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Tesi di Albert Pietersma sul Tetragramma nella LXX originale

Ultimo Aggiornamento: 30/07/2009 18:34
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29/07/2009 12:08
 
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Nel libro IL RUOLO DELLA TEOLOGIA E DEL PREGIUDIZIO NELLA TRADUZIONE DELLA BIBBIA a pag. 173-176 l'autore Rolf Furuli dà una risposta alla tesi di Albert Pietersma che sostiene la non presenza del Tetragramma nella LXX originale (Pietersma A., “Kyrios or Tetragram: A Renewed Quest for the Original Septuagint”, in De Septuaginta. Studies in Honour of John William Wevers on His Sixty-Fifth Birthday, a c. di A. Pietersma e C. Cox, Benben, Toronto 1984, pp. 85-101).

Chiedo a tutti: la sua tesi è basata solo su quello a cui risponde Furuli? O vi sono altri ragionamenti? E che dire comunque della risposta di Rolf?

Grazie, Leo

Segue testo del libro suddetto.





Nel 1984 Albert Pietersma scrisse un saggio molto arti-colato nel tentativo di contraddire gli argomenti suesposti e provare che il modo in cui originariamente la LXX rendeva il tetragramma era kurios. Partì dal testo del Pentateuco nei manoscritti più tardi della LXX. Nel testo ebraico centinaia di volte la preposizione preposizione le (“a”) è collegata al tetragramma. Il suo ragionamento è che nei manoscritti tardi della LXX questa costruzione è resa con tō kuriō (“al Signore”) al dativo, e per rendere così l’ebraico dove ricorre le più il tetragramma i manoscritti con tō kuriō devono essere stati tradotti da originali ebraici. Se fossero stati tradotti da manoscritti greci contenenti il tetragramma senza riferimento al caso, non saprebbero dove mettere il tō dativo.
Dopo l’articolo di Pietersma sono stati pubblicati diversi testi greci presenti tra i rotoli del Mar Morto. In Zaccaria 9:1 di 8HevXIIgr ricorre il tō prima del tetragramma in caratteri ebraici, e in Sofonia 1:6 lo si può inferire dalla lunghezza della riga.(50)
Questo mostra che tō kuriō potrebbe benissimo essere stato tradotto da manoscritti greci contenenti il nome divino e il ragionamento di Pietersma viene a cadere.(51)
Prendiamo anche P. Ryl. 458, ritenuto del II secolo AEV, e forse il più antico manoscritto esistente della LXX. Non contiene esempi di nomi divini in alcuna forma, ma è frammentario in un punto dove ricorrerebbe il nome divino. In effetti lo spazio è così ampio che Roberts, quando lo pubblicò nel 1936, suggerì che in origine vi fosse kurios. Siccome kurios non ricorre mai in manoscritti di quest’epoca, è molto improbabile che vi fosse in questo, ma lo spazio è troppo ampio per la breve parola IAŌ, e Roberts in seguito accettò la proposta di Kahle secondo il quale, dove si trova l’interruzione, doveva esservi il tetragramma.(52)
Che nell’ultima parte del I secolo AEV venisse realizzato un manoscritto con la trascrizione fonetica IAŌ suggerisce che a quell’epoca alcuni pronunciavano ancora il nome divino; e poiché un manoscritto era usato a lungo dopo la sua stesura, probabilmente perdurò pure la pronuncia. Quando gli odierni ebrei leggono la Bibbia e si imbattono in YHWH, automaticamente leggono ’adōnāy. Analogamente, è possibile che un greco che leggeva un manoscritto della LXX contenente il tetragramma usasse un sostituto, diciamo kurios; ma il fatto che i due manoscritti con il tetragramma siano probabilmente più antichi di quello con IAŌ fa supporre che in effetti pronunciasse il tetragramma. E a prescindere dalla pronuncia del tetragramma, l’età del manoscritto con IAŌ mostra che alcuni pronunciavano il nome divino almeno 200 anni dopo che fu tradotta la LXX.
Valutiamo un altro argomento.
8HevXIIgr non è molto distante temporalmente dai manoscritti con IAŌ o da quelli con il tetragramma in caratteri aramaici; la maggioranza degli esperti lo ritiene più recente. Lì, in Michea 1:2, troviamo il termine kurios per tradurre l’ebraico ’adōnāy in un versetto in cui ricorre anche il tetragramma in caratteri paleoebraici. Ciò è importante perché si ritiene in genere che gli ebrei sostituissero il tetragramma con ’adōnāi (“Signore”) e che per questo i greci usassero kurios (“Signore”) al posto del tetragramma. Analizzando questo passo, Tov si dice convinto che il manoscritto probabilmente distinguesse tra il tetragramma e ’adōnāy.(53)
E questo ovviamente suggerisce che il tetragramma non fosse kurios.(54)
Se così fosse, il lettore leggerebbe kurios kurios (55) nel versetto, cosa non probabile. L’evidenza dei manoscritti, per quanto riguarda la LXX, indica che chi usava questa traduzione scriveva e pronunciava il nome divino, e non vi sono motivi validi per ritenere che il quadro sia cambiato prima della metà del II secolo EV.

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Note:

50) Tov E. The Greek Minor Prophets Scroll From Nahal Hever (8HevXIIgr) (Discoveries in the Judean Desert VIII), Clarendon, Oxford 1990 pp. 59, 77
51) Durante il congresso della International Organization for Septuagint and Cognate Studies, tenuto a Oslo nell’agosto 1998, Emanuel Tov ha sostenuto l’inconsistenza degli argomenti di Pietersma, il quale era tra i presenti.
52) Kahle P., The Cairo Geniza, Basil Blackwell, Oxford 1959. p. 222
53) TOV, p. 85.
54) Si noti che theos (“dio”) ricorre ancora insieme al tetragramma in Giona 2:2 e Michea 4:5; 5:3. Tuttavia in Naum 1:9 troviamo theos al posto del tetragramma presente nel testo ebraico. Può trattarsi o meno di una variante.
55) La realtà di questo problema sta nel fatto che i masoreti indicavano il nome divino in Michea 1:2 come Jehovih. Nella normale puntazione del tetragramma le vocali sono prese in prestito da ’adōnāy, e il risultato è Jehwa(h) (a volte Jehova[h]). Laddove ’adōnāy ricorre subito prima di YHWH, come in questo versetto, i masoreti prendevano in prestito le vocali da ’elōhîm, così da leggere ’adōnāy ’elohim anziché ‘adōnāy ‘adōnāi






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