Per Barnabino
“Ah... tu stai mentendo e lo sai. La giustiza sociale non ha bisogno di quel tono, il sarcasmo e il tentativo di sminuire costantemente l'interlocutore non fanno parte del registro della giustizia sociale ma di qualcosa di più profondo e che ti brucia. Il tono è più quello dei polemisti pagani che attribuivano ai cristiani ogni tipo di delitto.”
La tua interpretazione psicanalitica è destituita di ogni fondamento. Tu credi di poter leggere nella presunta irritazione di un interlocutore una sola eziologia, cioè che gli argomenti avrebbero colto nel segno e dunque ci sarebbe una reazione fatta di meri insulti e rabbia. Mai pensato che invece sia l’irritazione causata dal vedere il proprio campo profanato nei più svariati modi, in mille occasioni, e con le argomentazioni più speciose? L’irritazione che i TdG suscitano non dipende dalla profondità delle loro argomentazioni, ma dal fatto che esse sono così insensate che mancano di quel minimo di serietà indispensabile per una qualunque discussione. Sono così fuori dal mondo da spiazzare l’interlocutore, che non ha idea di dove far cominciare la risposta, perché si rende conto che al suo interlocutore mancano tutte le basi, tutti i preamboli, e che dunque per rispondere alle sue sparate dovrebbe su ogni cosa scrivere un trattato. L’irritazione che i TdG suscitano è la stessa che hanno i medici quando vedono i santoni operare pseudo-guarigioni imbrogliando la gente con cristalli e pendoli, e non dipende dall’abilità dei ciarlatani ma dal vedere la loro materia profanata. Credo di avere una calma olimpica, e non aver mai mostrato irritazione, semmai compiacimento, compiacimento nel rimettere al loro posto chi crede di poter discutere di argomenti antichistica senza alcuna preparazione, e che erge castelli di carte su singoli argomenti, come stai facendo tu, quando invece per tutte le posizioni che sostieni, e soprattutto per l’argomento principale da cui diramava la discussione sull’Ipogeo, cioè la crocifissione di Cristo, il mondo accademico è unanimemente contrario alla tua posizione. Non credo affatto che quella croce sia una ghirlanda, ma anche se lo fosse, sarebbe quello che in gergo sarebbe il goal della bandiera, cioè il goal che fa la squadra che viene battuta dieci e zero, giacché l’unica cosa certa e che nessun tuo giro di parole può smuovere è che ogni accademico di questo pianeta ritiene che Cristo sia morto in croce, che c’è un consensus generale e totale su questo tema, e che la WTS è in pieno delirio quando scrive che soltanto tre secoli dopo la morte di Gesù alcuni iniziarono a credere che Cristo morì su una croce.
“I TdG non hanno dubbi sul fatto che non si debba adorare o venerare alcuna immagine del crocifisso, il resto è lasciato alla libera ricerca, non esiste alcun "dogma" rispetto all'oggetto su cui morì Gesù, nessuno ti obbliga a credere che sia morto su un palo, e d'altronde la cosa è assolutamente insignificante da un punto di vista teologico e dottrinale.”
Se così fosse, mi si mostri qualche TdG dissidente. Alzi la mano chi crede che Cristo morì su una croce, e ovviamente non sia un disassociato o un prossimo a disassociarsi….
La WTS ha invece messo la mano sul fuoco su questo tema, scrivendo in Ragioniamo, testuali parole che “il peso dell’evidenza mostra” che Cristo morì su un palo, e non su una croce? Ma quale peso dell’evidenza? Non sono riusciti a partorire una sola argomentazione, se non le loro farneticazioni lessicologiche sul significato della parola stauros in greco koinè, che a loro avviso, come scrivono in Perspicacia, non indicherebbe affatto un croce, il che la dice tutta sull’abissale ignoranza di chi scrive questi articoli.
“Certo, e tu, guarda caso, ometti proprio quella più impotante, più aggiornate e antagonista alla tua... non ci sarà nessun obbligo, ma non farlo, in un lavoro specifico, è davvero disonesto e dilettantesco, dato che scrivere un lavoro di iconografia paleocristiana e ignorare il Bisconti mi pare davvero il colmo.”
