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Confutazione trasmissione radio Maria del GRIS di giugno 2020...

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    viceadmintdg1
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    00 29/06/2020 09:02
    ...l'eucaristia (fractio panis)
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    viceadmintdg1
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    00 29/06/2020 09:21
    Il primo intervento è a cura di don Franco Fiorino che affronta il tema dell'eucarestia nelle prime comunità cristiane.

    Parafrasando il suo messaggio egli accenna all'espressione fractio panis ossia "lo spezzare il pane" asserendo che

    essa è una designazione del rito dell'Eucaristia usata da S. Paolo (I Cor., 10: 16), dall'autore del III Vangelo (Luca, 2:42,46; 22:19) e degli Atti degli Apostoli (2: 42, 46; 20: 7, 11) che metteva in evidenza la singolarità del rito.



    Secondo Fiorino infatti

    in tutti i racconti della istituzione eucaristica si rileverebbe che viene "spezzato" l'unico pane, perché tutti ad esso partecipino, come tutti bevono anche dell'unico calice condiviso con tutti i partecipanti.
    Il rito di Gesù voleva quindi essere la comunione all'unico "pane di vita", Cristo. L'esplicazione in tal senso è data da Paolo: "Il pane che noi spezziamo, non è la comunione del corpo di Cristo? Poiché uno solo è il pane, un solo corpo siamo molti insieme" (I Cor., 10, 16).
    La partecipazione a un unico pane spezzato è quindi simbolo dell'unità dei fedeli in Cristo. Essi tutti formano misticamente un solo corpo.
    Dopo una terribile tempesta nel Mediterraneo e prima di approdare a Malta, Paolo sulla nave «prese un pane, rese grazie a Dio davanti a tutti e lo spezzò cominciando a mangiarlo» (27,35). Era stato lo stesso Apostolo, scrivendo ai fedeli di Corinto, a dare indicazioni severe per una retta celebrazione della cena del Signore nel contesto del banchetto comunitario (1 Corinzi 11,17-34).

    I nostri fratelli testimoni di Geova non riconoscono la celebrazione eucaristica da questi pasti e addirittura perdono la sacralità di tale rito riducendosi ad una celebrazione commemorativa annuale, il 14 del mese di Nisan, corrispondente alla pasqua ebraica. In tale commemorazine fanno passare gli emblemi a tutti i presenti ma solo gli unti ne mangiano e bevono. Ma il vangelo dice che essi erano rivolti a tutti.
    Essi tra l'altro traducono l'espressione "spezzare il pane" o "frazione del pane" in maniera banalizzante ossia "prendere i pasti" ma questo non ha senso, perché l'espressione spezzare il pane è termine usato ricorrentemente per riferirsi chiaramente alla celebrazione eucaristica.

    In realtà nella Sacra Scrittura e nei primi scritti dei padri questo atto è celebrato frequentemente, infatti si legge che "erano assidui nello spezzare il pane"(Atti 2:42-47) . Infatti essi la celebravano almeno ogni domenica, ossia nel giorno del Signore. come possiamo leggere dall'evangelista Luca. Ad esempio, a Troade, alla presenza di san Paolo e dello stesso Luca, si nota: «Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane» (20,7).
    Anche l'antico testo cristiano della Didachè (cap. XIV) conferma tale rito che veniva celebrato frequentemente, nel giorno del Signore, ossia ogni domenica.
    Quindi fratelli non perdiamo di vista la centralità dell'eucaristia e della santa messa.



    Lascio la parola a chi desidera replicare...
    [Modificato da viceadmintdg1 30/06/2020 08:55]
  • Aquila-58
    00 29/06/2020 10:53
    Re:


    Cari amici di Radio Maria,



    viceadmintdg1, 29/06/2020 09:21:

    Il primo intervento è a cura di don Fiorino che affronta il tema dell'eucarestia nelle prime comunità cristiane.


    Secondo Fiorino infatti in tutti i racconti della istituzione eucaristica si rileverebbe che viene "spezzato" l'unico pane, perché tutti ad esso partecipino, come tutti bevono anche dell'unico calice condiviso con tutti i partecipanti.
    Il rito di Gesù voleva quindi essere la comunione all'unico "pane di vita", Cristo. L'esplicazione in tal senso è data da Paolo: "Il pane che noi spezziamo, non è la comunione del corpo di Cristo? Poiché uno solo è il pane, un solo corpo siamo molti insieme" (I Cor., 10, 16).
    La partecipazione a un unico pane spezzato è quindi simbolo dell'unità dei fedeli in Cristo. Essi tutti formano misticamente un solo corpo.




    comunque Paolo parla anche del vino, per la precisione:

    1 Corinti 10:16 (CEI) 16 il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo?

    Perché il calice della benedizione non è stato citato?


    viceadmintdg1, 29/06/2020 09:21:


    Dopo una terribile tempesta nel Mediterraneo e prima di approdare a Malta, Paolo sulla nave «prese un pane, rese grazie a Dio davanti a tutti e lo spezzò cominciando a mangiarlo» (27,35). Era stato lo stesso Apostolo, scrivendo ai fedeli di Corinto, a dare indicazioni severe per una retta celebrazione della cena del Signore nel contesto del banchetto comunitario (1 Corinzi 11,17-34).




    e secondo voi Paolo, sulla nave, stava celebrando il rito eucaristico?

