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Confutazione servizi denigratori sui tdG delle Iene (2016)

Ultimo Aggiornamento: 12/03/2016 21:35
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04/03/2016 14:04
 
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Questo buffo individuo con la maschera di Anonymous sostiene di essere un tdG che non intende abbandonare l'Organizzazione; anzi, come udiamo dalla sua viva voce, 'ci crede e non rinnega nulla':


[IMG]http://i66.tinypic.com/sor6mc.png[/IMG]


Si tratta senz'altro di un curioso esemplare del microcosmo dei dissidenti, che non hanno motivo di vantarsene, visto che costoro vorrebbero farci credere che i testimoni di Geova siano una specie di 'lager ideologico' dal quale darsela a gambe alla prima occasione. Quindi è invece possibile 'credere assolutamente' e 'non rinnegare nulla' di quanto dicono i Testimoni?

Ma sarà poi per davvero un testimone di Geova? E' ben strano che un tdG fedele, convinto e che "ci crede assolutamente, non rinnega nulla" adotti, guarda caso, lo stesso infantile travestimento usato dai fuoriusciti nei loro siti e nelle loro sparute manifestazioni di piazza, come si vede negli esempi che seguono, tratti da vari blog apostati:


[IMG]http://i67.tinypic.com/2gtt6jk.jpg[/IMG]


[IMG]http://i68.tinypic.com/2vshg5g.jpg[/IMG]


[IMG]http://i66.tinypic.com/20pf3pf.jpg[/IMG]



Fonti: siti di fuoriusciti, altre info in spoiler


Ora veniamo alla sua intervista: costui trova assurda la regola biblica per cui 'per provare la veridicità di un abuso bisogna avere due testimoni'. Si tratta di un principio enunciato da Gesù Cristo (sì, nientemeno), come riportato dal vangelo:


Matteo 18:16: Prendi con te uno o due altri, affinché per bocca di due o tre testimoni sia stabilita ogni questione.


Seguiteci bene, perché quello che Pelazza & compagnia cantante sono capaci di 'argomentare' su questo punto oltrepassa la più surreale fantasia.


C) La 'regola dei due testimoni'

Iniziamo con una nota di colore apparentemente superflua: secondo Pelazza, il vangelo di Matteo sarebbe stato scritto 2500 anni fa (*). Non sappiamo che scuole o università abbia fatto, ma certo non ci vuole una laurea in storia per rendersi conto che ciò è impossibile. Anzi, non serve nemmeno la licenza elementare: basta saper contare. Se siamo nell'anno 2016, e tutti sanno che la numerazione degli anni parte dalla nascita di Cristo, è ovvio che Matteo, narratore delle gesta di Cristo, non può aver scritto il suo vangelo 2500 anni fa.

Ma Pelazza è fatto così, nei suoi 'servizi d'inchiesta' 5 o 600 anni di differenza non cambiano niente. La matematica è un gioco di prestigio. I secoli spariscono, centinaia di migliaia di anime si polverizzano, ovvero si materializzano miracolosamente (come i testimoni di Geova italiani, che secondo lui erano 300.000 nel 2014, e sono diventati 500.000 in soli due anni, nel 2016: una impennata clamorosa) ad ogni suo battito di ciglia.

C'è da ridacchiare delle proteste apostate per cui questi incisi servirebbero a delocalizzare l'attenzione sui reali problemi dei testimoni di Geova. Chissà perché questi ragionamenti non li fanno quando a "sbagliare" è la WTS: i vent'anni dei quali i testimoni di Geova anticipano la distruzione di Gerusalemme ad opera di Nabucodonosor II - rispetto alla storiografia secolare, che la pone al 587 a.C. - sono uno scandalo inenarrabile, mentre uno svarione di cinque secoli abbondanti dovrebbe passare inosservato. Semplicemente costoro negano la realtà, e cioè che questo pressapochismo generale qualifica i servizi delle 'Iene' come una nullità nel panorama del giornalismo professionale.