Sei tu che ti sbagli. Io non stavo affatto scrivendo di iconografia paleocristiana, stavo scrivendo della croce di Cristo in una discussione su come Cristo è morto. Questa testimonianza della croce, riportata comunemente in ogni enciclopedia dalla Treccani all’Enciclopedia cattolica, era nella mia trattazione, al pari di quello che rappresenta nei lemmi di queste enciclopedie, una testimonianza tra le molte altre sia a livello letterario sia a livello epigrafico. Come già spiegato nell’altra discussione inoltre, questa tesi della ghirlanda non è affatto nuova o aggiornata. Come ripeto, e come riporto nell’indicazione bibliografica data nel pdf, questa idea della ghirlanda risale agli anni ’30, al Bendinelli, eppure un mucchio di enciclopedie successive, dall’Enciclopedia Cattolica alla Treccani d’Arte Antica, hanno riportato questa come croce, senza preoccuparsi di citare altre posizioni o interpretazioni. Queste enciclopedie fanno la stessa cosa che tu imputi a me come erronea, cioè nel presentare una moltitudine di argomenti, di diversa natura, letteraria ed artistica, non possono mettersi a discuterli tutti, e dunque semplicemente riportano l’interpretazione che a loro pare corretta.
“oi TdG citiamo lavori ottocenteschi e tu quelli del ventennio? Secondo te ottantanni di ricerca e nuove scoperte sarebbero passati invano?”
Non hai capito nulla della mia frase, non ho detto che la Treccani d’Arte Antica è degli anni trenta, ma che la tesi della ghirlanda risale agli anni trenta, e tuttavia opere di consultazione posteriori, come Testini o la Treccani d’Arte Antica, o la Treccani normale, o la prestigiosa Enciclopedia Cattolica, riportano tranquillamente questa croce come una croce. Rileggi la mia frase che hai quotato: “come la Treccani d’Arte Antica, che, pur essendo questa tesi risalente agli anni Trenta, non l’hanno nominata”
Inoltre, come già scritto, in un lavoro dove si presentano molte testimonianze, non è neppure plausibile mettersi a controllarle tutte. Come già spiegato avevo letto di questa croce nell’Ipogeo degli Aureli già molte volte e in molte fonti enciclopediche, dunque non era un dato strano, mai sentito, o da controllare, bensì quando comunemente accettato e letto. E, se anche avessi controllato, sarei molto più probabilmente finito su delle pubblicazioni che la danno come croce che su pubblicazioni che la danno come ghirlanda. Tu stesso sei finito per puro caso su quella citazione di Bisconti, e l’hai pure scritto, io ad esempio avrei potuto aprire a caso il manuale sulle catacombe dell’archeologo Carlo Pavia del 1999, dunque perfettamente aggiornato, e anche lì avrei trovato scritto che quella è una croce.
“Davvero? E chi le avrebbe di recente messe in luce? Il lavoro dilettantesco di Loconsole? Perché non provi a vedere quello che scrivono Bisconti o ancora meglio il Carletti sulla smania di vedere croci cristiane dappertutto.”
E’ molto semplice. L’ipotesi più antica è per l’appunto che la croce sia un simbolo esistente solo post-Costantiniano, e affermazioni del genere si trovano ancora in dei lavori poco attenti. Invece, contro questa tendenza, pian piano s’è rimarcato che delle croci, sebbene di numero inferiore ad altri simboli, ci sono, e dunque non è affatto corretto supporre che la croce sia stata inventata a livello iconografico come simbolo nell’epoca costantiniana, tesi che invece è una sorta di vox populi. Quello che dice il Bisconti, è per l’appunto che delle croci esistono. Il che, da capo, è già una confutazione delle tesi dei TdG sul fatto che questo simbolo sia arrivato solo tre secoli dopo la morte di Cristo. Non si vede infatti che senso abbia per te negare che questa croce degli Aureli sia davvero una croce. Non serve a negare che i cristiani credessero che Cristo fosse morto in croce, perché questo è certificato già dal II secolo grazie alla letteratura patristica, né serve a negare che il simbolo della croce esistesse, perché se anche non esistesse la croce figurativa degli Aureli, tuttavia esisterebbero delle croci incise nelle altre catacombe, quelle che Bisconti elenca per l’appunto. Citiamo il suo lemma: “In via preliminare, è necessario porre la questione sulla identità o sulla alterità dei due soggetti iconografici della croce e della crocifissione. Si tratta infatti di due elementi che comunemente sono intesi in rapporto evolutivo (dalla croce alla crocifissione), dall’allusione criptica alla dichiarazione esplicita del sacrificio di Cristo. In verità, i due soggetti, praticamente coincidenti sul piano della complessa riflessione patristica (CAVALCANTI-CASATELLI NOVELLI 1994, pp. 529-535), sul piano iconografico, pur
