Risposta a domande
◆ Si possono fare le collette?
Scrivendo la sua lettera ai Galati l’apostolo Paolo incoraggia a operare “ciò che è bene verso tutti, ma specialmente verso quelli che hanno relazione con noi nella fede”. (Gal. 6:10) Significa questo che se un nostro conservo è nel bisogno dovremmo promuovere una colletta? La colletta è una pratica cristiana?
Il termine colletta (greco, logìa) è riportato due sole volte nelle Scritture Greche Cristiane e precisamente in I Corinti 16:1, 2. Se esaminiamo attentamente questi due versetti noteremo i seguenti particolari: 1) È menzionata la colletta. Evidentemente si trattava di una speciale colletta di cui i corinti erano già stati informati; 2) Era per i santi (i cristiani) e non per un singolo individuo; 3) Il denaro doveva essere portato a Gerusalemme e consegnato al corpo direttivo di quei giorni affinché fosse provveduto il necessario a chi era nel bisogno; 4) L’offerta doveva essere fatta in forma privata “nella propria casa”; 5) Doveva essere un’offerta spontanea, volontaria, “secondo che abbia prosperità”.
Evidentemente questa colletta fu promossa per far fronte a una situazione difficile esistente a Gerusalemme. (Atti 24:17; Rom. 15:26; II Cor. 9:1, 5, 12) Collette del genere scritturale sono promosse oggi dall’organizzazione teocratica in occasione di disastri naturali come alluvioni, terremoti, disagi dovuti a forte opposizione, ecc. È quindi a questa specie di colletta che fa riferimento Paolo in I Corinti 16:1, 2.
Ma che fare se un fratello della congregazione a cui apparteniamo ha bisogno? Sarebbe appropriato promuovere una colletta in una simile circostanza? No. Possiamo aiutarlo personalmente, in forma privata. (Matt. 6:3, 4) Da parte loro gli anziani, se necessario, potrebbero presentare una risoluzione alla congregazione perché una certa somma di denaro del fondo della congregazione sia offerta come dono al fratello bisognoso.
Comunque, nel decidere se si debba assistere un certo fratello che è nel bisogno, quali altri princìpi scritturali è necessario che la congregazione tenga presenti? In I Timoteo 5:3-16 l’apostolo Paolo prende in considerazione la cosa e dà precise indicazioni in proposito. Innanzi tutto, ci si dovrà assicurare se il fratello nel bisogno può essere assistito dai suoi familiari. (vers. 4) Inoltre, dovrà trattarsi di uno che “persevera nelle supplicazioni e nelle preghiere notte e giorno” (vers. 5) e a cui “sia resa testimonianza di opere eccellenti, . . . se ha diligentemente seguito ogni opera buona”. (vers. 10) Deve quindi trattarsi di un fratello o di una sorella spiritualmente sani e attivi nell’opera. Coloro che non sono esemplari nella condotta e che non sono attivi, perché volutamente trascurano i comandi di Cristo Gesù, come possono pretendere che la congregazione li assista se essi stessi non si identificano con essa mediante le opere?
Mostrare amore e fraterna considerazione in maniera pratica per coloro che sono con noi nella fede è una caratteristica del cristianesimo con la quale desideriamo identificarci recando così onore al nostro amorevole Creatore e al Figlio suo, Cristo Gesù, che per primi ci mostrarono amore. — Efes. 5:2; I Giov. 4:10, 11.
wol.jw.org/it/wol/d/r6/lp-i/201980251#h=1:0-15:0