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"[L'omosessualità] viene indubitabilmente annoverata in un catalogo di comportamenti giudicati riprovevoli. (...) L'omosessualità insieme a una serie di altri vizi (cfr [Romani] 1,29: «ogni sorta di malvagità») risulta conseguenza di un fatale scambio operato dall'uomo tra il Creatore e le sue creature. Alcuni autori hanno tentato di sminuire la portata radicale di questa condanna, ritenendo che Paolo pensi o a una depravazione in quanto connessa soltanto con l'idolatria, o all'omosessualità contraria alla natura propria di coloro che sono eterosessuali, oppure ancora pensando che l'espressione «contro natura» equivalga a «contro i comuni schemi delle convenzioni sociali» oppure infine che non si tratti di un vero peccato ma soltanto di uno degli aspetti meno gradevoli della società pagana. Interpretazioni del genere sono sostanzialmente artificiose, poiché perdono di vista il fatto che l'Apostolo sta argomentando in base a una prospettiva che non è di tipo culturale ma creaturale; infatti il tema di tutta la sezione epistolare 1,18-32 consiste nella successione e mutua integrazione di tre argomenti strettamente connessi: (1) l'effettiva possibilità di una conoscenza naturale di Dio da parte di tutti gli uomini (2) urta di fatto contro la perversione umana dell'idolatria che inverte tragicamente i ruoli della creatura e del Creatore, e (3) pertanto Dio consegna e quasi abbandona gli uomini a ogni sorta di malvagità che inevitabilmente ne conseguono." - R.Penna, Omosessualità e Nuovo Testamento, ne (L'Osservatore Romano, 12-3-1997). Romano Penna, biblista, Ordinario di Origini Cristiane nella Facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense.




"Qualunque cosa si possa dire sugli orientamenti e sulle disposizioni individuali, Paolo avrebbe solo potuto ritenere ogni comportamento erotico omosessuale come contrario al piano previsto dal Creatore per la vita umana. Così da dover essere abbandonato al momento della conversione". - D.F. Wright, in Dictionary on Paul and His Letters, a cura di G.F. Hawthorne e R.P. Martin, Inter-Varsity Press, Downers Grove-Leicester 1993, p. 414. David F. Wright, storico, docente di Storia Ecclesiastica dell'Università di Edimburgo.



Parlando del racconto di Genesi 19, un’opera di consultazione afferma:


“Sono i viaggiatori maschili ad essere oggetto della bramosia degli uomini, e non le donne. Prendono in considerazione l’omosessualità presente sia in Israele che nelle popolazioni limitrofe. Questa è percepita esclusivamente attraverso un comportamento puntuale e non come stato psicologico. Questi atti sono gravi, essendo qualificati come “infamia/pazzia”“ (Innocent Himbaza, Dipartimento di Studi Biblici dell’Università di Friburgo). [NOTA 20]


Quindi, pur ammettendo che da questo specifico brano (in quanto governato da un’atmosfera di violenza e inciviltà) non si può evincere una condanna diretta dei rapporti omosessuali praticati per mutuo consenso, la stessa opera aggiunge:


“I testi dell’Antico Testamento formulano già, implicitamente o esplicitamente, un giudizio morale negativo sugli atti omosessuali. Anche se i racconti del libro della Genesi o dei Giudici hanno come primo oggetto la questione dell’ospitalità, l’omosessualità è un fattore aggravante dei crimini commessi. […] Sembra difficile sfuggire alla conclusione che la Bibbia non approva mai gli atti di natura omosessuale: essi sono contrari alla volontà del Dio creatore.[NOTA 21]



Riguardo agli sforzi prodotti per contestualizzare l’attacco di S.Paolo agli omosessuali, di cui al capitolo 1 dell’epistola ai Romani, allo scopo di epurarli da una possibile applicazione alle relazioni gay comunemente intese oggi, si legge:


“Il fatto che l’omosessualità non sia compresa nella Bibbia allo stesso modo in cui lo è oggi non invalida dunque affatto il giudizio formulato […] Sarebbe errato pensare che Paolo interpreti la Legge ignorando il contesto degli scritti veterotestamentari. Ciò non viene considerato dall’apostolo, perché le circostanze di uno scritto biblico non diminuiscono affatto il suo valore ispirato […] Il contesto storico è cambiato, ma la legge enunciata rimane valida […] Paolo indica come questo messaggio valga per tutta l’umanità e per tutti i tempi. Sarebbe dunque erroneo rifiutare il valore di questa analisi per il nostro tempo, con il pretesto di un contesto storico particolare. L’intenzione dell’autore è chiaramente universalizzante. Questo fatto contraddice ogni posizione che affermerebbe che gli atti sessuali non hanno un valore etico in sé, senza un riferimento alla vita delle persone, agli schemi culturali e alle circostanze. In tal caso, forme di sessualità riconosciute universalmente come aberranti (l’incesto, la pedofilia, la zoofilia, ecc.) sarebbero suscettibili un giorno di essere riconosciute come buone se corrispondenti, per esempio, agli schemi culturali di un’epoca!” [NOTA 22]


[Modificato da EverLastingLife 12/09/2020 12:28]