indubbiamente connessi, appartengono a due distinti ambiti semantici, rispettivamente simbolico e rappresentativo. Il simbolo, per sua natura veicolo di significati ad esso attribuiti piuttosto che significativo di per sé, assomma una maggiore potenzialità evocativa, in funzione dell’interpretazione dell’osservatore. Il simbolo della croce, in quanto tale,
include in sé anche il valore rappresentativo della crocifissione, ma la sua portata va oltre, conservando gli antichi significati e consentendone la rielaborazione in ambito cristiano. (…) Per avere i primi esempi certi è necessario giungere almeno alla prima metà del III secolo; nel noto graffito del museo degli Innocentiores sotto la memoria apostolorum (ICUR V, 12889, databile tra il 230 e il 258) tra le prime due lettere (I e X) dell’acrostico cristologico ΙΧΘΥΣ è inserita una crux immissa di dimensioni maggiori; al medesimo periodo, agli inizi del III secolo, sono da assegnare anche l’epigrafe di ῾Ρουφῖνα, rinvenuta nelle cripte di Lucina nel cimitero di Callisto a Roma (ICUR IV, 9499), quelle di Gaudentia (ICUR III, 7619) e di Valerianus (ICUR III, 6958), entrambe delle catacombe di Domitilla. Altri esempi pre-costantiniani di signum crucis sono stati rivenuti nel cimitero di Novaziano (ICUR VII, 20579), e di Pietro e Marcellino (ICUR VI, 16822) e di Priscilla (ICUR XI, 26022; 26070;26501, in associazione con il segno dell’ancora). Tre cruces quadratae sono dipinte in minio sulla tegola di chiusura di un loculo, sempre nel cimitero di Priscilla (ICUR, IX,26310c). In ambito figurativo (i.e. pittorico, non inciso N.d.R.) non sono finora note rappresentazioni precostantinane del simbolo della croce, dal momento che la cosiddetta croce nell’ipogeo degli Aureli di Viale Manzoni è stata giustamente interpretata come tratto finale di una ghirlanda.” (Bisconti, Temi di Iconografia paleocristiana, Roma, 2002, Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana)
Ora che hai messo il Bisconti sul piedistallo e lo hai divinizzato, dicendo che non ci si può sottrarre ad esso perché è il più aggiornato, impara la lezione di questo manuale, che ci dice due cose molto interessanti, che tu per anni, in passate discussioni, hai tentato di negare. 1)Le croci delle catacocombe, pur essendo anche altro rispetto alla crocifissione di Cristo, in quanto vogliono veicolare ulteriori significati, come la salvezza, tuttavia sono croci proprio perché riprese con quella forma in quanto legate alla crocifissione di Cristo. Bisconti lo precisa quando scrive che le croce e la crocifissione sono “sul piano iconografico,
indubbiamente connesse”, e che “la croce, in quanto tale,
include in sé anche il valore rappresentativo della crocifissione.” Questo serva come risposta ai tentativi deliranti che facevi qualche anno fa di declassare ogni croce catacombale che ti veniva presentata come un rifemento ai tau di Ezechiele o amenità simili. Bisconti dice proprio il contario, e cioè che certamente la croce, data la forma, vuole veicolare anche ulteriori significati rispetto alla crocifissione, come per l’appunto la simbologia del tau di Ezechiele che viene ripresa e cristianizzata, e tuttavia il simbolo cruciforme è ripreso proprio perché è connesso alla croce di Cristo. Dando questa lettura Bisconti non fa che rifarsi a quello che dicono i Padri, e cioè costoro dicono che i cristiani si sono interessati al tau di Ezechiele e l’hanno rivalutato come simbolo cristologico proprio perché, a causa della sua forma, vi vedevano un riferimento alla croce. I TdG invece pensano in un modo inverso e non attestato da nessuna fonte, cioè che i cristiani abbiano prima trovato il tau di Ezechiele, e poi si siano inventati la forma della croce per farla combaciare con la profezia del tau. Questo ordine di ragionamento, oltre a non essere confermato da nessuna fonte patristica, è proprio l’interpretazione che Bisconti esclude, dicendo che invece la croce è strettamente connessa e vuole racchiudere in sé la crocifissione, anche se si apre ad altri significati, cioè il kerygma. 2)Il brano di Bisconti ci insegna che le croci precostantiniane esistono eccome.
