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Al Dipartimento d’Informatica di Torino, il padre del free software parla di dati, trasparenza, sorveglianza, pinguini e GNU

Pubblicato il 02/10/2018
Ultima modifica il 02/10/2018 alle ore 12:24
Luca Indemini

«Per tutelare davvero la nostra privacy ci vogliono leggi più stringenti rispetto a quanto introdotto dal GDPR . La questione non è limitare l’uso dei dati raccolti, bisogna impedire che i dati vengano raccolti.»

Richard Stallman , promotore del concetto di software libero fin dai primi anni ’80, mette subito le cose in chiaro, prima ancora di addentrarsi nei meandri del suo intervento “Il modo in cui la tecnologia digitale si sta sviluppando minaccia la nostra libertà nell’uso del computer e di Internet. Quali sono le minacce? Cosa dobbiamo cambiare?”. L’Aula Magna del Dipartimento di Informatica dell’Università di Torino è gremita di studenti assiepati in ogni angolo e altrettanto piena è l’aula accanto, dove è possibile seguire l’intervento in video. Uno ragazzo tra il pubblico allunga incautamente il proprio smartphone per scattare una foto: «Prima di fotografarmi ascolta le mie condizioni: la foto non deve essere condivisa su Facebook, Instagram o Whatsapp, sono tre tentacoli dello stesso mostro; Facebook usa le foto per il riconoscimento facciale, non fatevi usare da Facebook. Inoltre, disattivate la geolocalizzazione.

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