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Dio? No, grazie. (O forse sì)

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  • The Line
    00 29/05/2011 15:37

    “La creazione dell’universo non necessita di Dio”. Questi e altri titoli simili hanno introdotto articoli su ogni giornale e rivista che si è occupato dell’ultimo libro di Stephen Hawking: “Il Grande Disegno. Perché non serve Dio per spiegare l’universo” edito da Mondadori a marzo di quest’anno.
    E’ evidente come, dinanzi a scienziati del calibro di Hawking, molti si siano fermati al solo titolo dell’opera dando aprioristicamente per sensata e comprovata ogni affermazione di colui che è considerato l’erede di Isaac Newton.
    Non ho certo la statura accademica né intellettuale per confrontarmi con Hawking o con il suo co-autore, ma, nel mio piccolo, dal basso della mia ignoranza, vorrei modestamente far presente alcune perplessità nate dalla lettura di questo testo.

    Riassumendo quella che è l’ipotesi presentata dagli autori, l’origine dell’Universo sarebbe scientificamente spiegabile per mezzo delle stesse leggi che lo caratterizzano. La materia nasce dal nulla per mezzo di fluttuazioni quantistiche. Il principio antropico forte sarebbe giustificato dalla teoria del Multiverso. Secondo questa teoria, le dimensioni quantistiche dell’Universo primordiale lo avrebbero reso soggetto al principio di Feynman; in accordo a tale principio, l’Universo avrebbe “contemporaneamente” assunto ogni stato possibile, compreso quello che a noi risulta finemente regolato per il sostentamento della vita. Non si tratta quindi di un miracoloso intervento divino, ma solo di una “configurazione” fra le tante molteplici effettivamente assunte. Cioè quella in grado di sostenere la vita di persone abbastanza intelligenti da interrogarsi sulle ragioni del tutto.

    Secondo Hawking, quando il “credente” risponde “Dio” alla domanda “chi ha dato origine all’Universo?”, commette l’errore di spostare semplicemente la domanda di un “gradino”. L’uomo di Scienza porrebbe subito la successiva domanda: “Chi ha dato origine a Dio?”.

    Perplessità numero uno: il nulla teologico
    Un’attenta lettura di questo nuovo libro di Hawking, mi convince dell’idea che il nostro autore non sia pienamente consapevole della differenza fra il “nulla fisico” e il “nulla teologico”.
    Il “nulla”, in fisica, non esiste. Quando, impropriamente, si parla di “nulla fisico” si intende il “vuoto”. Ma il vuoto non può avere un livello energetico pari a zero altrimenti verrebbe meno il principio di indeterminazione di Heisenberg e quindi non avrebbero luogo nemmeno le fluttuazioni quantistiche all’origine dell’ipotesi Hawkingiana (mi si consenta l’aggettivizzazione). Il concetto di “creatio ex nihilo” insegnato dai testi biblici trasmette invece l’idea di un Dio che crea senza essere in alcun modo limitato da qualsivoglia realtà altra, sia essa materiale e/o energetica. Il “nulla teologico” appartiene al reame metafisico e non si capisce come, qualsiasi considerazione si formuli sul vuoto fisico, possa essa inficiare o invalidare un atto metafisico. Non voglio però dilungarmi su questioni teologiche. Preferisco rimanere sul “campo” battuto da Hawking ed evidenziare altre due perplessità che, dal mio modesto punto di vista, lasciano pensare ad errori di approccio alla problematica.

    Perplessità numero due: il limite di Planck
    A pag. 127, Hawking scrive: “l’inizio fu governato dalle leggi della scienza e non presuppone un atto di avvio da parte di una qualche divinità”. Quello che non è chiaro ad Hawking è il fatto che, per l’uomo di fede, Dio “abita” oltre il muro di Planck. Per dirla con le parole del Prof. Rondinara, “questo baluardo conoscitivo collocato alla 10-43 sec richiede per la descrizione dello stato dell’universo in quel momento… una teoria quantistica della gravità, che oggi non siamo in grado di costituire e che quindi non possediamo… Da qui l’insuperabilità conoscitiva del tempo di Planck secondo la razionalità scientifica”.

    E fintantoché la Scienza avrà un limite, per quanto indietro lo si possa spostare, Dio avrà sempre uno “spazio” a sé riservato.

    Perplessità numero tre: l’origine della vita
    Anche ammesso che l’Universo abbia avuto origine da fluttuazioni quantistiche, e che il principio di Feynman spieghi perché l’Universo sia così finemente calibrato nelle sue leggi da permettere la nostra esistenza, tutto ciò non spiegherebbe comunque il perché la vita abbia avuto origine.
    Il fatto che le leggi dell’Universo permettano l’esistenza di vita cosciente, non significa che tale presenza sia una conditio sine qua non. E’ noto infatti che il cosmo non pullula propriamente di esseri umani in ogni suo angolo. L’abiogenesi è a tutt’oggi indimostrata e rimane un “miracolo” scientificamente irriproducibile. Non si capisce proprio come le elucubrazioni di Hawking possano rendere “nullo” l’intervento di Dio nel nostro Universo o addirittura rendere nullo Dio stesso.