Ergo, da capo, viene davvero da chiedersi in che cosa consista questa tua insistenza nel negare che la croce degli Aureli sia una croce, e che cosa tu ci potresti mai guadagnare. La tua posizione come già detto quella di chi tenti di fare un goal della bandiera dopo essere stato sconfitto su tutti i fronti, e infatti ti sei dato a questa singola ossessione della ghirlanda smettendola di rispondere a tutte le altre argomentazioni che portavo sulla crocifissione, giacché su tema principale eri stato demolito punto per punto, cosa che era ovvia avvenisse del resto. Sarebbe mai stato possibile infatti che tutto il mondo accademico sbagliasse sul modo in cui morì Cristo mentre un TdG dilettante, che non sa neppure leggere e capire il greco, ne sapesse più di loro? L’esito della disputa sulla crocifissione era scontato, al che hai tentato una diversione, facendo credere al pubblico che esistesse una discussione su una croce nell’Ipogeo degli Aureli, e smettendo di rispondere a qualunque altro argomento. Tuttavia, se anche questa croce fosse una ghirlanda, cosa di cui dubito seriamente, le tesi di Barnabino o dei TdG non ne trarrebbero alcun beneficio, resterà infatti sia confermato che la croce è
un simbolo pre-costantiniano (grazie alle altre croci citate da Bisconti), sia che i primi cristiani credevano che Cristo morì in croce, cosa già confermata indipendentemente dall’iconografia tramite la letteratura.
“vedere quello che scrivono Bisconti o ancora meglio il Carletti”
Se parli dell’articolo dell’Osservatore Romano reperibile on-line, non dice nulla che possa piacerti. È vero che propone di scartare dal dossier di croci alcune poche sicure come quella di Ercolano, ma non dice nulla sugli Aureli, e in compenso come Bisconti elenca un mucchio di croci pre-costantiniane nelle catacombe di Roma, mandando in frantumi le tesi dei tdG. Soprattutto perché Carletti spiega chiaramente a cosa sia dovuto il ritardo della comparsa dell’iconografia della crocifissione: non alla tesi segreta che tu coltivi inconsciamente, e cioè che la croce sarebbe rara perché i primi cristiani non credevano che Cristo morì in croce (assurdità!), bensì come giustamente dice. “Il motivo di questo "ritardo" va ricercato nella istintiva ripulsa delle prime comunità ad accogliere tra i suoi segni identitari, quello che ancora nei primi tre secoli rappresentava il più infamante e ignominioso dei supplizi, riservato agli schiavi e agli stranieri, e non a caso definito da Cicerone e Tacito rispettivamente crudelissimum teterrimum supplicium (In Verrem, 2, 5, 165) e supplicium servile (Historiae, 2, 72). “
“Una ventina di croci tra le decine di migliaia di iscrizioni delle catacombe, e tutte del III secolo, mi pare indicativo della diffusione e portata di quel simbolo.”
Non è la prima volta che leggo questo riferimento alla 20 croci “tra migliaia di iscrizioni”, ma bisogna rendersi conto che il secondo membro del paragone e fuorviante. Infatti quando si legge che tra le migliaia di iscrizioni catalogate nell’ICUR solo poche sono le croci, occorre ricordarsi che stiamo parlando delle croci pre-costantiniane, mentre le migliaia di iscrizioni dell’ICUR vanno fino al VII secolo, ed è ovvio al loro interno, se prendiamo per riferimento tutto l’arco temporale che copre l’ICUR, ci sono centinaia di croci. La proporzione va dunque fatta solo con le iscrizioni pre-costantiniane, non con tutto l’ICUR. Inoltre, non dimentichiamo che quando si dice che ci sono una ventina di croci (Wilpert le elenca in un suo vitatissimo articolo del 1908) ci si riferisce solo alla croci propriamente dette, non alla croce dissimulata in altri simboli come l’ancora e l’ascia, perché così facendo i numeri salgono. La parziale scarsità delle croci si spiega col fatto che i cristiani, proprio perché la croce per loro veicolava anche l’idea del Crocifisso, si vergavano ad usare il simbolo della croce, ritenendo la crocifissione qualcosa si infamante e di servile. Da qui il parco uso delle croci, e la derisione dei pagani verso i cristiani accusati di essere cruces religiosi, adoratori della croce. Tertulliano e Minucio Felice infatti dovranno rispondere a quest’accusa, dimostrando così che effettivamente un uso della croce tra i cristiani c’era, e che esso era deriso dai pagani. Proprio a motivo di tale derisione si spiega la morigeratezza e la scarsità delle rappresentazioni, giacché tale simbolo, anziché avvicinare e procacciare nuovi convertiti presso i pagani, li scandalizzava, essendo l’immagine del servile supplicium. Motivo per cui si preferiscono altri simboli, come il pesce, o l’ancora, che ha anche la funzione di dissimulare la croce. Non sei d’accordo? Citiamo Dio, ops, volevo dire Bisconti: “Attraverso l’aggiunta di un asta orizzontale, specialmente se collocata all’incirca a metà dell’asta verticale, dove cioè non avrebbe alcun riscontro nella realtà, nascerebbe l’ancora-croce, simbolo della passione e morte in croce di Cristo, connessa ad un altro gruppo allegorico, quello del pesce, soprattutto il delfino, ad essa attorcigliato, che rappresenterebbe il crocifisso, frequente nelle arti minori”. (p. 106)
