Giustino di Nablus (Flavia Neapolis, 100 – Roma, 162/168) è stato uno dei primi apologeti cristiani, autore della Prima apologia dei cristiani e della Seconda apologia dei cristiani.
È venerato come santo dalla Chiesa cattolica, che lo annovera tra i Padri della Chiesa, e dalla Chiesa ortodossa. La memoria si celebra il 1º giugno.
Nessuno dei suoi scritti giunti fino a noi parla di un Dio in tre persone coeguali.
Per esempio, secondo la versione cattolica di Salvatore Garofalo, Proverbi 8:22-30 dice di Gesù nella sua esistenza preumana (come sapienza personificata): “Jahve mi creò fin dall’inizio del suo potere, prima delle sue opere, fin d’allora. . . . Quando ancora non c’erano abissi io fui concepita . . . prima delle colline io ero nata . . . io stavo accanto a [Dio] come architetto”. Commentando questi versetti, Giustino dice nel Dialogo con Trifone (CXXIX, 4):
“La parola [la Scrittura] mostrava che questo rampollo era stato generato dal Padre prima di qualunque creatura, e ciò che è generato è numericamente distinto da ciò che genera, come chiunque ammetterebbe”.
Poiché il Figlio è nato da Dio, Giustino usa in effetti l’appellativo “Dio” in riferimento al Figlio. Nella sua I Apologia (LXIII, 10) dice: “Il Padre dell’universo ha un Figlio. Questi, essendo Logos e primogenito di Dio, è anche Dio”. La Bibbia stessa applica il titolo “Dio” al Figlio di Dio. In Isaia 9:6 egli è chiamato “Dio potente”. Ma nella Bibbia anche angeli, uomini, falsi dèi e Satana sono chiamati “dèi”. (Angeli: Salmo 8:5; confronta Ebrei 2:6, 7. Uomini: Salmo 82:6. Falsi dèi: Esodo 12:12; 1 Corinti 8:5. Satana: 2 Corinti 4:4). Nelle Scritture Ebraiche la parola tradotta “Dio”, ’El, significa semplicemente “Potente” o “Forte”. Il termine corrispondente nelle Scritture Greche è theòs.
Inoltre il termine ebraico usato in Isaia 9:6 evidenzia una precisa distinzione fra il Figlio e Dio. Lì il Figlio è chiamato “Dio potente”, ’El Gibbòhr, non “Dio Onnipotente”. In ebraico quest’ultima espressione è ’El Shaddài, ed è riferita unicamente a Geova Dio.
Si noti però che Giustino, pur chiamando il Figlio “Dio”, non dice mai che il Figlio sia una di tre persone coeguali, ciascuna delle quali è Dio benché le tre persone insieme formino un solo Dio. Al contrario, nel Dialogo con Trifone (LVI, 4, 11) dice:
“Vi è . . . un Dio e Signore [il Gesù preumano] diverso dal creatore di tutte le cose [l’Iddio Onnipotente], che è chiamato anche angelo per il fatto che annuncia agli uomini ciò che vuole annunciare loro il creatore di tutte le cose, al di là del quale non c’è altro Dio. . .
“[Il Figlio] è un altro Dio rispetto a quello che ha fatto tutte le cose, un altro, intendo, per numero, non per distinzione di pensiero”.
Un passo interessante si trova nella I Apologia di Giustino (VI, 2), dove egli difende i cristiani dall’accusa di ateismo rivolta loro dai pagani. Egli scrive:
“Lui [Dio] veneriamo e adoriamo, e il Figlio che da Lui è venuto e che ci ha insegnato queste dottrine, con l’esercito degli altri angeli buoni che Lo seguono e Lo imitano, e lo Spirito Profetico”.
Un traduttore di questo passo, Bernhard Lohse, osserva: “Come se non bastasse che in questo elenco gli angeli sono menzionati come esseri onorati e adorati dai cristiani, Giustino non esita a menzionare gli angeli prima dello Spirito Santo”.
Così, anche se pare che Giustino Martire si fosse discostato dalla pura dottrina biblica in quanto a chi dev’essere adorato dai cristiani, chiaramente non considerava il Figlio uguale al Padre, non più di quanto considerasse gli angeli Suoi uguali. A proposito di Giustino, l’opera di Lamson, The Church of the First Three Centuries dice:
“Giustino considerava il Figlio distinto da Dio e inferiore a lui: distinto non nel senso attuale di una delle tre ipostasi, o persone, . . . ma distinto in essenza e natura; avente un’esistenza reale, sostanziale, individuale separata da Dio, da cui egli traeva tutti i suoi poteri e titoli, essendo stato posto sotto di lui e soggetto in ogni cosa alla sua volontà. Il Padre è supremo, il Figlio è subordinato; il Padre è la fonte della potenza, il Figlio la riceve; il Padre dà origine, il Figlio, come suo ministro o strumento, esegue. Sono due di numero, ma concordano, o sono uno, nella volontà; per il Figlio prevale sempre la volontà del Padre”.
Inoltre, in nessun luogo Giustino dice che lo spirito santo sia una persona uguale al Padre e al Figlio. Perciò non si può in alcun modo sostenere onestamente che Giustino insegnasse la Trinità in cui crede oggi la chiesa cattolica.