    Per concludere, se il “credente” commette l’errore di spostare solamente il problema da “chi ha dato origine all’Universo?” a “chi ha dato origine a Dio?”, certamente Hawking commette un uguale errore limitandosi solo a spostare il problema da “chi ha dato origine all’Universo?” a “chi ha dato origine alle Leggi che regolano l’Universo?”

    O dobbiamo credere che una legge compaia dal “nulla” senza la necessità di un Legislatore?
    Attendo con ansia il prossimo libro di Hawking sperando in una sua risposta a tale quesito.

    Un ultimo appunto: spero anche che il suo prossimo libro contenga un po’ più di informazioni inedite, visto che questo è “scopiazzato” per un buon 80% dalla sua precedente opera intitolata “Dal Big Bang ai Buchi Neri”.
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    (SimonLeBon)
    Post: 49.949
    Città: PINEROLO
    Età: 53
    TdG
    00 29/05/2011 21:16
    Re:
    The Line, 29.05.2011 15:37:



    ...
    Un ultimo appunto: spero anche che il suo prossimo libro contenga un po’ più di informazioni inedite, visto che questo è “scopiazzato” per un buon 80% dalla sua precedente opera intitolata “Dal Big Bang ai Buchi Neri”.



    UN peccato pero', quell'opera è vecchiotta...

    Simon
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    anto_netti
    Post: 7.010
    Città: ANCONA
    Età: 68
    TdG
    00 03/06/2011 09:43
    Ciao The Line

    Non posseggo ancora l’ultimo libro di Hawking. Mi piacerebbe leggerlo. Ma non so quando. Perché ho ancora una marea di libri da leggere. Non so se riuscirò a leggerli tutti. Ma il tempo è sempre tiranno.

    Sono contento comunque che hai parlato del “nulla” e del “vuoto”. Che impropriamente vengono definite la stessa cosa. Fin da quando mi sono iscritto a questo forum ho sempre cercato di affrontare questo tema. Forse è una mia fissa. Ma credo che sia la chiave di tutto.

    Anch’io nella mia ignoranza e come semplice lettore di divulgazione scientifica, non posso competere con le menti degli scienziati di grosso calibro, come Hawking. Ma penso che mi sia lecito di dare la mia interpretazione di quello che ho capito come credente dalle mie letture.

    Il “vuoto”, come inteso dai fisici, credo che sia la chiave di tutto. Possa insomma spiegare chiaramente che esiste un qualcosa. E questo qualcosa possa spiegare l’esistenza di Dio.
    Quindi questo qualcosa assomiglia all’impropriamente detto “nulla teologico”. Ma per me la parola “nulla”; significa nulla, niente, non esistenza. Dal nulla non può nascere nulla. Dal nulla non può essere creato nulla.

    Il “vuoto”, invece è un qualcosa. Perché può essere riempito. Voglio fare in tutta la mia ignoranza un esempio. Forse banale. Ma può rendere l’idea di cosa potrebbe essere il “vuoto”.

    Prendiamo una bottiglia vuota. Alla sua estremità vi è un tappo. La bottiglia è vuota, ma quel “vuoto” può essere riempito. Quel “vuoto” è quindi un qualcosa, perché occupa un determinato spazio e quello spazio può essere riempito. Se invece del “vuoto” esistesse il “nulla” al posto della bottiglia, non esisterebbe quel qualcosa che può essere riempito. Non esisterebbe nemmeno un punto infinitesimale di quella bottiglia. Potrei fare i salti, parlare a quel “vuoto”, fare una danza. Tutto con la speranza che quel “vuoto” si riempia da solo. Ma in questo modo non posso riempire quel “vuoto”.

    Ad un certo punto, però voglio intervenire con la mia volontà. Levo il tappo della bottiglia. Prendo un imbuto e verso dentro la bottiglia, dell’acqua. A quel punto possiamo dire che c’è stato un intervento cosciente e intelligente fatto da qualcuno.

    La stessa cosa possiamo dire con l’atto creativo fatto da Dio. Se il “nulla” non esiste, ma esiste il “vuoto” che può essere riempito, Dio ha riempito quel “vuoto” già preesistente. Il suo intervento può essere paragonato al mio intervento quando ho riempito la bottiglia con l’acqua. Mentre il caso, può essere paragonato a quando facevo i salti, parlavo e facevo la danza con l’intenzione di riempire la bottiglia. Tutto questo per dimostrare che sia il “nulla” che il “caso” non possono generare nulla.