Ovviamente, come argomento ad hominem, qualsiasi tua citazione di altri studiosi contrari a queste tesi di Bisconti sulla croce in generale e sull’ancora-croce, verrebbe da me respinta con la stessa argomentazione in base alla quale tu, infantilmente, ti rifiuti di discutere la posizione di Bisconti sulla croce\ghirlanda e di prendere in considerazione le altre citazioni di segno opposto da me proposte, cioè con l’argomentazione che Bisconti è il maximus, il più aggiornato, il migliore. Se tu, in base all’assurda pretesa che Bisconti sarebbe il migliore ed il più aggiornato puoi pretendere di liquidare qualsiasi altra citazione di segno opposto io faccio sulla ghirlanda, per il medesimo motivo io liquiderò altre citazioni da te fatte interpretino in maniera riduttiva la croce in generale nelle catacombe o il tema dell’ancora-croce.
“Il Bisconti non ha difficoltà a riconoscerle che la croce poteva essere usata prima di Costantino, eppure non individua quella dell'ipogeo degli Aurelii come croce cristiana.”
Infatti non è a Bisconti che fa problema ammettere che la croce veniva usata prima di Costantino, e a te e ai TdG in generale che fa problema. Ho delle magnifiche discussioni di qualche anno fa tenute su Agape che posso resuscitare se osi negarlo, delle patetiche discussioni risalenti a quando ancora coltivavi la speranza che la posizione della WTS fosse seria, e nelle quali cercavi di etichettare ogni croce delle catacombe come non vere croci bensì riferimenti a fantomatici tau di Ezechiele, non riuscendo tra l’altro a spiegare con questo metodo le croci latine.
“Comunque il Bisconti che elenca 13 tra la prima metà del III secolo ed il IV secolo.”
Quando ho detto che ci sono una ventina di croci intendevo che ne sono state contate una ventina, non che Bisconti ne citi una ventina. Infatti non dice che sta per fare un elenco completo, cita solo le più importanti.
“tra la prima metà del III secolo ed il IV secolo”
Cita anche croci del II secolo con queste parole: “Due segni (X X) al termine di un’iscrizione palmirena datata al 136
sono comunemente interpretati come la più antica testimonianza del signum crucis in ambito cristiano (DACL III, 2, 1948, cc. 3045-3031): ma non è del tutto sicura la pertinenza dell’epigrafe ad una committenza cristiana”. (p. 159)
Qui vediamo Bisconti che, da membro del mondo accademico addentrato nel dibattito sul tema scrive che comunemente, cioè secondo la maggioranza degli studiosi, le croci più antiche sarebbero del II secolo, cioè di questa iscrizione di Palmira, tuttavia la cosa non ha convinto tutti. Infatti, quando arriva alle iscrizioni catacombali romane del III secolo, non dice che sono “i primi esempi” ma “i primi esempi
certi di signum crucis”. Bene, dal Dio di Barnabino, cioè Bisconti, abbiamo appreso un’altra nota interessante, e cioè che la comunità scientifica generalmente ritiene che la croce come simbolo abbia la sua prima attestazione iconografica a Palmira nel II secolo. Dico rappresentazione iconografica perché che la croce sia un simbolo del cristianesimo a livello di letteratura è confermato a livello indipendente dalla storia dell’arte dalla storia della letteratura patristica, dove vediamo già nel II secolo Giustino, Ireneo, Tertulliano Cipriano, gli Oracoli Sibillini e compagnia cantante discorrere della croce come simbolo. Di nuovo ribadisco dunque il tentativo di Barnaba di negare che quella croce nell’Ipogeo degli Aureli sia una croce non serve ad un emerito nulla e non smuove in nulla il quadro già tracciato dalla patristica a proposito del fatto che i cristiani nel II secolo erano già persuasi che Cristo morì in croce, loro che con gli antichi romani ci vivevano, che le crocifissioni le vedevano, e che i Vangeli li leggevano nella loro lingua madre, il greco. Ma evidentemente Barnaba e la WTS pretendono di saperne più di costoro e di insegnare a dei greci e a dei romani antichi come le crocifissioni avvenivano. Come si possa arrivare a simili livelli di presunzione non mi è dato sapere. Spero che sia chiaro, anche dall’ultima citazione su Palmira tratta dal Bisconti, a quali inconvenienti vada incontro Barnaba se cerca di divinizzare ed assolutizzare una fonte per metterla al riparo dalla mie critiche sulla croce nell’Ipogeo degli Aureli. Rischia, assolutizzando l’autorità di una fonte, di vincere una battaglia al costo di perdere una guerra, a causa di tutto il reso delle cose che questa fonte sostiene. Qualsiasi ulteriore citazione di parere contrario, come quelle di chi sostiene che le croci di Palmira siano tutte baaliste, sarà da me liquidata con un “ma Bisconti dice che la comunità scientifica generalmente pensa in modo contrario”. A questo modo di discutere infantile e privo di contenuto porta il modus operandi che Barnabino ha adottato nel discutere sulla croce degli Aureli.