    Se vogliamo fare teologia, si riferisce a qualcosa che ricorda la santa cena, ma se vogliamo essere seri, possiamo vederci solo un normale pasto giudaico!

    Spezzare il pane, rendendo grazie, era un modo usuale giudaico ed antico di iniziare il pasto.

    Che questa fosse una prassi comune presso gli ebrei, è testimoniato nel Talmud.

    Ecco per esempio cosa ricorda accadere nel corso di uno “zimmùn” (un invito):

    Quando si giunse alla frazione del pane, Rabbi Abbahu disse a Rabbi Zerà: Vorrebbe il maestro compiere la frazione?.......E così Rabbi Abbahu spezzò il pane” (B.Berakhot 46a).

    In un altro testo si legge: “Rabbi Jehudàh, figlio di Rabbi Shemuèl, disse a nome di Rab: I commensali non devono mangiare fino al momento in cui colui che ha compiuto la frazione del pane ha assaggiato il cibo" (B. b. 47a).


    viceadmintdg1, 29/06/2020 09:21:




    I nostri fratelli testimoni di Geova non riconoscono la celebrazione eucaristica da questi pasti e addirittura perdono la sacralità di tale rito riducendosi ad una celebrazione commemorativa annuale, il 14 del mese di Nisan, corrispondente alla pasqua ebraica.




    Non siamo noi a "ridurre a una celebrazione annuale commemorativa" il Pasto serale del Signore, ma le Scritture!
    Gesù stesso disse:

    Luca 22:19 CEI

    19 Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: "Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me".

    Che sia una Celebrazione annuale è confermato dalla Lettera agli Ebrei.
    Infatti in Ebrei 9:24-26 mette in relazione il sacrificio di Cristo con l' annuale giorno di Espiazione:

    24 Cristo infatti non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore.
    25 E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui

    26 in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte. Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso (Ebrei 9:24-26 CEI)


    viceadmintdg1, 29/06/2020 09:21:



    In tale commemorazione fanno passare gli emblemi a tutti i presenti ma solo gli unti ne mangiano e bevono. Ma il vangelo dice che essi erano rivolti a tutti.



    A tutti?
    Certo, Gesù si trovava con i suoi fedeli apostoli con cui avrebbe poi fatto un patto per un Regno (Luca 22:29-30), quindi è ovvio che essi dovessero prendere del pane e del calice, ma non è scritto "tutti", ma solo quelli con cui Gesù ha fatto un patto per un Regno Celeste, a cominciare dagli Apostoli e questo è confermato anche da Matteo 19:28



    viceadmintdg1, 29/06/2020 09:21:



    Essi tra l'altro traducono l'espressione "spezzare il pane" o "frazione del pane" in maniera banalizzante ossia "prendere i pasti" ma questo non ha senso, perché l'espressione spezzare il pane è termine usato ricorrentemente per riferirsi chiaramente alla celebrazione eucaristica.

    In realtà nella Sacra Scrittura e nei primi scritti dei padri questo atto è celebrato frequentemente, infatti si legge che "erano assidui nello spezzare il pane"(Atti 2:42-47) . Infatti essi la celebravano almeno ogni domenica, ossia nel giorno del Signore. come possiamo leggere dall'evangelista Luca. Ad esempio, a Troade, alla presenza di san Paolo e dello stesso Luca, si nota: «Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane» (20,7).

    Lascio la parola a chi desidera replicare...




    Andiamo con ordine.

    La cattolicissima Bibbia di Gerusalemme, nella nota in calce ad Atti 2:42, legge:

    "L' espressione, di per se [lo spezzare il pane, l' aggiunta è mia] richiama un pasto ebraico, nel quale che presiede, prima di dividere il pane, pronuncia una benedizione. Ma nel linguaggio cristiano si intende il rito eucaristico (1 Cor. 10:16, 11.24, Luca 22:19,24:35"

    Quindi la Bibbia di Gerusalemme sta ammettendo che la questione è teologica...

    Andiamo più nel dettaglio.

    Vediamo nel dettaglio per esempio Atti 20:7.

    Il testo greco alla lettera, legge “In poi il primo della settimana essendo riuniti noi per spezzare pane”.