    Ciao
    anto_netti
  • L' Apostolo
    00 07/06/2011 19:52

    La stessa cosa possiamo dire con l’atto creativo fatto da Dio. Se il “nulla” non esiste, ma esiste il “vuoto” che può essere riempito, Dio ha riempito quel “vuoto” già preesistente



    Per l'amor di Dio, forse intervengo impropriamente, non so nulla di fisica, ma di una cosa sono certo che Dio non ha riempito nessun "vuoto preesistente", Dio ha creato tutto anche quel vuoto.
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    anto_netti
    Post: 7.010
    Città: ANCONA
    Età: 68
    TdG
    00 08/06/2011 09:38
    Re:
    L' Apostolo, 07/06/2011 19.52:


    La stessa cosa possiamo dire con l’atto creativo fatto da Dio. Se il “nulla” non esiste, ma esiste il “vuoto” che può essere riempito, Dio ha riempito quel “vuoto” già preesistente



    Per l'amor di Dio, forse intervengo impropriamente, non so nulla di fisica, ma di una cosa sono certo che Dio non ha riempito nessun "vuoto preesistente", Dio ha creato tutto anche quel vuoto.




    Si! Ma esistono un gran numero di tipi di vuoti. Per fare un esempio il vuoto dell'interazione elettromagnetica, dell'interazione forte, dell'interazione debole e il vuoto quantistico. Come esistono un gran numero di livelli di infinito. Ma esiste anche l'infinito assoluto che dovrebbe corrispondere al vuoto per eccellenza, forse il vuoto quantistico. Che credo che esista proprio anche come dimora di Dio, che faccia parte proprio della sua essenza. Tutti gli altri vuoti sono stati creati per contenere cieli spirituali e cieli fisici. Ma il vuoto per eccellenza no. Dio doveva pur dimorare in qualche luogo prima. Luogo, sede di questo vuoto per eccellenza e dell'infinito.

    Ciao
    anto_netti
    [Modificato da anto_netti 08/06/2011 09:41]
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    anto_netti
    Post: 7.010
    Città: ANCONA
    Età: 68
    TdG
    00 20/06/2011 11:24
    Un buco nel vuoto

    Esistono vari tipi di vuoto. I vuoti spinti nelle confezioni per conservare i cibi, dove viene tolta tutta l'aria.

    Gran parte dell'atomo è fatto di vuoto. Un nucleo fatto di protoni e neutroni. E ad una notevole distanza, elettroni periferici che girano intorno a questo nucleo. Tra il nucleo e gli elettroni vi è una grande porzione di spazio vuoto. Ma anche nel nucleo tra una particella e l'altra vi è spazio vuoto.

    Togliendo tutta l'aria e le particelle dal vuoto, non si riescono ad eliminare le radiazioni. Infatti, per ogni interazione o forza della natura, vi è un particolare tipo di vuoto. Per fare un esempio il campo elettromagnetico sarà quel vuoto che permette la propagazione delle onde elettromagnetiche.

    Riuscendo ad eliminare anche le radiazioni, otteniamo il vuoto per eccellenza: "il vuoto quantistico". Esso è lo stato massimo di entropia e lo stato minimo di energia. Ma per via di fluttuazioni quantistiche esso può generare un oceano di energia. Da esso vengono continuamente create particelle e antiparticelle che si annichilano. Vengono insomma create continuamente particelle che poi si distruggono. Ma qualcosa sopravvive da queste fluttuazioni quantistiche ed è così in grado di creare universi. Questa più o meno è l'attuale descrizione di cosa sia il vuoto quantistico.

    Se rivolgiamo lo sguardo verso lo spazio infinito, vediamo che lo spazio interplanetario è fatto di vuoto. Lo spazio interstellare è fatto di un vuoto più spinto. Lo spazio intergalattico è fatto di un vuoto più spinto ancora. Eppure in questi vuoti esistono dei buchi. Come possono esistere dei buchi in ciò che già è vuoto? Eppure esistono. Sono i buchi neri. In essi scompare ogni cosa che fa parte dell'universo fisico. In essi scompare la materia e persino la luce. Sicuramente riconducono l'universo in quel vuoto per eccellenza. Lo stesso vuoto da dove l'universo ha avuto origine.

    Questo è il vuoto per eccellenza, che possiamo chiamare: vuoto primordiale, vuoto cosmico (forse un po' improprio perché abbiamo visto che ci sono vari tipi di vuoti cosmici contenenti piccolissime quantità o di materia o di radiazioni), vuoto cosmico primordiale o vuoto quantistico.

    Ciao
    anto_netti
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    anto_netti
    Post: 7.010
    Città: ANCONA
    Età: 68
    TdG
    00 21/06/2011 15:07
    Il vuoto e il nulla sono la stessa cosa?

    Questa è una domanda che spesso si può incontrare parlando di questo argomento, ma si può sicuramente dire: No. Non sono la stessa cosa.

