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Chiesa, a tre anni dalla sentenza Ue che impone la riscossione dell’Imu, lo Stato non ha nemmeno il dato ufficiale sulle somme non versate.

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    Amalia 52
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    TdG
    00 25/06/2021 12:30
    Le stime? Fino a 11 miliardi per il periodo 2006-2011


    La polemica tra Fedez e monsignor Galantino sul Ddl Zan riaccende lo scontro sulle tasse non pagate dalle strutture commerciali del Vaticano. Una querelle iniziata negli anni 90 e chiusa solo nel 2018 da una sentenza della Corte di Giustizia che obbligava l'Italia a riscuotere il dovuto per il periodo 2006-2011. A distanza di tre anni i numeri sul mancato introito restano vaghi: dai 300 milioni/anno per i soli immobili religiosi stimati dall'Anci fino ai 2,2 miliardi valutati dalla agenzia Ares

    Fedez contro il Vaticano per il Ddl Zan: “I 5 miliardi di tasse che dovete allo Stato dove sono? E perché i preti pedofili non li processa la giustizia italiana?”

    “Ignora le cose o è in malafede. Per fermarci al 2020, l’Apsa ha versato 5.950.000 euro di Imu e 2.880.000 di Ires, solo per il patrimonio della Santa sede. E vanno aggiunte le imposte pagate da Governatorato, Propaganda fide, Vicariato di Roma, Conferenza episcopale italiana e singoli enti religiosi”. Così il presidente dell’Amministrazione patrimonio Sede apostolica, Nunzio Galantino, ha risposto a Fedez che intervenendo nel dibattito sul ddl Zan ha ricordato come “il Vaticano ha un debito stimato di 5 miliardi di euro su tasse immobiliari mai pagate dal 2005″. La querelle sulle imposte non pagate dalla Chiesa continua da almeno 15 anni. Ma Galantino ha buon gioco a parlar d’altro visto che, curiosamente, a tre anni dalla sentenza della Corte di giustizia europea che impone all’Italia di recuperare le illecite esenzioni concesse tra 2006 e 2011 ancora non esiste un dato ufficiale su quanti siano i soldi in ballo. Una cifra che, secondo le diverse stime può variare da un minimo di un miliardo e mezzo fino alla somma monstre di 11 miliardi in 5 anni di tasse mai richieste dallo Stato italiano. Ecco la storia della lunga battaglia intorno al fisco sul mattone ecclesiastico.

    L’esenzione berlusconiana dall’Ici – La legge che nel 1992 istituì l’Ici esentava dal pagamento solo i fabbricati destinati “esclusivamente all’esercizio del culto” e relative pertinenze” e quelli utilizzati da enti non commerciali (ecclesiastici e non) per attività assistenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, ricreative e sportive. Con un effetto finanziario negativo per 100 milioni di euro l’anno, stando alla relazione del gruppo di lavoro sull’erosione fiscale coordinato da Vieri Ceriani. Nel 2005 il governo Berlusconi ampliò il perimetro dell’esonero, allargandolo agli immobili con fini commerciali a patto che non avessero “esclusiva” natura commerciale. Con il risultato di escludere dalla platea dei contribuenti sia le attività – alberghi, cliniche, scuole – degli enti ecclesiastici sia quelle gestite da associazioni, comitati, fondazioni, onlus e ong. L’anno dopo partì la querelle: un gruppo di b&b, hotel e scuole private non religiose si rivolse alla Commissione europea lamentando che quell’esonero favoriva senza motivo i concorrenti concedendo un ingiusto vantaggio competitivo.

    La Ue: “Esenzione illegittima ma recupero impossibile” – Bruxelles aprì un’indagine e, con una decisione del dicembre 2012, sancì che effettivamente di aiuto di Stato anticoncorrenziale si trattava perché “gli enti non commerciali interessati dalle misure in questione svolgevano, almeno parzialmente, attività economiche” e “la natura selettiva della misura fiscale” non era “giustificata dalla logica del sistema tributario”. Ma diede retta allo Stato italiano che sosteneva fosse impossibile individuare retroattivamente gli immobili in cui si erano svolte anche attività commerciali e pretendere il versamento delle somme non versate negli anni. Conclusione: l’esenzione è illegittima ma non si può procedere al recupero.