(*) Il libro di Deuteronomio, pure citato dal Pelazza, è stato scritto (secondo una tradizione piuttosto diffusa, detta deuteronomista) circa 2.700 anni. Le opinioni sono comunque contrastanti. L'ebraismo tradizionale lo fa risalire a Mosè. Secondo alcuni fu redatto ai tempi di Giosia (vissuto 650 anni prima di Cristo) a partire da testi molto più antichi. Wikipedia (link) afferma che, "per quanto riguarda il Deuteronomio almeno la parte centrale, denominata Codice deuteronomico, è ascrivibile all'VIII-VII secolo a.C., nel contesto della conquista assira ed alla seguente riforma di Giosia". Il "codice deuteronomico" racchiude i capitoli 12-26 del libro, compreso quindi il 19° citato da Pelazza. Nell'introduzione al libro di Deuteronomio, Bibbia CEI (ed. 2005) si legge che il libro fu 'composto da un levita del Regno del Nord, probabilmente verso il secolo 8°' (= 2.800 anni fa). In tutti i casi, quindi, Pelazza è tutt'altro che accurato.



Ora bando ai numeri, e concentriamoci sul problema specifico, che dividiamo in tre questioni.


1) COSA C'ENTRA?

La prima e più importante domanda che dobbiamo porci è: cosa c'entra la 'regola dei due testimoni' con la libertà di questi ultimi di denunciare un pedofilo (cosa che sarebbe scoraggiata, secondo Pelazza)? Risposta: assolutamente niente.

Non vi è alcuna relazione, nemmeno minima, fra le due cose. La vittima di atti di pedofilia, o i suoi genitori, possono adire le vie legali indipendentemente dal fatto che i testimoni degli abusi siano due, uno solo, o anche (al limite) zero. Possono inoltre procedere senza chiedere pareri al corpo degli anziani, i quali comunque, seppure interpellati in proposito, si limiterebbero a dire (come da istruzioni documentate in precedenza): "fa' ciò che ritieni opportuno".

Il principio biblico dei due testimoni del reato viene utilizzato dai tdG unicamente per uno scopo: disassociare il pedofilo. Ma a questo ci toccherà dedicare un intervento specifico (in un successivo commento), dato che intrufolandosi in questo ramo dell' "albero logico" si scopre una delle più assurde incoerenze dei fuoriusciti: ciò a cui la 'regola geovista dei due testimoni' fa da ostacolo è proprio la disassociazione, ovvero quel medesimo provvedimento disciplinare che descrivono come disumano e sul quale costruiscono le loro "crociate" fluviali.


2) LA REGOLA DEI DUE TESTIMONI VIENE APPLICATA COME MOSTRATO NEL VIDEO?

'Anonymous' partorisce un colpo di genio: "se uno abusa di un minore non penso che lo fa alla vista di due persone". Non lo pensiamo neanche noi. Pelazza, con altrettanta arguzia, gli fa eco: "la persona abusata deve portare con sé due testimoni?!?". Impensabile.

Più tardi un'altra intervistata anonima, peraltro l'unica del servizio che riferisca di un (presunto) abuso realmente avvenuto, sullo stesso tono dice (trascrivo il suo intervento): "Per loro la punizione di un pedofilo vuol dire portarlo davanti al tribunale interno. Per farlo hanno bisogno di due testimoni. Ma sarà normale dire che ci vogliono due testimoni? Per un abuso su minori? Ma quando mai! Che c'è gente che sta pure lì a guardare?"

Ma è così che funziona? "NO". 'Testimone' di un maltrattamento, infatti, non è solo chi lo vede avvenire su terzi, ma anche il maltrattato stesso. L'abusato stesso è quindi il primo testimone del fatto. La strana coppia Pelazza-Anonymous parte già col piede sbagliato ritraendo (volutamente?) uno scenario assurdo.