    Il vuoto per eccellenza, cioè il vuoto quantistico assomiglia al nulla, ma non è il nulla, bensì è un qualcosa.

    Ci sono tre libri che per chi volesse sbizzarrirsi nel leggerli ci parlano del concetto del vuoto e del nulla e della sua storia.

    La presentazione dei libri è presa da

    www.ibs.it

    e dalla rivista “Le Scienze”.

    Da zero a infinito. La grande storia del nulla.
    Autore Barrow John. Edizioni Mondadori (collana Oscar Saggi)
    Anno di pubblicazione 2005

    Presentazione del libro

    Dallo zero all'infinito, dal vuoto nella scienza dei quanti ai buchi neri e all'ipotesi della "creazione dal nulla". È il "niente" il soggetto del saggio di John Barrow. Con un approccio accessibile, che abbraccia cosmologia e religione, letteratura e matematica, fisica e scienza della relatività, Barrow dipinge un "affresco del nulla", su cui paradossalmente c'è ancora molto da comprendere e scrivere.

    Qualcosa anziché il nulla. La rivoluzione del pensiero cosmologico.
    Autore Novello Mario. Edizioni Einaudi (collana Saggi)
    Anno di pubblicazione 2011

    Presentazione del libro

    Alla sua nascita la scienza si impose volontariamente dei limiti ben chiari. Galileo e i pionieri dell'indagine scientifica decisero di prendere in considerazione solo i fenomeni direttamente quantificabili, quelli per cui era possibile mettere in opera un'analisi formale ed empirica controllabile. La fisica classica si occupava quindi di quel che "c'era" e sospendeva il giudizio su ciò di cui non poteva parlare, a partire dal vuoto, concepito come l'assenza di materia, il nulla, il non essere. Soltanto nel Novecento, con la meccanica quantistica, il vuoto diventa un "oggetto" fisico con proprietà specifiche e controintuitive, un oceano in continua ebollizione pullulante di particelle virtuali, la trama attiva del mondo. Coniugando queste idee a quelle della relatività generale, la cosmologia ha infine preso su di sé un compito assai più vasto rispetto a quello iniziale di indagare l'infinitamente lontano, nello spazio e nel tempo. Nel suo affascinante percorso la ricerca cosmologica è giunta non soltanto a ripensare i fondamenti della fisica, ma anche a invadere il campo della speculazione filosofica, proponendo strade differenti da quelle tradizionalmente battute. Al punto che la domanda centrale della metafisica, che dà il titolo a questo libro - "Perché esiste qualcosa anziché il nulla?" - è divenuta anche la domanda centrale della cosmologia contemporanea.

    “Nulla”
    Autore: Frank Close
    Editore: Codice Edizioni.

    Presentazione del libro

    Frank Close, fisico della Oxford University, gioca abilmente con uno dei concetti più enigmatici della storia del pensiero scientifico: il nulla. A partire dalle prime teorie dei filosofi greci, culminate nell'aristotelico 'horror vacui', il lettore viene accompagnato attraverso gli esperimenti condotti nel Seicento da Torricelli, Galilei e Pascal, per arrivare alla rivoluzionaria teoria della relatività di Einstein e al fascino delle ultime frontiere della ricerca scientifica, dove i confini tra fisica e filosofia si fanno sempre più sfumati. Oggi l'infinitamente grande (la cosmologia, la teoria del Big Bang) e l'infinitamente piccolo (la meccanica quantistica e lo studio delle particelle subatomiche) ci parlano del nulla come di uno spazio pieno di segreti ancora da esplorare.

    Presentazione della rivista Le scienze di Maggio 2011

    La millenaria attrazione del vuoto

    Si dice, e chiunque di noi può verificarlo, che nella mente umana non si strutturi una memoria a lungo termine prima dei 3-4 anni, a meno di non aver sperimentato singoli eventi traumatici o particolarmente significativi. Andando a ritroso e giungendo a questa soglia i ricordi sembrano perdersi a poco a poco nel nulla. Volgendo lo sguardo in avanti, al termine dell'esistenza umana, l'inquietudine che deriva dallo smarrimento della coscienza è ancora più drammatica, e lo stesso vale se si considera l'umanità intera e, al limite, tutta la realtà che abbiamo davanti: la percezione di come tutto l'essere sia in bilico sul nulla è stata la principale fonte della religiosità e della riflessione filosofica in molte culture.

    La questione pare non meno impellente dal punto di vista prettamente fisico: esiste il vuoto, il nulla fisico? Per chiarirla sono occorsi, a conti fatti, 2500 anni: dai pensatori greci, che formularono il problema e ne diedero soluzioni diverse, passando per Galileo, che lo definì in termini sperimentali, fino alle attuali teorie della fisica delle particelle, come racconta in questo originale saggio Frank Close, seguendo il concetto del nulla come un filo rosso che percorre la storia della scienza fin dai suoi albori.