    La Corte di giustizia ribalta la decisione – Nel frattempo a Palazzo Chigi era arrivato Mario Monti, che con la manovra salva Italia aveva sostituito l’Ici con l’Imposta Municipale Propria (Imu), senza esenzioni per gli enti ecclesiastici che svolgano attività commerciali, che siano ricettive o scolastiche. Una definizione comunque ambigua: capita che anche veri e propri alberghi si presentino al fisco come strutture di accoglienza ai fedeli senza scopo di lucro e ottengano l’esenzione. Una scuola elementare montessoriana di Roma che aveva partecipato alle prime denunce, sostenuta dai Radicali, decise dunque di andare avanti e nell’aprile 2013 fece ricorso contro la Commissione. Ma nel 2016 il Tribunale Ue confermò l’impossibilità di recuperare quanto dovuto.

    La Montessori e il titolare di un bed and breakfast di San Cesareo si opposero e nel novembre 2018 ottennero ragione dalla Corte di giustizia europea, che impose all’Italia di recuperare le somme non raccolte tra 2006 e 2011. Sottolineando che per sostenere che i soldi erano persi e irrecuperabili non era sufficiente, come aveva fatto l’Italia, “comunicare alla Commissione difficoltà interne, di natura giuridica, politica o pratica e imputabili alle azioni o alle omissioni delle autorità nazionali, senza intraprendere alcuna vera iniziativa presso le imprese interessate al fine di recuperare l’aiuto e senza proporre alla Commissione modalità alternative di esecuzione”. Nel mezzo si era pronunciata anche la Cassazione italiana, confermando che il Comune di Livorno poteva batter cassa dalle scuole paritarie. Ma soprattutto aveva detto la sua senza giri di parole Papa Francesco: “Un collegio religioso, essendo religioso, è esente dalle tasse, ma se lavora come albergo è giusto che paghi le imposte. In caso contrario, il business non è pulito“.

    La cifra? Da un miliardo e mezzo a 11 miliardi – Insomma: per la giustizia europea Roma deve chiedere indietro le imposte non pagate dalla Chiesa tra 2006 e 2011. Ma a quanto ammonta il dovuto? Mistero. In questi giorni è tornata a circolare la stima, attribuita all’Anci, di “4-5 miliardi di euro”: circa 800 milioni l’anno nei sei anni in questione. L’Anci però nega di aver diffuso quella cifra, citata anche nel ddl del 2019 con cui il Movimento 5 Stelle proponeva un giro di vite sul pagamento delle imposte immobiliari da parte della Chiesa. L’archivio storico dell’Ansa viene in soccorso, ma non chiarisce il quantum: a quantificare la perdita di gettito in “600-700 milioni“, calcolando però anche le esenzioni per gli immobili delle associazioni no profit, è stato nel novembre 2005 l’allora vicepresidente Anci Fabio Sturani. Una nota ufficiale dell’Anci riduceva infatti a 300 milioni il dovuto per i soli immobili religiosi. L’assessore al bilancio del Comune di Roma, Marco Causi, temeva un ammanco di 24,5 milioni solo per la Capitale di cui 16 da enti religiosi e 8,5 dal non profit. Ma due anni dopo l’Ares (Agenzia per la ricerca economico sociale) alzava la posta, sostenendo che l’esenzione riguardava 45mila immobili – il 50% di quelli ecclesiastici – tra cui molti alberghi in zone strategiche di Roma. E valeva addirittura 2,2 miliardi. Da moltiplicare per 5 anni.


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    [Modificato da Amalia 52 25/06/2021 12:33]
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    Giandujotta.50
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    Moderatore
    00 25/06/2021 12:52


    a tre anni dalla sentenza della Corte di giustizia europea che impone all’Italia di recuperare le illecite esenzioni concesse tra 2006 e 2011 ancora non esiste un dato ufficiale su quanti siano i soldi in ballo. Una cifra che, secondo le diverse stime può variare da un minimo di un miliardo e mezzo fino alla somma monstre di 11 miliardi in 5 anni di tasse mai richieste dallo Stato italiano. Ecco la storia della lunga battaglia intorno al fisco sul mattone ecclesiastico.



    [SM=g1861202] no comment

    veramente le parole le avrei...ma tanto a che serve... [SM=g2431155]
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    Amalia 52
    Post: 32.341
    TdG
    00 25/06/2021 13:02
    Re:
    Giandujotta.50, 25.06.2021 12:52:



    a tre anni dalla sentenza della Corte di giustizia europea che impone all’Italia di recuperare le illecite esenzioni concesse tra 2006 e 2011 ancora non esiste un dato ufficiale su quanti siano i soldi in ballo. Una cifra che, secondo le diverse stime può variare da un minimo di un miliardo e mezzo fino alla somma monstre di 11 miliardi in 5 anni di tasse mai richieste dallo Stato italiano. Ecco la storia della lunga battaglia intorno al fisco sul mattone ecclesiastico.