E il secondo testimone, necessario per procedere ad un comitato giudiziario? Come indicano chiaramente le istruzioni dell'Organizzazione, nei casi di abusi sessuali (come per qualunque altro peccato) non è necessario che siano presenti due testimoni oculari simultaneamente, cosa che sarebbe ridicolo ipotizzare. Possono essere due o più testimoni separati di eventi separati, ad esempio due bambini che denunciano abusi subiti da una stessa persona. (Altra possibilità è che i due bambini subiscano abusi nella stessa occasione da un singolo molestatore: anche in questo caso avremmo i due testimoni sufficienti per procedere).

Ciò è realistico? Assolutamente sì. Secondo i criminologi, l'abusatore di "una sola volta" è, se non proprio una figura leggendaria, un fenomeno quanto mai raro. Nel gergo del settore questi individui sono definiti 'abusatori situazionali', ovvero persone che commettono un solo abuso sessuale ai danni di minori nell'arco della loro vita, di solito in conseguenza di un evento traumatico.

Notate ad esempio questa statistica:


DURATA DEL COMPORTAMENTO PEDOFILO

più di 10 anni 14%
da 5,1 a 10 anni 21%
da 13 mesi a 5 anni 21%
fino ad 1 anno 29%
episodio unico 14% (*)


(*) I pedofili - Un'indagine conoscitiva all'interno della casa circondariale di Teramo, di Marina Arrivas, Teramo 2007. M.Arrivas, psicologa, specializzata in psicologia dell'adulto, dell'infanzia e dell'adolescenza.

Come evidenziato (riga rossa), secondo queste stime appena 14 pedofili su 100 agiscono una volta sola nella vita: tutti gli altri reiterano senz'altro il comportamento criminale. Notiamo che il 14% di stima degli "abusatori di una sola volta" è certamente una sovrastima, perchè dato che il sondaggio è stato condotto all'interno di un istituto di pena, è intervenuto appunto il provvedimento di incarcerazione a impedire il reiterarsi del crimine; perchè non è detto che il reato ascritto si sia verificato effettivamente una volta sola; e perchè non si può escludere che sia reiterato dopo la fine della pena detentiva.

Proviamo allora a immaginare in quale concomitanza di condizioni la regola cristiana dei due testimoni potrebbe fallire: il pedofilo dovrebbe 1) attuare le sue mire (e l'evento è, per fortuna, raro di per sé in virtu della sua difficoltà di attuazione); 2) agire una sola volta nella sua vita (improbabile); 3) negare le accuse.

Naturalmente ciò qualifica il misfatto come improbabile, ma non impossibile. I testimoni di Geova, in mancanza di dati oggettivi che permettano di attribuire colpe certe, lasciano il problema 'nelle mani di Geova'. Locuzione fin troppo nota, che gli ex-testimoni dissidenti tentano di mettere alla berlina: ma questo clamore artificioso è ingiustificato per due motivi. Il primo motivo è che è del tutto normale, per un uomo di fede, immaginare che Dio intervenga a salvaguardare sia le vittime che l'integrità morale della congregazione.

Il secondo motivo è che, banalmente, gli anziani non potrebbero fare nient'altro, per il rischio (che va messo in conto, come vedremo) di rovinare la vita ad un uomo fatto bersaglio di accuse infondate. Il principio della pluralità dei testimoni è largamente presente anche in giurisprudenza, come è noto: la testimonianza oculare è ritenuta la più 'debole' tra le prove, ma può essere rafforzata da quella delle parti in causa (accusa o difesa) che sia in grado di esibirla sotto forma di più deposizioni, ciascuna dal proprio punto di vista.

Ribadiamo in conclusione di questo punto due aspetti fondamentali alla sua comprensione: 1) la regola dei due testimoni non ha nulla a che fare con la denuncia dei pedofili, è solo un discrimine per aprire la strada ad un eventuale provvedimento di espulsione dell'individuo dai testimoni di Geova; 2) anziani e famiglia dell'abusato agiscono autonomamente. Quest'ultima può procedere in sede penale, anche in presenza di un solo episodio di abusi se ritiene, e anche se gli anziani di congregazione si ritrovano con le mani legati per l'assenza di un secondo testimone.


