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CITTÀ DEL VATICANO Il cardinale Reinhard Marx, 67 anni, uno dei collaboratori più stretti di Francesco come membro del Consiglio dei cardinali, ha presentato al Papa le sue dimissioni da arcivescovo di Monaco. Una scelta clamorosa, motivata dal «punto morto» in cui, scrive, si trova la Chiesa in Germania davanti allo scandalo dei crimini pedofili. Il riferimento, da ultimo, è al rapporto indipendente pubblicato a marzo dall’arcidiocesi di Colonia su abusi e coperture dal 1975 al 2018: 313 vittime di abusi sessuali su ragazzini e 212 responsabili, «nel 63 per cento dei casi sacerdoti».




«Problema sistemico»

Marx non è stato coinvolto in nulla ma, dice, «come vescovo ho una «responsabilità istituzionale» per gli atti della Chiesa nella sua interezza così come per i suoi problemi e fallimenti istituzionali nel passato. Non ho forse contribuito a favorire forme negative di clericalismo con il mio stesso comportamento e le false preoccupazioni per la reputazione della Chiesa? Soprattutto: l’attenzione alle persone colpite da abusi sessuali è stata davvero centrale in ogni momento?». Il cardinale parla di uno «scacco istituzionale e sistemico» della Chiesa nella «catastrofe degli abusi sessuali», a sostegno del «cammino sinodale» iniziato in Germania per riformare l’istituzione. Parole che suonano come un atto d’accusa: «Non è sufficiente, a mio avviso, limitare la disponibilità ad assumersi responsabilità soprattutto agli errori di diritto canonico o di amministrazione e alle carenze derivanti dalla revisione degli atti. Mi preoccupa il fatto che negli ultimi mesi si sia manifestata una tendenza ad escludere le cause e i pericoli sistemici o le questioni teologiche fondamentali, e a ridurre il processo di confronto con il passato a un miglioramento dei processi amministrativi».
«Mi assumo la responsabilità»

Marx scrive di una «decisione assolutamente personale»: «Con le mie dimissioni, vorrei chiarire che sono disposto ad assumermi personalmente la responsabilità non solo per eventuali errori che potrei aver commesso, ma per la Chiesa come istituzione che ho contribuito a plasmare e plasmare negli ultimi decenni. Di recente è stato detto: “Fare i conti con il passato deve far male”». Una scelta «non facile», aggiunge: «Mi piace essere sacerdote e vescovo e spero di poter continuare a lavorare per la Chiesa in futuro. Il mio servizio per questa Chiesa e per il popolo non finisce. Tuttavia, per sostenere un nuovo inizio, che è necessario, vorrei portare la mia parte nella responsabilità degli eventi passati. Credo che il vicolo cieco che stiamo affrontando in questo momento possa diventare un punto di svolta. Questa è la mia speranza pasquale e continuerò a pregare e a lavorare affinché si realizzi».

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