito iniziale di Erev sta nel capitolo 5 di Romani
Al riguardo posto una spiegazione mediante la quale possiamo gustare meglio il significato di questi versetti in particolare i v. 13-15
“Infatti il peccato esisteva nel mondo prima della Legge”
Cioè prima della Legge di Mosè c'era già il peccato nel mondo. Questo a motivo dell'ereditarietà. Infatti la Legge servì solo a rendere manifesto tale peccato.
“ma quando non c'è legge il peccato non può essere imputato a nessuno”
Prima della legge di Mosè, Geova non poteva incolpare i suoi servitori di non aver osservato delle norme che non erano ancora state decretate. Quindi non poteva attribuire la mancata osservanza di norme ancora inesistenti.
Dal canto loro gli uomini, prima della legge di Mosè, potevano aver l'impressione di essere a posto con Dio, non riuscendo a capire pienamente che l'imperfezione e il peccato non permettevano loro di avere una relazione pura con il loro Creatore.
Infatti, le leggi che Geova aveva dato fino alla stesura della legge di Mosè, grazie alle quali si poteva avere l'approvazione, non richiedevano la perfezione.
Erano delle leggi, come per esempio “Non mangiare il sangue, essere circoncisi, non uccidere, e moltiplicarsi”, che non richiedevano la perfezione. Pertanto, fino alla stesura della Legge l'uomo che temeva Dio, non poteva capire pienamente fino a che punto l'imperfezione e il peccato, gli avrebbero impedito di soddisfare alla perfezione la norma di Geova.
“Eppure, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano commesso un peccato simile alla trasgressione commessa da Adamo...”
Cioè, è come se dicesse:
“Eppure, da Adamo fino a Mosè, la morte ha sempre dominato gli uomini, anche quelli che non avevano disubbidito come Adamo a un ordine di Dio.”
Quindi, prima della Legge di Mosè, anche coloro che seguivano tutte le leggi che Dio aveva emanato, erano comunque soggetti alla morte.(Come abbiamo visto non ci voleva la perfezione per seguire le leggi divine allora esistenti). Nel loro caso la morte non dipendeva dunque dal non aver osservato certe leggi divine, come nel caso di Adamo.
La loro morte dipendeva dall'aver ricevuto il peccato a motivo dell'ereditarietà.
Cosa cambiò dunque con la stesura della legge di Mosè?
Abbiamo visto che l'uomo già prima della Legge era sotto il peccato, a motivo dell'ereditarietà.
Solo che adesso chi si sforzava di seguire la Legge si accorgeva subito di non essere in grado di seguirla pienamente nonostante gli sforzi. (A differenza di prima che per seguire i decreti di Geova non ci voleva la perfezione). Per cui si accorgeva pienamente che non poteva avere una pura relazione con Geova, perché non riusciva ad essergli completamente ubbidiente. Di conseguenza non poteva ottenere la vita eterna, dato che la vita era messa in relazione con l'osservanza completa della Legge (Levitico 18:5).
Si sentiva con la coscienza macchiata. Solo adesso si sentiva spinto a chiedersi: “Come posso riconciliarmi con Dio? Dato che sono peccatore, e proprio per questo muoio, e quindi non posso guadagnarmi la vita eterna con la mia osservanza della Legge, esiste una soluzione? Cioè, per l'umanità ci sarà mai una speranza di riottenere la vita eterna? Geova provvederà mai il mezzo per redimere l'umanità dato che noi da soli non possiamo redimerci e ottenere così la vita eterna, dato che non siamo capaci di osservare la Legge pienamente?
“Ma il dono non è come la colpa”
Che differenza c'era tra il dono e il fallo?
A causa del fallo di Adamo, egli fu punito meritatamente con la morte, proprio come Geova aveva dichiarato (Gen. 2:17).
Di conseguenza Adamo essendo peccatore non poteva più avere il privilegio di produrre una progenie perfetta, ne poteva riuscire in questo dato che la legge dell'ereditarietà impone il trasmettere ai discendenti anche la vecchiaia e la morte, se presenti.
Pertanto nascendo come discendenti di Adamo e quindi peccatori, anche noi meritiamo la morte. Non potrebbe essere diversamente dato che la vita eterna dipende dall'osservare tutte le leggi di Dio pienamente (e questo è per noi impossibile). D'altro canto la morte è il risultato inevitabile dei peccatori, cioè tutti noi (Romani 6:23).
Quindi, sintetizzando:
La punizione della morte è anche per noi meritata, dato che siamo peccatori.
Il dono, cioè essere dichiarati giusti agli occhi di Dio nonostante siamo peccatori (Rom. 5:16) è per l'appunto un dono, quindi non meritato. E' un dono gratuito ed immeritato. (Efes. 2:8). Sforzarsi con tutto se stessi di essere ubbidienti non è quindi il mezzo mediante cui ricevere o guadagnarsi la vita eterna.
Essere riconciliati con Dio e ottenere quindi la vita è un dono, e che tale dono è reso possibile solo grazie al sacrificio di Cristo. Riflettere su questo spingerà, di conseguenza, tutte le persone che cercano Dio a manifestare la propria gratitudine con l'ubbidienza che è il mezzo che rivela se siamo davvero grati al sacrificio di Cristo.
"Infatti se per la colpa di un solo uomo molti sono morti, tanto più l’immeritata bontà di Dio e il dono che ha fatto mediante l’immeritata bontà di un solo uomo, Gesù Cristo, sono stati riversati in abbondanza su molti."
Tutti gli uomini muoiono conseguentemente al peccato. Nessuno potrebbe dire a Geova:
“Io muoio al posto di qualcun altro”. Perché ognuno di noi essendo peccatori, morendo riusciamo a pagare solo i nostri peccati.
Gesù invece nacque come uomo perfetto e quindi non doveva pagare il prezzo della morte.
Per cui poteva dire:”Io muoio lo stesso anche se non lo merito, e muoio al posto di tutti gli altri”.
Dunque, Gesù con la sua morte immeritata riuscì ad acquistare tutti noi e a redimerci dal peccato.
Come aggiunge Ebrei 2:9b: "Per l’immeritata bontà di Dio ha gustato la morte per tutti."