    Il primo passo significativo - distinguere l'aria dal vuoto - fu fatto da Empedocle, che riuscì a dimostrare come l'aria sia a tutti gli effetti una sostanza che occupa uno spazio ben definito. Eppure il problema del vuoto non sembra risolto ma solo spostato altrove, al punto che il pensatore elabora il concetto di etere, una sostanza più leggera dell'aria in grado di occupare tutti gli interstizi tra porzioni di materia.

    Il nulla dunque non esiste? Per Aristotele la questione è presto risolta, con una delle formule più fortunate nella storia del pensiero occidentale, quella dell'horror vacui: la natura rifugge così potentemente e ostinatamente il vuoto che la materia riempie lo spazio ogni volta che un evento sembra dover creare il nulla. Bisogna attendere Galileo e il metodo sperimentale per capire che l'aria ha anche un peso, stimato in un quattrocentesimo di quello dell'acqua.

    La pietra miliare sulla strada per arrivare alla soluzione arriva però dall'allievo Torricelli, che con il suo tubo di vetro riempito di mercurio dimostra che il vuoto non solo esiste, ma si può anche creare in modo agevole.

    Nel XVII secolo il vuoto comincia a essere un concetto familiare, al punto che vengono organizzate dimostrazioni pubbliche delle sue proprietà. La pressione atmosferica è un chilogrammo per centimetro quadrato, ovvero dieci tonnellate per metro quadrato.

    Lo spettacolo viene allestito nel 1654 da Otto von Guericke, borgomastro di Magdeburgo e uno dei primi divulgatori scientifici della storia, con due semisfere cave di un metro di diametro, fatte combaciare e collegate a una pompa a vuoto. Due tiri di otto cavalli ciascuno non riuscirono a separarli, con grande sorpresa del pubblico presente. Ancora un secolo e Blaise Pascal osserva che la colonna di mercurio è alta 76 centimetri solo al livello del mare, mentre scende se la si misura in quota: è la dimostrazione che l'horror vacui non ha motivo di essere evocato perché tutto dipende dalla pressione dell'aria.

    Per la scienza moderna il nulla è una realtà familiare: i vuoti prevalgono sui pieni. Lo esprime bene Philipp Lenard nei primi decenni del Novecento: «Se, partendo dal centro dell'atomo, arrivassimo fino alla fine del protone, saremmo solo a un decimillesimo del nostro viaggio verso l'elettrone». Ma il vuoto è veramente vuoto? Ancora all'inizio del Novecento, quasi chiunque è pronto a scommettere sull'esistenza dell'etere, il «mezzo luminifero» che consente la propagazione delle onde elettromagnetiche, almeno fino a quando Einstein non rende questa ipotesi del tutto superflua con la relatività speciale. Sgombrato il campo da un concetto ormai superato, ecco che rispunta il vecchio horror vacui con Dirac, che apre la strada alla concezione di un vuoto come un mare in perpetuo bollore di particelle e di fluttuazioni quantistiche; e la faccenda non fa che complicarsi con la fisica degli acceleratori di particelle o con la cosmologia del big bang.

    Venticinque secoli di riflessione filosofica e scientifica e la domanda è ancora la stessa: il nulla è veramente nulla?

    di Folco Claudi


    Ciao
    anto_netti
    [Modificato da anto_netti 21/06/2011 15:09]
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    YuriRadaelli
    Post: 39
    Età: 53
    00 27/12/2011 18:14
    un approccio diverso
    "fintantoché la Scienza avrà un limite, per quanto indietro lo si possa spostare, Dio avrà sempre uno “spazio” a sé riservato."

    Non mi permetto di entrare nel merito, quando si inizia a parlare di stringhe non vado al di là del doppio nodo.

    Mi sembra però che ci si stia perdendo... nel nulla ;-)

    Hawking spiega il nostro universo con una fluttuazione. Da dove viene codesta fluttuazione?
    I credenti monoteisti ritengono che tutti gli eventuali universi siano creati da un'entità che non ha causa.
    Come fa a esistere un'entità senza una causa?
    Se esiste fa parte della realtà. E perché esiste la realtà piuttosto che, come si chiede Heidegger, il nulla (metafisico)?

    Perché pretendiamo che non solo l'univerco, ma tutti gli universi, Dio e l'intera realtà fisica debbano sottomettersi alla nostra necessità di spiegare i fenomeni con una causa?

    A me sembra assolutamente evidente che la nostra logica è costruita sulla base dell'esperienza dei fenomeni terrestri, e non appena si va nelle particelle o nelle galassie i modelli matematici cominciano a contrastare con con la nostra logica.
    Come fa il tempo a essere distorto dallo spazio e avere una velocità differente? Come fa lo spazio a curvarsi? Come possono esistere più di tre dimensioni?