Mettendo a cappello questi due dati di fatto incontestabili, il teatrino imbastito da Pelazza sulla 'regola dei due testimoni' si rivela non pertinente, fallace e, se non fosse per la drammaticità dell'argomento di cui stiamo parlando, persino umoristico.


3) LA 'REGOLA DEI DUE TESTIMONI' E' UTILE?

Non è solo utile: è indispensabile. Quando si parla di crimini odiosi come gli abusi sui minori é fatale che raziocinio e lucidità siano sacrificati all'orrore, come si nota per esempio dagli interminabili dibatti mediatici sulla proporzionalità delle sanzioni: si dovrebbe introdurre la pena di morte per l'infanticidio? o la castrazione chimica per i pedofili?

L'orrore può impedire di ragionare lucidamente, e di realizzare, per esempio, che se i maltrattamenti subiti dai bambini destano un giustificatissimo orrore, altrettanto orrore deve ingenerare la possibilità che un uomo sia accusato ingiustamente, per errore o premeditazione, di aver commesso abusi.

Se gli atti di pedofilia sono aberranti, non meno aberrante è la situazione in cui si viene a trovare un uomo sottoposto a 'linciaggio' perché oggetto di congetture indimostrabili, e fasulle, di pedofilia. Le molestie magari non sono mai avvenute, ma il 'marchio d'infamia' accompagnerà il povero disgraziato vita natural durante. E' una situazione insostenibile, che può condurre anche al suicidio.

Quale dei due mali sia il peggiore, per me è un dilemma: se gli abusi sul bambino, o l'ingiusto marchio d'infamia. Sono però tentato di dire che, mentre dai traumi ingenerati da abusi sessuali subiti nell'infanzia, con un paziente lavoro psicologico, si può uscire, non così dicasi di chi è costretto a trascinarsi dietro fino alla morte il sospetto, non rispondente al vero, di essere un molestatore di bambini. Magari non hai fatto nulla di male, ma continuerai a incrociare per tutta la vita sguardi di mamme e papà sospettosi che 'nel dubbio' preferiranno impedirti di dare ai loro bambini persino una banale carezza sui capelli.

Tutto ciò purtroppo è successo molte volte, come documentato in cronaca. Il film Girolimoni il mostro di Roma (1972, di Damiano Damiani, con N.Manfredi) verteva proprio su questa tematica, ovvero la storia vera di un fotografo romano arrestato dietro accuse infamanti di aver molestato delle bambine, poi rilasciato e prosciolto definitivamente, dopo aver rischiato fra l'altro di essere massacrato da una folla inferocita, e morto infine poverissimo e solo come un cane. Da ricordare anche il recente Il sospetto (Danimarca 2012, di Thomas Vinterberg). Ne trascrivo la trama (da cinematografo.it), che consiglio di leggere (grassetto mio):




Il sospetto [...] indaga gli spaventosi territori nei quali può ritrovarsi un uomo, prima stimato e benvoluto, poi osteggiato e trattato alla stregua di un perfido criminale.

Divorziato, 40 anni, Lucas (Mikkelsen, premiato come miglior attore a Cannes) ha da poco un nuovo lavoro nell’asilo nido locale. Inizia anche a frequentare una collega e sta ricostruendo il rapporto con il figlio adolescente. Si avvicina il Natale, e con le prime nevi anche una piccola bugia può diffondersi come un virus. La piccola Klara, figlia dei suoi più cari amici, accenna alla maestra di qualcosa che la vedrebbe coinvolta con Lucas. Qualcosa di osceno, irrimediabile. Basta il sospetto, l’uomo è tagliato fuori da tutto: l’intera comunità si ritrova unita, tutti (o quasi) sono contro di lui. La caccia ha inizio.
Scritto e diretto con precisione chirurgica, il film è astuto, ma non furbo: l’assunto è quello che da sempre accompagna le convinzioni degli adulti (“i bambini non mentono mai”), lo sviluppo quello di un racconto d’assedio. La grandezza è proprio quella di non ricorrere al trucco, al colpo basso di far credere qualcosa che non è: Lucas è innocente, lo sa lui, lo capiamo noi. E l’empatia nei confronti del personaggio è totale: in questo, Vinterberg compie un miracolo cinematografico, invocando aiuto per il suo protagonista, ingiustamente accusato e fatto fuori da qualsiasi attività sociale, sempre più solo con il suo dolore. Lucas perde il lavoro, la sua situazione si aggrava dopo che altri bambini, gli stessi che prima del racconto di Klara lo adoravano aspettandolo nel cortile del kindergarten, iniziano a convergere verso la stessa versione dei fatti, al supermercato viene malmenato e buttato fuori: la calunnia si è fatta cancro, Lucas è un mostro. Un pedofilo.