“Quello che conta è che è una balla che della croce degli Aurelii "non è plausibile dire che non sia cristiano".
Notate la strategia argomentativa del tutto perdente. Questa risposta quota la mia frase “Quel che conta è che (le croci pre-costantiniane) ci sono, e che smentiscono la tesi della WTS”. Barnaba non potendo negare la mia frase, risponde con una battuta, quasi ammettendo surrettiziamente che la WTS ha sì sbagliato a dire che la croce è un simbolo risalente a tre secoli dopo la morte di Cristo, tuttavia, afferma, anch’io avrei detto una cosa inesatta, avrei cioè detto una castroneria dicendo che non è plausibile che quell’Ipogeo non sia cristiano. SU cosa voglia dire “non plausibile”, e sul perché la mia affermazione sia del tutto corretta, ho già risposto nella discussione clone dedicata al palo, motivo per cui mi sia lecito rimandare qui quello che ho già scritto là. Si vada al paragrafo che inizia con “Ma io infatti ribadisco che non è plausibile che non sia cristiano”, e si legga la risposta a quel quote, si salti poi il quote successivo, e si legga la risposta al terzo quote, cioè il paragrafo che inizia con “E che cosa c’entra con la frase che stavi…”.
Se invece si è già letta quella risposta prima di questa nella discussione sul festone, vengano ignorate queste mie indicazioni.
“Appunto, il problema dell'ipogeo degli Aurelii è definire l'ambiente cristiano.”
Ci si basa sul sommo Bisconti per questo, gli altri sono out… Non lo sapevi? Inchinati al sommo e azzittisciti, come osi avere pareri diversi dall’eccelso?
“E chi ha mai detto il contrario? Il problema dell'ipogeo degli Aurelii è capire se è pagano, gnostico, sincretico. Una cosa è certa, anche i difensori della tesi "cristiana" ammettono che doveva trattarsi di cristianesimo eterodosso. Già questo dovrebbe farti capire il problema dell'attribuzione, al di là della ghirlanda.”
Questa frase è scritta in modo ambiguo, fa pensare che chi sostiene che sia cristiano debba per forza pensare che sia non ortodosso. Non è così, il Bendinelli nella sua monumentale presentazione che fece per l’Accademia dei Lincei ad esempio scrive che è meno eterodosso di quanto s’era creduto. Il carattere eterodosso ed eretico viene tirato in ballo per spiegare alcune scena che sembrano dalla mitologia greca, ma questa necessità sparisce qualora come Bisconti si parla non di eterodossia ma si sincresi privata, cioè di gente perfettamente ortodossa che però è nostalgica del paganesimo e dunque immette a motivo estetico delle decorazioni per esaltare la cultura romana, che poi era la loro cultura. Sarebbe come se un filosofo cristiano, e tra parentesi è il mio progetto, si facesse incidere sulla lapida oltre alla croce un uccello, la nottola di Minerva, simbolo tanto grandioso quanto pagano della dedicazione alla filosofia. Questo non vuol dire che io adori Minerva, esattamente come che una persona vissuta nell’impero romano dipinga sulle pareti una scena che sembra tratta dall’Odissea, non significa che sia pagana, ma solo un’innamorata della cultura del suo popolo. Non sarà poi superfluo ricordare che ogni mito pagano è stato dai cristiani letto in chiave allegorica e dunque trova la sua potenziale collocazione anche in contesto cristiano, ad esempio Ulisse come metafora del ritorno ad Itaca attraverso i mari in tempesta, vista come la casa del Padre, la meta ultima, il paradiso (Kavafis laicizzerà questo tema cristiano nella sua poesia Itaca).