    Dall'evidente inadeguatezza della nostra logica rispetto all'universo e sopratutto a ciò che ci sta fuori, prima o che lo causa, mi sembra che dovremmo arrenderci una volta per tutte che potrebbe benissimo darsi che esista Dio, cioé un'entità che non ha bisogno di una causa.
    O, ugualmente possibile e ugualmente inconcepibile, che la realtà di cui fa parte il nostro universo esiste e basta.
    Proprio come Dio...

    Quindi per Dio ci sarà sempre "uno spazio a sé riservato".
    Tutto sta a capire se questo spazio sia l'immaginazione dei credenti.


    p.s.
    a fronte di questa insopportabile somiglianza tra Dio come causa incausata e l'idea di una realtà fisica, verso il 1200, mi pare, Anselmo aveva architettato un argomento squisitamente metafisico che pretendeva di 'scagionare' Dio -ma solo Dio- dalla necessità di una causa sulla base del fatto che Dio è perfetto. Come ci riesca, non lo so, ma una cosa è certa: la natura di Dio sfugge alla nostra logica da qualunque parte la si ponga o difenda, perciò rimane che spiegare l'origine della realtà con Dio significa risolvere un paradosso con un paradosso.




    [Modificato da YuriRadaelli 27/12/2011 18:18]
    Una cosa mi rincuora: conoscere altre creature che come me si interrogano su... -> il senso della vita.
  • Federico.Lerice
    00 28/12/2011 13:41
    Neque enim quaero intelligere ut credam, sed credo ut intelligam.
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    anto_netti
    Post: 7.010
    Città: ANCONA
    Età: 68
    TdG
    00 29/12/2011 09:29
    Re: un approccio diverso
    YuriRadaelli, 27/12/2011 18.14:

    "fintantoché la Scienza avrà un limite, per quanto indietro lo si possa spostare, Dio avrà sempre uno “spazio” a sé riservato."

    Non mi permetto di entrare nel merito, quando si inizia a parlare di stringhe non vado al di là del doppio nodo.

    Mi sembra però che ci si stia perdendo... nel nulla ;-)

    Hawking spiega il nostro universo con una fluttuazione. Da dove viene codesta fluttuazione?
    I credenti monoteisti ritengono che tutti gli eventuali universi siano creati da un'entità che non ha causa.
    Come fa a esistere un'entità senza una causa?
    Se esiste fa parte della realtà. E perché esiste la realtà piuttosto che, come si chiede Heidegger, il nulla (metafisico)?

    Perché pretendiamo che non solo l'univerco, ma tutti gli universi, Dio e l'intera realtà fisica debbano sottomettersi alla nostra necessità di spiegare i fenomeni con una causa?

    A me sembra assolutamente evidente che la nostra logica è costruita sulla base dell'esperienza dei fenomeni terrestri, e non appena si va nelle particelle o nelle galassie i modelli matematici cominciano a contrastare con con la nostra logica.
    Come fa il tempo a essere distorto dallo spazio e avere una velocità differente? Come fa lo spazio a curvarsi? Come possono esistere più di tre dimensioni?

    Dall'evidente inadeguatezza della nostra logica rispetto all'universo e sopratutto a ciò che ci sta fuori, prima o che lo causa, mi sembra che dovremmo arrenderci una volta per tutte che potrebbe benissimo darsi che esista Dio, cioé un'entità che non ha bisogno di una causa.
    O, ugualmente possibile e ugualmente inconcepibile, che la realtà di cui fa parte il nostro universo esiste e basta.
    Proprio come Dio...

    Quindi per Dio ci sarà sempre "uno spazio a sé riservato".
    Tutto sta a capire se questo spazio sia l'immaginazione dei credenti.


    p.s.
    a fronte di questa insopportabile somiglianza tra Dio come causa incausata e l'idea di una realtà fisica, verso il 1200, mi pare, Anselmo aveva architettato un argomento squisitamente metafisico che pretendeva di 'scagionare' Dio -ma solo Dio- dalla necessità di una causa sulla base del fatto che Dio è perfetto. Come ci riesca, non lo so, ma una cosa è certa: la natura di Dio sfugge alla nostra logica da qualunque parte la si ponga o difenda, perciò rimane che spiegare l'origine della realtà con Dio significa risolvere un paradosso con un paradosso.







    Sono perfettamente d'accordo con te. La scienza con il suo metodo sperimentale è convinta che con questo metodo riesca a spiegare tutto. Ma non mi stancherò mai di dire, come ho già detto tante altre volte, che il metodo scientifico sperimentale può descrivere solo il nostro mondo fisico.

    Quando andiamo oltre il nostro mondo fisico non siamo più in grado di spiegare la realtà che ci circonda che sicuramente non è fatta solo del nostro mondo fisico. Ci imbattiamo in una serie di infiniti. Ci imbatiamo nella lunghezza di Planck e nel tempo di Planck. Ci imbattiamo nei buchi neri dove sembra finire inesorabilmente la materia dell'universo e perfino la luce. Ci imbattiamo in un punto infinitesimale da dove è venuto fuori l'universo con il Big Bang. Effettivamente è che la nostra visione dell'universio è legata a parametri del mondo fisico. Dovremmo acquisire un modo di vedere le cose con paradigmi diversi. Per paradigma, si intende un nuovo modo di vedere le cose. Un approccio nuovo.

