domingo7, 10.02.2013 21:45:
L'uso di harpagmos nel senso di res retinenda, cioè cosa da trattenere è comunque largamente documentata nella letteratura extrabiblica
Di fatto, l’uso di αρπαγμα, nel senso di guadagno, colpo di fortuna, tesoro, vantaggio, cosa da trattenere, da usare a proprio vantaggio, da sfruttare per il proprio tornaconto, non è certamente frutto di pregiudizi trinitari, in quanto diffuso nella letteratura greca già alcuni secoli prima della venuta di Cristo.
A tal proposito vedansi: Tucidide, La guerra del Peloponneso, III, 33; Lisia, Frammento XIX; Eliodoro, Etiopiche, VII, 20; VIII, 7; Xenofonte, Memorabili, I; Plutarco, De Alexandri magna fortuna aut virtute, I, 8; Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche, II, 41; Luciano di Samosata, Ermotino, 52; Galeno, De Semine, IV e De Simpl. Medicam., XII.
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Beh Domingo,
la Re Giacomo tradizionalmente rende "rapina":
"Who, being in the form of God, thought it not robbery to be equal with God"
la Reina-Valera spagnola rende "cosa da afferrare":
"el cual, siendo en forma de Dios, no estimó el ser igual a Dios como cosa a que aferrarse"
e anche l'autorevole Lutero ha "rapina":
"welcher, ob er wohl in göttlicher Gestalt war, hielt er's nicht für einen Raub, Gott gleich sein"
la concordanza di Strong al n. 725 harpagmos ha:
"the act of seizing, robbery
a thing seized or to be seized
booty to deem anything a prize
a thing to be seized upon or to be held fast, retained"
che solo come ultimo significato ha anche "cosa da ... tenere forte, ritenere".
Nel contesto del v. 5 non vedo come si possa argomentare a favore della "res retinenda" nel v. 6.
Simon