Il trailer:




Ecco alcune interessanti recensioni del film (grassetto mio):

"Vinterberg sa raccontare benissimo il crimine opposto, cioè come si possa rovinare la vita di una persona innocente con quell'accusa infamante, quando si crea una psicosi collettiva. Perché pare più giusto credere a quel che dicono i bambini fino a quando non si smentiscono, mentre è facile non credere a ciò che dice in sua difesa un adulto che in quanto tale non può essere innocente. Uscire da quella ragnatela calunniosa di cui le prime vittime sono i bambini, è difficile: e per fortuna è successo alle maestre di Rignano, assolte nel maggio scorso dopo 7 anni di emarginazione e vergogna. Lucas forse ce la fa, ma non ne siamo così sicuri, anche se gli amici hanno ripreso ad abbracciarlo e la ragazza è tornata da lui. Ma intanto ha vissuto per mesi in desolato annientamento: dal supermercato l'hanno cacciato a pugni e calci: hanno cercato di colpirlo in casa gettando sassi attraverso la finestra; la notte di Natale è entrato in chiesa mentre i bambini del suo asilo, i suoi accusatori, cantano gentili e i fedeli lo hanno fissato come un nemico, come un mostro" (Natalia Aspesi, La Repubblica 22-11-2012)

"Nessuno infatti, né a scuola né in paese, mette in dubbio le parole della piccola Klara, che tenta timidamente di ritrattare ma finisce per credere lei stessa alla propria storia. Nessuno verifica nulla. La paranoia dilaga. Presto Lucas si ritrova solo contro il mondo, con l'unica eccezione del figlio. Mentre amici, colleghi, vicini, conoscenti, danno il peggio di sé, in un crescendo di tensione un poco facile, visto che sappiamo bene tutti quanto Lucas sia innocente" (Fabio Ferzetti, Il Messaggero, 22 novembre 2012)


E' qui che interviene la 'regola dei due testimoni' enunciata nella legge mosaica, e ripresa da Cristo. Un bambino può sbagliarsi, o ingigantire episodi irrilevanti, e persino mentire, di sua iniziativa o imbeccato da un genitore in malafede (o fanatico, o entrambe le cose) che lo convince a raccontare di abusi mai avvenuti. Ma può accadere che a farlo siano due diversi minori? In teoria è ancora possibile, in pratica è inverosimile.

Ovviamente non è un sistema perfetto, essendo chiaro che l'infamia può perseguitare un uomo anche se ad averlo accusato è una singola persona. Ma si provi a immaginare ad un mondo ipotetico nel quale la 'regola dei due testimoni' non valesse: 'X', per qualche ragione, mi è antipatico, vado dagli anziani della sua congregazione, m'invento che ha una relazione extraconiugale (o che è uno spacciatore, o un truffatore seriale, o appunto un molestatore di bambini) e lo faccio disassociare.

Un bel casino, insomma, la terra franca della calunnia e della rappresaglia. Questi sarebbero i frutti del 'libero pensiero' che, a quanto ci dicono, è interdetto ai testimoni di Geova.
[Modificato da EverLastingLife 10/03/2016 07:05]
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