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Padre Rotondi, sacerdote, ne Il tempo (8 ottobre 1978, pag. 19).

Penso ai Testimoni di Geova: essi sanno bene quello che dicono - anzi: gridano - quello che sanno; non temono di bussare alle porte delle nostre case e vi entrano con la Bibbia in mano, si mettono a citare quel versetto di quel capitolo, da quella lettera di S. Paolo, di S. Pietro, di S. Giovanni. E certi cristiani, di quei sacri testi, ignorano tutto. Così subiscono una "catechesi" falsa, ma capace di richiamare l'attenzione; di accendere l'entusiasmo; più d'una volta ottenendo adesione sincera, entusiasta, coerente. Non solo: ma i "convertiti" si mettono poi anch'essi e ben presto a "fare" a "proclamare" quel che hanno appreso; e dovunque. Devo, paradossalmente, ammettere che in quei cristiani si verifica un innegabile fenomeno di crescita. Certo, i contenuti della nostra fede immensamente più dei "loro"; ma Dio guarda a come noi crediamo; e se lo pratichiamo, lo predichiamo. In questo i Testimoni di Geova ci sopravanzeranno fino a quando i "nostri" non usciranno dallo stato di semi alfabetismo religioso per entrare nel "ragionevole ossequio della fede" di cui parla S. Paolo.