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La storia di Vincenzo e Debora una coppia di mezza età è esemplare nell’ambito della difficile situazione di migliaia di persone.

Ultimo Aggiornamento: 09/06/2019 13:47
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09/06/2019 13:47
 
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Arquata del Tronto – La protesta dei terremotati a Roma sabato 19 maggio, ha riacceso i riflettori (forse per poco) sui ritardi della ricostruzione nelle zone del Centro Italia colpito dal sisma quasi tre anni fa.

La storia di Vincenzo e Debora una coppia di mezza età è esemplare nell’ambito della difficile situazione di migliaia di persone. La loro casa a Spelonga frazione di Arquata del Tronto, non è stata danneggiata gravemente dal terremoto. Il problema sono state le altre case vicine che sono crollate sotto le scosse o diventate inagibili per i danni riportati. “Dal 30 ottobre 2016 abitiamo a Porto D’Ascoli – afferma Debora– e pensare che dal 26 agosto fino al secondo forte sisma, abbiamo provato a rimanere a Spelonga dormendo in un garage, cucinando con un fornelletto e arrangiandoci in qualche modo. Poi alla fine per la sicurezza, ci siamo trasferiti insieme ad altri centinaia di sfollati nei vari alberghi di San Benedetto e Porto D’Ascoli”.

E dal quel giorno i due coniugi sono rimasti in Riviera. “A un certo punto, nonostante nell’albergo Persico dove alloggiavamo, ci siamo trovati bene, abbiamo deciso di prendere una casa in affitto – afferma Vincenzo– sempre a Porto d’Ascoli; con mia madre inferma e anziana era complicato vivere in tre in una stanza. Un altro mio problema è stato il lavoro; la fabbrica dove lavoravo si è dovuta fermare e ora io e altri operai siamo costretti a recarci diverse settimane in provincia di Treviso in una succursale.”

Il pensiero ogni tanto inevitabilmente torna a quei giorni tragici. “Le prime notizie del terremoto- ricorda Debora- le abbiamo ricevute mentre eravamo lontani da casa. Erano logicamente confuse all’inizio. Non capivamo bene dove il terremoto aveva colpito ma sapevamo dei danni e specialmente dei morti e feriti. Sono stati lunghi momenti di angoscia che ci hanno costretto a tornare subito a casa per vedere cosa era successo”.

Vincenzo e Debora non si sono persi d’animo in questi anni. “Siamo testimoni di Geova -spiega Debora- e questo ci aiutato moltissimo. La nostra comunità non ci ha mai fatto sentire soli man mano che i mesi passavano fornendo aiuto pratico ma anche morale, cosa che in questi casi non è secondaria. Anzi posso dire che il genere di volontariato che pratichiamo, quello di portare un messaggio di speranza come evangelizzatori, ci ha molto aiutato a non abbatterci troppo e sentirci utili anche per gli altri”.

“E’ vero, dare una parola di conforto con la Bibbia fa sentire bene noi e quelli che ci ascoltano. In fondo i problemi sono tanti e non solo tra chi è terremotato come noi” aggiunge Vincenzo con un sorriso. Nel frattempo la madre di Vincenzo due mesi fa è deceduta. “E stato paradossale il fatto che sia vissuta tutta la vita, quasi novantanni nello stesso posto, ma sia morta fuori casa e fuori dal suo ambiente”.

Come si prospetta il futuro per Vincenzo e Debora e per centinaia di famiglie nelle stesse condizioni? “La situazione è difficile, la burocrazia rallenta tutto il sistema della ricostruzione- ammette Vincenzo– senza polemizzare eccessivamente. “Tutti quelli che sono intervenuti per soccorrere e aiutare le vittime, ma anche le autorità che hanno provveduto alle sistemazioni sono da ringraziare. Certo che non vedere ripartire i lavori e non poter rientrare nella casa dove sono nato e vissuto mi rattrista parecchio. In fondo adesso come adesso non sappiamo quale e dove sarà la nostra futura sistemazione”.

“Tutte le volte che torniamo a Spelonga- afferma Debora – proviamo un senso di malinconia e nostalgia nel vedere il paese quasi deserto e abbandonato tanto da farmi pensare ogni volta che niente tornerà come prima. In ogni caso cerco di guardare avanti e mi concentro su quello che posso fare di buono per me e per gli altri predicando un messaggio di conforto come quello della Bibbia, che prediceva tempi difficili come i nostri compreso i terremoti, ma anche di liberazione dalle sofferenze, dai disastri naturali e dalla morte stessa”.

Come per dire, il passato non si può cambiare, la ricostruzione in futuro è tutta da vedere e allora, l’unica cosa certa secondo Vincenzo e Debora è affidarsi a qualcuno che dall’alto possa veramente ricostruire non solo i paesi del “Cratere”, ma il mondo intero.

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