    Senz'altro esistono altre realtà oltre il nostro mondo fisico. Che esistano altre realtà oltre il nostro mondo fisico lo possiamo sapere da alcuni indizi che scaturiscono dalla ricerca scientifica.

    Quali sono, facciamo alcuni esempi:

    1) La meccanica quantistica, ci fa capire che ogni evento è legato ad un'onda di probabilità di un'infinità di eventi possibili che coesistono nello stesso tempo. Diverse sovrapposizioni quantistiche che sembrano essere tutte reali secondo certi calcoli matematici. Ma soltanto uno di questi eventi possibili diventa reale con il collasso della funzione d'onda. Insomma la meccanica quantistica, sembra contemplare tutti gli infiniti eventi possibili.

    2) La matematica ha nel suo seno l'infinito. Anche qui ci troviamo di fronte ad una situazione che prevede tutti i possibili infiniti eventi. esistono vari livelli di infinito, che possono essere paragonati alle varie dimensioni geometriche (punti per realtà a una dimensione spaziale, linee per realtà a due dimensioni spaziali, traiettorie per realtà a tre dimensioni spaziali). E così via. Livelli che contemplano realtà a quattro dimensioni spaziali. Livelli che contemplano realtà a cinque dimensioni spaziali. Ecc. Ecc. Anche i vari livelli di infinito, sono infiniti. Ma esiste anche l'infinito assoluto, che secondo Antonino Zichichi è in stretto legame con Dio e non potrà mai essere raggiunto.

    3) La nostra mente percepisce l'infinito e l'eternità, pur vivendo noi in un mondo dove tutte le cose sono finite.

    4) Il fatto che l'universo sia venuto fuori da un punto infinitesimale e sembra ritornare in altrettanti punti infinitesimali, cioè i buchi neri.

    5) Il fatto che non si riesce a trovare il vuoto assoluto, ma esista come ultimo prodotto dei vari tipi di vuoto, il vuoto quantistico. Un vuoto che sembra molto somigliare a quel punto infinitesimale da cui è venuto fuori l'universo e ai buchi neri che risucchiano la materia e la luce in una singolarità. Cioè un punto infinitesimale. Con questo punto infinitesimale ci si imbatte nell'infinito.

    6) Con la lunghezza di Planck e il tempo di Planck, ci si imbatte nell'infinito.

    7) Contando i numeri e aggiungendo sempre +1, ci si imbatte nell'infinito.

    8) Alcuni giochi geometrici, che appartengono a quella branca della matematica chiamata "Topologia", mettono in evidenza la possibilità dell'esistenza di realtà a più dimensioni spaziali oltre le nostre tre conosciute (lunghezza, larghezza, altezza o profondità). Quindi realtà a quattro dimensioni spaziali. Cinque. Sei. Sette. Otto. E così via.

    Ciao
    anto_netti
    [Modificato da anto_netti 29/12/2011 09:34]
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    YuriRadaelli
    Post: 39
    Età: 53
    00 29/12/2011 13:05
    Re: Re: un approccio diverso
    anto_netti, 29/12/2011 09.29:



    Sono perfettamente d'accordo con te. La scienza con il suo metodo sperimentale è convinta che con questo metodo riesca a spiegare tutto. Ma non mi stancherò mai di dire, come ho già detto tante altre volte, che il metodo scientifico sperimentale può descrivere solo il nostro mondo fisico.

    Quando andiamo oltre il nostro mondo fisico non siamo più in grado di spiegare la realtà che ci circonda che sicuramente non è fatta solo del nostro mondo fisico. Ci imbattiamo in una serie di infiniti.

    Senz'altro esistono altre realtà oltre il nostro mondo fisico. Che esistano altre realtà oltre il nostro mondo fisico lo possiamo sapere da alcuni indizi che scaturiscono dalla ricerca scientifica.

    Ciao
    anto_netti



    Ciao Anto netti,

    Si, mi sembra che vediamo la consocenza scientifica allo stesso modo.
    Scopre solo un mondo fisico, non può verificare altro.
    Tutto sta a vedere se esiste questo 'altro' e di che natura sia.
    Ma sarebbe ben poca cosa scoprire che, ad esempio, le leggi dell'universo esistano come entità metafisiche, non credi? Per quanto riguarda il destino umano, questo non cambierebbe certamente nulla.

    Gli esempi che tu fai li chiami indizi, ma poi dici che senz'altro, sicuramente, esistono altre realtà oltre il mondo fisico.