“Bene, allora fanne oggetto di discussione a livello accademico con l'autore. Io, francamente, dovendo basarmi solo su delle fotografia e non da esperto di iconografia cristiana mi limito ad osservare che il Bisconti è arrivato ad una conclusione che omettere (o ignorare, o sottovalutare) mi pare scorretto.”
Che modo ridicolo di discutere. Quando si inizia una discussione occorre esserne all’altezza e saper stare al discorso. Ma che modo assurdo è di dialogare? Inoltre, pare che tu abbia messo Bisconti su un piedistallo così alto che pubblicare qualcosa che lo contesti non servirebbe a nulla, anche perché sarebbe l’esatta riproposizione delle cose che sto dicendo qui, cioè l’inconclusività delle prove presentate da Himmelmann sulla cui intepretazione Bisconti si basa. Tuttavia questa tua richista è indice della mentalità da outsider che dicevo, cioè ragioni ancora come gli aristotelici padovani del seicento, trovi una citazione e ti arrocchi su quella, senza non solo voler sentire altre citazioni, ma soprattutto senza voler sentire altre contro argomentazioni. Punti i piedi su una citazione, e stop, il che renderebbe inutile ogni mia discussione coi TdG qualora citassi qualsiasi manuale accademico sui più svariati temi, dalla crocifissione di Cristo alla caduta di Gerusalemme nel 587, dove è noto che i TdG hanno posizioni che non sono sostenute da nessuno. Ma chissà perché in quei casi non ti inchini ai manuali, fosse anche il dizionario di antichità classiche di Oxford, e diventi uno zelante della carta stampata solo quando ti fa comodo. Tra l’altro come ripeto la tua argomentazione si regge sul nulla, perché presume che l’opinione di Bisconti valga più di quelle da me citate perché più recente, ma come ripeto questa non è una tesi nuova. Bisconti la riprende da una pubblicazione di 25 anni da dell’Himmelmann, e quest’ultimo da una posizione del Bendinelli degli anni Trenta. Non si tratta dunque di aggiornamento, e non c’è nessun motivo per doversi basare sul parere di Bisconti anziché su quello di Testini visto che l’intuizione che quella croce possa essere una ghirlanda è più antica di entrambi i manuali. Inoltre, in assenza di prove, ci si dovrebbe attenere a quello che si vede, cioè ad una croce, mentre la ghirlanda resta un’interpretazione. E visto che è una croce fino a prova contraria, questo spinge anche a considerare l’Ipogeo come cristiano. E non si risponda, come dei poveri dilettanti, che la croce è anche un simbolo pagano. Una croce del genere nel paganesimo non avrebbe alcun precedente, anche perché latina, e soprattutto per l’uso della croce che faceva il paganesimo romano, un uomo che indica una croce in cielo non significherebbe proprio nulla.
“Al momento devo registare che la tesi di Himmelmann è condivisa da altri archeologi che non fanno parte della Bible Belt né solo sfigati. Posso dedurne qualcosa dal fatto che ti non li abbia neppure citati? Perché mai archeologi del PIAC si metterebbero a sostenere una tesi senza alcun riscontro?”
Anche qui mostri di avere delle strane idee su che cosa voglia dire pubblicare, e sul genere di tesi che vengono pubblicate. Non si pubblicano solo dei pareri basati su dei teoremi matematici, si pubblicano delle tesi che lo studioso in questione vuole sostenere. Tu stai costruendo un uomo di paglia. Io non ho detto che questa tesi non ha alcun riscontro, ho detto al contrario che non ha argomentazioni stringenti dalla sua parte. Il fatto che Bisconti l’abbia pubblicata significa solo che ne è convinto, non significa che ogni cosa pubblicata da chicchessia sia incontrovertibile, altrimenti ne verrebbero delle conseguenze interessanti: 1)Tu dovresti accettare tutto quello che Bisconti dice, e non solo quello che afferma su questa ghirlanda. Potrei cioè risponderti, se tu mi dici che quest’ipogeo è pagano, con la stessa frase senza senso con cui mi hai risposto tu, cioè che Bisconti dice che è cristiano ed aggiungere “Perché mai archeologi del PIAC si metterebbero a sostenere una tesi senza alcun riscontro?”. Questo vale a dire che tu stesso riguardo a quest’Ipogeo, e alla funzione della croce nelle catacombe in generale, sostieni e hai sostenuto posizioni diverse da Bisconti, ergo se la tua risposta alle mie osservazioni è solamente un pedante e ripetitivo “Bisconti hoc dixit”, ti esponi ad una retorsio argumentii paurosa, facendo sì che io non voglia più discutere nella sua tesi sulla croce trincerandomi dietro la medesima argomentazione. 2)Se tutto quello che viene pubblicato nel mondo accademico fosse corretto, allora la verità sarebbe contraddittoria, perché vari studiosi sostengono cose spesso in contrasto. Vale a dire che occorre sapere mediare tra due estremi. Gli accademici non pubblicano come “senza alcun riscontro”, ma neppure pubblicano teoremi di geometria euclidea, per questo esiste il dibattito scientifico. 3)L’ultima conseguenza dell’argomentare come fai tu, cioè che se degli accademici pubblicano qualcosa, allora dei riscontri conclusivi ci debbano per forza essere, è che i TdG dovrebbero bruciare le loro Torre di Guardia, e tu dovresti smetterla di sostenere che Cristo morì su un palo, visto che non c’è nessun accademico di questo mondo che non sia una mummia a sostenerlo, solo i TdG.