    In Atti 20:7, se leggiamo bene il testo greco, c' è scritto che Paolo si riunì per spezzare il pane, dovendo partire il giorno dopo.

    Paolo si mise a conversare con loro fino a mezzanotte, tanto che, dato che Paolo era notoriamente.....logorroico, il povero Eutico si addormentò a cadde dalla finestra, Paolo lo risuscitò e poi viene detto al versetto 11, letteralmente: che "essendo poi salito e avendo spezzato il pane e preso cibo, a lungo avendo conversato fino all' aurora, così partì".

    Un normale pasto giudaico, quindi.

    Esaminiamo meglio Atti 2:42, 46.

    Atti 2:42 (CEI)

    42 Erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere


    In Atti 2:42 troviamo l' espressione "tei klasei tou artou", letteralmente "nella frazione del pane".
    Qui troviamo il sostantivo klasis, che significa "lo spezzare", l' articolo è semplicemente richiesto dalla costruzione grammaticale stessa, laddove in ogni specificazione si ha l' articolo:

    Atti 2:42, alla lettera dal testo greco:

    "erano poi perseveranti nell' insegnamento degli apostoli e nella partecipazione (o comunione), nella frazione del pane e nelle preghiere".



    Atti 2:46 (CEI) 46 Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore

    In questo versetto l' espressione “rompere il pane” dimostra che in questo punto (il sostantivo àrton (pane) non è preceduto dall' articolo), si deve intendere un pasto comune, non la celebrazione eucaristica.

    Il sostantivo àrtos, secondo il vocabolario Greco Italiano L. Rocci, ha anche il significato di “cibo”.

    La Bibbia CEI traduce àrtos (il cui significato principale, ricordiamolo, è “pane”) con “cibo” in Matteo 15:2, Marco 3:20, Marco 7:2, Marco 7:5, e con “pranzare” in Luca 14:1 (“Un sabato era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare [letteralmente, “a mangiare pane”, come in tutti gli altri casi citati prima ] e la gente stava ad osservarlo”).

    La realtà è che dire che i primi Giudei Messianici spezzavano il pane è dire né più né meno che allora mangiavano insieme.

    I primi cristiani facevano tutto insieme, ed avevano ogni cosa in comune (Atti 2:44-45).

    Non si può quindi prescindere dal contesto del tempo in cui vivevano queste primissime comunità giudaico-cristiane.

    Quindi, stando a ciò che dicono le Sacre Scritture, non si può affermare che la “ekklesìa giudaico cristiana” primitiva celebrasse ogni domenica o ogni giorno l' eucaristia.

    Alla prossima trasmissione di Radio Maria




    [Modificato da Aquila-58 29/06/2020 11:01]
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    10 30/06/2020 08:43
    Successivamente prende la parola Rocco Politi. Circa l'attendilita' delle critiche dei fuoriusciti rimandiamo, come di consueto, al seguente articolo del nostro sito TdGOnline:

    I FUORIUSCITI DEI TESTIMONI DI GEOVA: TRA FENOMENOLOGIA E STATISTICA – Cosa dicono gli esperti
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    00 30/06/2020 08:55
    Il successivo e ultimo intervento è a cura di don Battista Cadei che affronta un tema autobiografico lo Spirito Santo si è servito di una persona inadatta come me dicendo:


    Oggi parlerò di me stesso. Tento di presentarmi. Per la verità auto valutandomi rischio auto illusioni, gli ascoltatori sono avvisati!. Affronto comunque l'avventura. Esaminandomi, trovo in me più controindicazioni che doti. Nel mio passato riconosco che Dio “scrive diritto sulle righe storte”.
    Fisicamente sono un disabile, perché zoppicante a causa di una paralisi infantile. Per questo motivo quando ero chierico non mi mandarono, come gli altri, nelle parrocchie a fare il catechista. Personalmente sono di carattere chiuso, timido, poco comunicativo, e per reazione portato ad essere aggressivo. Quando ero seminarista, il rettore del seminario mi ammoniva: tu rischi di diventare misantropo. Diventato prete, fui mandato nel seminario diocesano come insegnante di lettere, prima nelle medie poi nel liceo. Mi accontentavo di questo compito, e avevo poche occasioni di fare altre esperienze pastorali.

