Re: Re: Re: Re: Re: Re:
Trinitario , 18/09/2020 19:09:
Nolli è anche un grecista ed ha tradotto il vangelo di Giovanni dal greco e dal latino indicando per ogni termine il significato specifico:
«Il verbo eimi essere esprime esistenza quando è predicato; esprime qualità quando è copula: qui è il secondo caso. Frase molto usato nelle prime discussioni sulla SS. Trinità. Contro chi intendeva una persona sola sta il verbo al plurale siamo (esmen); per chi intendeva un’ unità morale soltanto (possibile anche se il Figlio fosse inferiore al Padre o anche un semplice uomo) sta il neutro en una sola cosa» - Evangelo secondo Giovanni p.397
“Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30)
“io sono nel Padre e il Padre è in me” (Gv 14,10)
Questi sono versetti che proclamano la divinità di Cristo in modo imperante, che in Gv 17,21-22 Gesù prega che anche i discepoli siano “una cosa sola”, non implica farli diventare una sola entità.
I discepoli possono essere “una cosa sola” solo partecipando alla superiore ed originaria unità tra Cristo e il Padre: “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola”(Gv 17,21) E’ l’idea paolina secondo cui noi siamo membra del corpo di Cristo, e, come apprendiamo da Gv 17,21, quella superiore unità che è il corpo di Cristo non è scindibile dall’unione col Padre. Dunque i discepoli sono uniti solo nella misura in cui partecipano a questa superiore e trascendente unità.
Caro Trinitario, ti ho già risposto in parte nel mio post n. 236, che puoi andare a leggere.
Caro Trinitario, non è la costruzione verbale a determinare una dottrina successiva riguardo al numerale neutro hen presente in Giovanni 10:30 così come in Giovanni 17:11, 21, cioè a dire se il Padre e il Figlio siano un' unità immanente (siamo nel I secolo!), ma il contesto.
Come ti ho detto già, con la sua risposta ai Giudei in Giovanni 10:32
(Giovanni 10:32) Gesù rispose loro: “Vi ho mostrato molte opere eccellenti da parte del Padre. Per quale di quelle opere mi lapidate?”
dimostra che Egli non ha inteso dire alcuna cosa che avesse valenza immanente, in caso contrario la sua risposta ai Giudei di Giovanni 10:32 non avrebbe senso.
Ti faccio notare che, in Giovanni 10:36, Gesù dice che la bestemmia di cui viene accusato è quella di aver detto di essere Figlio di Dio, non Dio Onnipotente.
Quindi questi versetti non proclamano alcuna divinità di Cristo in senso immanente, prova ne sia che, quando lo accusano di farsi Dio, Gesù cita i theoi di Salmo 82:2, dove quei giudici, rimproverati per la loro iniquità, sono definiti theoi perché rappresentano Dio, nel loro caso nel giudizio.
Quindi nessuna divinità di Cristo in senso immanente viene attestata nei versetti giovannei che stiamo analizzando.
Tu dici:
"I discepoli possono essere “una cosa sola” solo partecipando alla superiore ed originaria unità tra Cristo e il Padre"
e dici bene, perché si tratta di unità di azione, di intenti tra Padre e Figlio e non di unità immanente e, parimenti, i discepoli possono mantenere la medesima unità solo se sono strettamente legati al Padre, il SOLO DIO (Giovanni 17:3) e al Figlio Unigenito.
Ciao