La cosa mi sembra ovvia. Vuoi un testo in cui si dica che la croce è composta da un patibulum trasportato dal condannato in seguito attaccato ad un palo verticale già piantato per terra. La citazione dice proprio: "porti il patibulum per la città, e in seguito sia attaccato alla croce".
Come si vede c'è una distinzione lessicale tra il patibulumm trasportato e il prodotto finale, la croce.
Se il testo si fosse limitato a dire: "Patibulum ferat per urbem, deinde
ei adfigatur" avrebbe potuto essere ambiguo, ma così non è.
Comunque, se ho capito bene quello che scrive Simon, l'autore vorrebbe sostenere addirittura l'inesistenza della crux latina nel mondo antico, cioè che stauros e crux non avrebbero mai designato la croce. COsì scrive Simon: "Nè lo "stauros" nè la "crux" hanno mai indicato una "croce" o solo una "croce", nè nel I né nel II nè prima di allora."
Se così fosse, vorrei sapere come, cioè con quale termine, secondo Samuelsson, i greci e i romani avrebbero chiamato gli strumenti di supplizio che vediamo raffigurati ad esempio nel graffito del Palatino ed nella Taberna di Pozzuoli, dove vediamo dei crocifissi su croce a due braccia.
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)