“Certo, ed il Bisconti non se ne sarebbe accorto... a me sembrano molto simili, invece. Perché non posti una foto delle ghiralande in questione? Per quanto ricordo io al di là del colore anche la forma è simile”
Ritorna il problema del presumere che qualcuno non possa sbagliare e non gli si possa obiettare nulla. Se si guarda il festone simmetrico si nota che è ad una sola linea, e non si capisce da dove verrebbe la linea che nella presunta ghirlanda di sinistra costituisce il braccio verticale della croce. La foto puoi vederla tu stesso:
“Ma sono quelle più aggiornate”
No, l’ipogeo è sempre quello, i dati su cui lavorare sempre quelli, e l’ipotesi è la medesima di ottant’anni fa. Quello che cambia è solo la scelta di campo di questo o quello studioso, a seconda che voglia vedere l’Ipogeo come cristiano o meno, solo che i sostenitori della croce si rifanno a quello che vedono, quelli pro-ghirlanda devono interpretare.
“La trattazione era la croce precostantiniana, dato l'esiguo numero di esempi è disonesto citare un esempio facendolo passare come certo quando gli studi più recenti non sono in grado di dire con certezza se sia uan croce cristiana, non cristiana o solo una ghirlanda.”
Veramente la discussione non era affatto sulla croce pre-costantiniana, ma sulla crocifissione di Cristo, o per essere più precisi sulla tua assurda tesi che Celso e Luciano sarebbero stati dei testimoni pro-palo, cosa che ovviamente ho demolito in due minuti. Tra le varie testimonianze sulla crocifissione romana, c’era anche una trattazione sulla croce nell’iconografia cristiana, trattazione non creata ex novo, ma che riprendeva esempi noti che sono riportati nelle maggiori enciclopedie antichistiche, come la Treccani d’Arte Antica. Mi sono semplicemente limitato a riportare quello che avevo trovato, e letto più volte, in queste auree opere. Come già detto non è metodologicamente possibile mettersi a controllare ed approfondire, in una discussione che parla di altro, ogni testimonianza citata. Anche perché, come ripeto, che questa sia o meno una croce non smuove di una virgola lo scenario, cioè che il simbolo della croce nelle catacombe c’è, e che i cristiani ben prima di Costantino credevano che Cristo fosse morto in croce. Tutto questo tuo insistere su questo particolare irrilevante è per l’appunto un tentativo di depistaggio, un tentativo, per altro illogico, di fare un goal della bandiera dopo aver perso 10 a 0.
“non solo ti ho citato anche una recentissima tesi di laurea di Alison Poe ("The Frescoes of the Hypogaeum of the Aurelii in Rome") e poi Graydon F. Snyder, Paul Corby Finney, scettico anche il Dinker”
Di questi autori, di cui è lecito sapere tu non sappia nulla oltre il nome, non mi hai riportato le tesi, cioè non mi hai detto se le citi come sostenitori del fatto che l'Ipogeo sia pagano, o se li citi come sostenitori del fatto che quella croce sia una ghirlanda.
“Tu non hai parlato solo di un oggetto a forma di croce, che potrebbe essere qualunque cosa, ma chiaramente hai fatto intendere che si trattasse di una croce cristiana”
Questo perché essendo l’essenza del concetto di croce nella forma incrociata dei suoi membri, gli oggetti a forma di croce sono croci.
Ad maiora
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)