    Mi affliggeva un senso di inadeguatezza, tanto che un giorno presi carta e penna e presentai le mie dimissioni al vescovo. Egli, anziché accettare, come un buon padre mi infuse coraggio, per cui continuai a fare l'insegnante. Ricorsi anche a un esame psicodiagnostico, per conoscermi e gestirmi di conseguenza. Ne lessi il risultato insieme con un sacerdote psicologo, mio vero amico. Risultò che sono sensibile alla comunicazione verbale e dotato di qualche idealità, ma privo di senso pratico e incapace di iniziativa. Infatti, quando potevo, mi sottraevo a incarichi che comportavano qualche responsabilità. Di essere imbranato lo sapevo, ma lʼamico in aggiunta mi “rivelò” (senza offendermi!, ringrazino il Signore tutti quelli che trovano amici così) che quando discuto sono “antipatico”. Più tardi un altro Don schiettamente mi scriverà di trovare che le mie e-mail, dietro unʼapparente amabilità, sono ironiche e sarcastiche. Cosa fare? Accettarmi così sono, con tentativi (non sta a me dire se e quanto efficaci) di correggermi.
    Con queste doti (poche) e controindicazioni (tante), dopo 17 anni di attività didattica, da Bergamo fui trasferito (1980-1988) come vice parroco in una borgata alla periferia di Roma. Non avevo mai conosciuto i tdG, che qui invece erano attivi. Di essi sapevo solo che non sono da confondere con i protestanti, che li osteggiano quanto i cattolici. Dovevo proprio partire da zero. Per es. ero convinto che le loro traduzioni bibliche sono valide. Ben presto constatai che questo non è vero, e che la loro dottrina è lontanissima da quella cattolica. Come reagii? Come mi sembrava giusto, anche urlando e ricorrendo a battute che ferivano. Ricordo per es. che un tdG mi disse che siccome il Vangelo originario di Matteo era in lingua ebraica, esso necessariamente conteneva le consonanti del nome Geova (che come si sa è importantissimo per i tdG). Io risposi seccamente: «Ma Matteo non era abbonato a LA TORRE DI GUARDIA!», cioè non aveva studiato da tdG. Il tdG ne rimase fortemente offeso. Io gli chiesi scusa e feci il proposito di evitare in futuro battute spiritose e pungenti (talora ci ricasco).

    Lʼesempio di san Paolo. Che Dio scriva “diritto sulle righe storte” lo vediamo nell'Apostolo delle genti, il quale confessa le sue debolezze in 2Cor 12,7-10: «È stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: “Ti basta la mia grazia”... Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo... Quando sono debole, è allora che sono forte».

    Sono un controversista e polemista pentito. Meditando che Gesù comanda di amare e pregare per i nemici, per essere figli del Padre celeste, che manda sole e pioggia sui i buoni e i cattivi, decisi di cambiar rotta, perché per dialogare con frutto occorre guardare con simpatia, conoscere, interrogare e ascoltare, condividere gioie e dolori... Pur con il mio passato così compromettente, non solo cerco di scrivere dei tdG senza polemica, ma mi permetto di raccomandare agli autori cattolici di trattare i tdG in maniera paziente e amichevole, qualunque sia la loro reazione. E cerco di vincere lo scoraggiamento, visto che lo Spirito si serve anche di un imbranato come me.



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    [Modificato da viceadmintdg1 30/06/2020 08:57]
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    (SimonLeBon)
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    Città: PINEROLO
    Età: 53
    TdG
    00 30/06/2020 22:33
    Re:
    viceadmintdg1, 6/30/2020 8:55 AM:

    Il successivo e ultimo intervento è a cura di don Battista Cadei che affronta un tema autobiografico lo Spirito Santo si è servito di una persona inadatta come me dicendo:


    Oggi parlerò di me stesso. Tento di presentarmi. Per la verità auto valutandomi rischio auto illusioni, gli ascoltatori sono avvisati!. Affronto comunque l'avventura. Esaminandomi, trovo in me più controindicazioni che doti. Nel mio passato riconosco che Dio “scrive diritto sulle righe storte”.

    ...



    Lascio a parola a chi desidera replicare...



    Caro Cadei,

    Stavolta che non ci sono le "solite accuse" è un piacere leggere i suoi flash back repentini e il ricordo dei tempi passati.
    Strano che a Bergamo non ha incontrato tdG perchè ce ne sono diversi, anche ben attrezzati al dialogo.

    Nonostante quello che noi possiamo pensare di Dio o del ruolo che giochiamo, stando "nelle sue mani", il Suo spirito soffia dove vuole (Gv 3,8) e Lui arriverà ai suoi obiettivi comunque.

    Questo 2020 ha insegnato a molti una lezione difficile da dimenticare: le nostre certezze possono essere ribaltate in poco tempo e l'immagine del papa che attraversa a piedi le strade di una Roma deserta e spettrale resteranno a lungo nella nostra memoria.

    Tra il frutto dello spirito citato in Galati 5,22 non c'è solo il "dominio di sè" ma anche la "pazienza".
    Armiamoci di quella e guardiamo, o meglio, osserviamo cosa accade ancora sulla scena di questo mondo.

    Simon