L’ansia della discolpa e i cattivi maestri
Sarà utile prendere di nuovo in esame l’esposizione di Kliever, un docente che ha studiato per decenni il fenomeno delle religioni e dei relativi scismi ed apostasie. Kliever aggiunge nuovi interessanti spunti di riflessione a questa materia, e i suoi commenti lasciano davvero poco spazio a dubbi o possibilità d’interpretazione.
Io sono convinto, in base al mio addestramento professionale e alla mia ricerca accademica, che un apostata non dovrebbe essere accettato acriticamente dai mass media, dalla comunità accademica, dal sistema giuridico o da enti governativi come fonte credibile d’informazione sui nuovi movimenti religiosi. L’apostata deve essere sempre considerato come un individuo predisposto a fornire un racconto di parte del credo e pratiche della sua ex appartenenza e attività religiose. [nota 29]
Davvero tagliente è l’analisi che il prof. Kliever compie del ruolo di certune associazioni (che affermano di voler aiutare le ‘vittime delle sette’) nel fare da cassa di risonanza per i fuoriusciti:
Spesso ricevono l’auto-giustificazione che stanno cercando da organizzazioni anti-sette o gruppi religiosi fondamentalisti, entrambi i quali forniscono loro spiegazioni sul lavaggio del cervello [nota 30] per razionalizzare la loro improvvisa adesione e l’altrettanto improvviso allontanamento da un nuovo movimento religioso. Le informazioni fornite da tali gruppi sono di solito profondamente negative e altamente di parte nei confronti dell’organizzazione abbandonata. Più precisamente, questi gruppi forniscono loro una lingua franca per raccontare le loro storie di seduzione e liberazione. Numerosi sociologi hanno sottolineato come le biografie di un “sopravvissuto alla setta” siano resoconti profondamente stilizzati che tradiscono l’influenza di scenari presi a prestito di schiavitù e liberazione, una storia sulla quale l’apostata si è ben esercitato, che racconta di isolamento sociale, manipolazione mentale, deprivazione fisica, sfruttamento economico e controllo ipnotico. Questi “racconti di atrocità” servono sia a fornire all’apostata una giustificazione che ad accusare la nuova religione di comportamento immorale e fede irrazionale. Alimentano inoltre e formano la percezione pubblica delle nuove religioni come qualcosa di pericoloso per la libertà di religione e l’ordine pubblico. [nota 31]
Non è difficile riscontrare come tante esperienze di ex-tdG, così comuni su Internet, corrispondano perfettamente all’identikit di Kliever, presentando sia una somiglianza reciproca che una certa ‘fedeltà’ rispetto ad un esemplare originale precostituito che fa da ‘stampo’; ed è solo naturale il sospetto (confermato dalla circostanza di avere a che fare quasi sempre con esperienze anonime)
[nota 32] che siano non solo
guidate come dice il Kliever, ma addirittura
fabbricate da una medesima regia. L’ombra lunga di tristi personaggi, generalmente ex-testimoni di Geova in fregola di una piccola notorietà da teatrino mediatico, che si candidano al ruolo di paladini della supposta ‘dignità offesa’ dei disassociati e di altri ideali nazionalpopolari, è ben distinguibile dietro i racconti di persone in palese carenza di punti di riferimento psicologico, come lo è dietro certi commenti celebrativi e persino ‘adoranti’ sul piano meramente fisico.