    [SM=g1861202] no comment

    veramente le parole le avrei...ma tanto a che serve... [SM=g2431155]



    Comunque,appena lo stato avrà bisogno di soldi saprà già dove andare a prenderlo.La profezia di Rivelazione 17:16 si avvererà senza alcun dubbio.


    [Modificato da Amalia 52 25/06/2021 13:02]
  • Major-Tom
    00 25/06/2021 13:46
    Re: Re:
    Amalia 52, 25/06/2021 13:02:

    ...appena lo stato avrà bisogno di soldi...



    Direi tranquillamente che lo Stato italiano di soldi ne avrebbe già disperatamente bisogno, ci sono infrastrutture pubbliche fatiscenti, incomplete, di sanità e istruzione ne vogliamo parlare? solo per fare alcuni esempi
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    Giandujotta.50
    Post: 42.254
    Moderatore
    00 25/06/2021 16:05
    Se lo stato ha bisogno di soldi non va certo a prenderli alla chiesa, storico serbatoio di voti...
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    Amalia 52
    Post: 32.341
    TdG
    00 25/06/2021 16:28
    Re:
    Giandujotta.50, 25.06.2021 16:05:

    Se lo stato ha bisogno di soldi non va certo a prenderli alla chiesa, storico serbatoio di voti...



    Hai anche ragione! [SM=g27987]


    Quando lo Stato ha bisogno di soldi, non impartisce alla Banca centrale un'ordine di accreditare una somma sul conto della tesoreria. Lo Stato può ottenere i soldi solo in due modi. Uno è di tassare i cittadini, l'altro è di prendere un prestito. Quando la Banca centrale mette soldi in circolazione, lo fa sotto forma di prestito.




    Ma prima o poi anche la loro stessa fonte si seccherà,e allora l'unica fonte rimasta saranno le ricchezze delle molte religioni.E questo non solo in Italia,ma nel mondo intero.Ci sono pagode e templi che sono una miniera di oro puro.
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    Amalia 52
    Post: 32.341
    TdG
    00 25/06/2021 16:59
    Vaticano: in 2020 raccolta Obolo San Pietro a 44 mln, -18%

    Guerrero, 'probabile calo per pandemia anche in 2021'


    (ANSA) - CITTA DEL VATICANO, 25 GIU - "Tra il 2015 e il 2019 la raccolta" dell'Obolo di San Pietro "è diminuita del 23%.

    Oltre a questa diminuzione, nel 2020, il primo anno di Covid, le entrate dell'Obolo sono state inferiori del 18%.

    È probabile che la crisi legata alla pandemia si faccia sentire ancora quest'anno". Lo dice il Prefetto per l'Economia Juan Antonio Guerrero Alves, alla vigilia della raccolta di quest'anno.

    "Alcune donazioni ricevute hanno una precisa destinazione finale, altre sono offerte per il Santo Padre in generale. Nel 2019 la raccolta dell'Obolo è stata di 53,86 milioni di euro, così ripartiti: 43 milioni nel fondo generale dell'Obolo e 10,8 milioni con destinazioni particolari per situazioni di bisogno nella Chiesa e nel mondo. Nel 2020 la raccolta è stata di 44,1 milioni di euro così ripartiti: 30,3 milioni per l'Obolo generale e 13,8 milioni per destinazioni particolari", dice Guerrero attraverso i media vaticani. (ANSA).

    Saranno forse queste le destinazioni particolari? [SM=g27988]

    Obolo di San Pietro, coinvolte banche e fiduciarie ticinesi


    Più ombre che luci sulla gestione finanziaria di alcuni servizi del Vaticano.

    Lo scandalo è scoppiato poco più di un anno fa: le offerte dei fedeli per i bisognosi sono state utilizzate dai vertici finanziari della Segreteria di Stato vaticana per mettere a segno a Londra una «spericolata» operazione immobiliare.

    Questo contenuto è stato pubblicato il 05 dicembre 2020 - 21:49

    Da allora, gli investigatori stanno analizzando proprio alcuni flussi finanziari dei conti su cui transita appunto l'Obolo di San Pietro, l'insieme delle offerte di denaro fatte dai fedeli e inviate al Papa per essere redistribuite a sostegno della missione della Chiesa e delle opere di carità. Ma anche e soprattutto per il sostentamento dell'apparato vaticano.

    Vittima dello scandalo, anche il cardinale Becciu. Secondo il settimanale l'Espresso, c'era "un vero e proprio metodo che ha contraddistinto la Segreteria di Stato sotto la direzione del cardinale Angelo Becciu". Cosa che non è piaciuta a papa Francesco. Per questo il cardinale a metà settembre ha presentato le sue dimissioni.

    Fonte