    Proprio perché sono solo indizi, invece di dire CERTAMENTE io dico PUO' DARSI.

    Può darsi che l'infinito di Planck, non sia solo un modello approssimativo che ha delle capacità predittive, ma che corrisponda a qualche entità metafisica reale. Ma può benissimo darsi di no.
    Molti concetti scientifici, o matematici, fanno probabilmente solo parte della nostra fantasia.
    Ad esempio, la matematica usa quantità negative: non è detto che corrispondano a qualche entità reale.
    i numeri stessi, non è detto che 'esistano' come entità reali in una specie di iperuranio... Non sono fenomeni, sono interpretazioni astratte di fenomeni, concetti che usati in un certo modo ci permettono di spiegare dei fenomeni.
    Non è assolutamente detto che esistano nella realtà come dentro di noi, così come non è detto che da qualche parte esistano le scale paradossali di Escher.


    Una nota: non solo non è detto che ciò che concepiamo per sviluppare dei modelli scientific esista in quanto tale, ma nel caso dell'infinito, delle misure discrete quantiche, della curvatura dello spazio e in genere di tutti i concetti scientifici non newtoniani, non sono NEPPURE rappresentabili, ma concepibili solo come simboli paradossali. L'infinito, per restare al tuo esempio, non è concepibile se non come paradasso negativo: infatti, se tu tenti di immaginarlo prendendo un grosso numero e aggiungendogli un altro numero, puoi procedere quanto ti pare che NON arriverai mai all'infinito: continuerai a pensare a un numero preciso. L'infinito ce lo rappreentiamo come un numero così grande da fuggire alla nostra rappreentazione. Noi ragioniamo rappresentandoci limiti e misure, anche se siamo in grado di manipolare simboli astratti paradossali non rappresentabili. [SM=g1944981]

    Una cosa mi rincuora: conoscere altre creature che come me si interrogano su... -> il senso della vita.
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    anto_netti
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    00 29/12/2011 13:33
    Re: Re: Re: un approccio diverso
    YuriRadaelli, 29/12/2011 13.05:




    Proprio perché sono solo indizi, invece di dire CERTAMENTE io dico PUO' DARSI.





    Ciao Yuri

    Grazie per i tuoi ottimi commenti.

    Ok! Diciamo può darsi! Però sai, uso dire certamente, perché il credere in Dio mi dà qualche certezza in più.

    [SM=g7348]

    Ciao
    anto_netti
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    Wanderlust!
    Post: 1.323
    00 28/09/2020 18:28
    Se il nulla non esiste, perché diciamo che il fatto che "nulla viene dal nulla" é un argomento a favore dell'esistenza di Dio?
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    (SimonLeBon)
    Post: 49.949
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    Età: 53
    TdG
    00 29/09/2020 22:58
    Re:
    Wanderlust!, 9/28/2020 6:28 PM:

    Se il nulla non esiste, perché diciamo che il fatto che "nulla viene dal nulla" é un argomento a favore dell'esistenza di Dio?



    In questo modo torniamo indietro a Parmenide: "Il non essere non è, perchè se esistesse, sarebbe essere."
    E' uno dei filosofi pre-socratici piu' conosciuti.

    Simon
  • geremia60(2019)
    00 29/09/2020 23:47
    Re: Re:
    (SimonLeBon), 29/09/2020 22:58:



    In questo modo torniamo indietro a Parmenide: "Il non essere non è, perchè se esistesse, sarebbe essere."
    E' uno dei filosofi pre-socratici piu' conosciuti.

    Simon



    Il nulla ..piccola riflessione
    Quello che x così dire viene dal nulla sono le forme le strutture , le idee...ma le idee non nascono da sole, provengono sempre da qualcuno .
    Quando noi moriamo , il nostro corpo o meglio ciò che lo componeva non va nel nulla, sono solamente le strutture biologiche che si perdono, e che costituiscono le diverse forme che può assumere ciò che forma la materia, quindi la struttura altro non è che una variante della essenza originaria che opportunamente modificata è in grado di esprimere una funzione meccanica o cosciente , tutto si trasforma ma nulla si distrugge.

    Ora se tale essenza opportunamente modificata è in grado di esprimere una coscienza, allo stesso modo sempre tale struttura mutandola è in grado di esistere in un altra forma di vita cosciente non materiale. . non più appartenente a questa dimensione .

    NUlla di questo universo è la matrice originale,. ma è solo una sua manifestazione una sua variante non in grado di autogenerarsi da sola x arrivare a livelli di una certa complessità cosciente.

    Ciò esigendo che il suo estremo da cui proviene , viceversa lo sia in grado di autogenerare se stesso in chiave cosciente , essendo dunque immortale.

    Il nulla non siamo in grado di pensarlo perchè non è forma di alcun pensiero che possa descriverlo, perchè in questo caso sarebbe qualcosa .


    [Modificato da geremia60(2019) 29/09/2020 23:59]