Comunque la si pensi, le conclusioni di Kliever sembrano collocare una pesantissima pietra tombale sulle recriminazioni degli ex:
Non esiste alcun dubbio che questi dedicati e fanatici oppositori delle nuove religioni presentino una visione distorta delle nuove religioni al pubblico, al mondo accademico e ai tribunali a causa della loro disponibilità e volontà di testimoniare contro le loro precedenti affiliazioni religiose e attività. Tali apostati agiscono sempre secondo uno scenario che li giustifica, addossando la responsabilità delle loro azioni al gruppo religioso. In verità, i vari scenari di lavaggio del cervello, così spesso invocati contro i nuovi movimenti religiosi, sono stati ripudiati in maniera schiacciante da sociologi e studiosi delle religioni e definiti niente più che dei tentativi calcolati per screditare il credo e le pratiche di religioni non convenzionali agli occhi di enti governativi e dell’opinione pubblica. Per giornalisti responsabili, studiosi e giuristi è difficile considerare tali apostati come fonti d’informazione credibile. […] In breve, alla luce dei fatti, gli apostati delle nuove religioni non possiedono gli standard di obiettività personale, competenza e comprensione informata richiesti a testimoni esperti. [nota 33]
Con gran dispiacere dei gruppi anti-sette, che si provano, il più delle volte senza alcuna preparazione accademica, e invero con scarsi risultati, ad invalidare i suoi studi, Kleiver è in buona compagnia. C’è una ‘alluvione’ di docenti universitari e altri esperti
[nota 34] che pervengono ad esiti similari; timorosi di annoiare i nostri lettori, ai quali il quadro della situazione dev’essere ormai ben chiaro, ci limitiamo a segnalare altri due contributi. David Bromley:
[nota 35]
“Le uscite indotte, che abbiano o no una componente di controversia, vengono trasformate nel primo dei due casi in quanto gli oppositori esterni reclutano attivamente i fuoriusciti nella loro coalizione, forniscono loro reti sociali attraverso i quali i fuoriusciti possono reinterpretare i problemi personali come problemi dell'organizzazione e controllano il ruolo transitorio in termini favorevoli. […] Gli ex membri devono confessare la loro condotta sleale, o ammettere la perdita di libera volontà come conseguenza di una influenza sovversiva”. [nota 36]
E ancora, John Melton:
[nota 37]
“Parlando francamente, gli ex membri ostili oscurano invariabilmente la verità. Invariabilmente ingigantiscono incidenti minori e li trasformano in grandi incidenti, e sul lungo periodo le loro testimonianza quasi sempre cambia perché ogni volta che la raccontano percepiscono la reazione di accettazione o rifiuto di chi li ascolta, e di conseguenza verrà sviluppata e incorporata nella visione diversa del mondo che stanno adottando”. [nota 38]
Significativo il cenno che Kliever e altri fanno di certi rappresentanti delle religioni tradizionali, i quali contribuiscono, seguendo anche e soprattutto l’agevole strada delle testimonianze degli ex, ad alimentare una vera e propria ‘cultura del sospetto’ verso quelli che egli definisce i nuovi movimenti religiosi.
[nota 39] Si tratta di un rapporto simbiotico: è risaputo infatti che gli ex trovino a loro volta, in certi ambienti cattolici, terreno fertile per le proprie speculazioni, essendo stati definiti i testimoni una ‘vera spina nel fianco per la Chiesa’ a motivo dello ‘stillicidio di conversioni’ che provocherebbero
[nota 40]. Non di rado incontri ideati, o caldeggiati, da apostati, intitolati alla nobile causa dell’ “aiuto alle vittime delle sette” ma per lo più pretesti per intavolare i processi a senso unico che ben conosciamo, sono tenuti in piccole cappelle o altre sale messe a disposizione da sacerdoti e qualche volta con la presenza o l’attiva partecipazione di questi ultimi. Si può allora solo immaginare il rincrescimento con il quale è stato accolta una recente intervista a Vittorio Messori,
[nota 41] notissimo scrittore cattolico che nel passato non ha risparmiato critiche ai testimoni di Geova. Commentando un servizio televisivo imperniato sul tema delle sette religiose, ha acutamente osservato:
Particolarmente fastidioso il fatto che fosse quasi interamente costruito su testimonianze di “ex”. Se sto alla mia esperienza di cronista, non di sociologo, poche cose sono fuorvianti come le accuse alla sua antica organizzazione da parte di chi è uscito sbattendo la porta. Ci sono addirittura degli “ex” di professione, sempre intervistati su qualunque giornale e tv. […] Nel mio lavoro di giornalista, non mi sono mai fidato né di questi né di altri pentiti: per esempio, dei gruppi, assai affollati, di ex-geovisti […] Non occorre essere psicologi per comprendere il perché di una doverosa diffidenza: chi ha abbandonato una strada, magari una vocazione, un ideale, deve giustificarsi davanti a se stesso e al prossimo, ha bisogno di aumentare la responsabilità degli altri per diminuire la propria, per contrastare il senso di colpa che cova, magari nell’inconscio e che in qualche caso è devastante. Non mi azzardo oltre in questi intrighi emotivi. Volevo solo avvertire, sulla base della esperienza: qualunque realtà discussa contestata dobbiate giudicare, non fatelo prendendo sul serio sempre e solo le testimonianze, magari impressionanti, di chi se ne è andato. Non fate, cioè, come certi giornalisti televisivi in cerca dell’effettaccio… [nota 42]
Non resta che augurarci che la raccomandazione di Messori sia presa a cuore da tutti, inclusi quelli che si appassionano a raccogliere, deformare ad arte, pubblicare e propagandare di queste storie. Ci crediamo poco, ma fa nulla: dove non può o non vuole arrivare l’uomo, arriverà presto Dio a fare una chiara distinzione fra ‘il giusto e il malvagio’. – Malachia 3:18
[Modificato da EverLastingLife 16/07/2012 22:09]