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70) Takeo Moriyama (vivente)
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indice di notorietà: ***
paese: GIAPPONE
musicista jazz
Ha proseguito nella sua attività professionale dopo il battesimo? SI
La letteratura Watch Tower ha mai fatto cenno a questo VIP? SI (Svegliatevi! 22/7/88 24-27)
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Dopo la laurea in musica all’Università di Tokio, conosce (1967) il grande pianista jazz Yosuke Yamashita, che lo sceglie per il suo talento di percussionista nel trio di cui Yamashita sarebbe diventato il leader (al sassofono, Akira Sarata). Con il suo genere innovativo di free jazz / jazz d’avanguardia, lo Yosuke Yamashita Trio conquista in breve tempo l’Europa, con continue e redditizie esibizioni soprattutto in Germania. Nel 1972, il trio di Yamashita compose la colonna sonora per il film politico Ecstasy of the Angels (1972, del regista d’avanguardia K.Wakamatsu); Moriyama compare in una breve sequenza, mentre appunto si esibisce, scatenato alla batteria, insieme ai suoi compagni di band.
Lo Yosuke Yamashita Trio, con Takeo Moriyama a destra (batteria).
musician-photos.tumblr.com
Copertina dell’LP Gugan (1971).
inconstantsol.blogspot.com
Gli eccessi con l’alcool e una vita coniugale infelice insidiavano tuttavia la sua serenità, che riuscì a trovare solo dopo aver abbracciato (1976) la religione della moglie Yukiko, testimone di Geova. Nel 1975 aveva lasciato il trio di Yamashita; dopo il battesimo intraprese il servizio a tempo pieno. Ciò non gli impedì tuttavia di continuare a suonare il jazz, come testimoniato dagli innumerevoli video presenti in Rete, sia da solo che con vari gruppi.
Video. Moriyama alla batteria ad un concerto jazz del 2010.
youtube.com
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L’esperienza autobiografica di Takeo Moriyama ( Svegliatevi! del 22/7/88 pag. 24-27).
Esperienza di Takeo Moriyama (Svegliatevi! del 22/7/88 pag. 24-27) - CLICCA PER VISUALIZZARE
Un batterista jazz trova la vera felicità
BUM! Bum! Bum! Sotto lo sfavillio delle luci del palcoscenico il batterista segnava il ritmo. I miei occhi erano incollati ai tamburi e il loro suono faceva battere il mio cuore con violenza.
Nel gennaio del 1945, quando la seconda guerra mondiale era nelle sue fasi conclusive, la mia famiglia si rifugiò presso i genitori di mia madre, nella città giapponese di Katsunuma. Dopo la guerra mio padre divenne direttore della banda dei giovani del paese. Osservandoli durante le prove, rimasi affascinato dal ritmo pressante della batteria.
Quando andai al liceo mi prefissi di diventare un batterista jazz. Il professore di musica mi incoraggiò a frequentare un’università di musica e i miei genitori mi aiutarono a prepararmi per l’esame di ammissione. Nel 1964, fra i molti esaminandi provenienti da ogni parte del Giappone, io fui uno dei tre ammessi alla facoltà di strumenti a percussione dell’Università Nazionale di Belle Arti e Musica di Tokyo.
Anche se era la migliore università del Giappone, rimasi deluso.
Perché? Perché non offriva a uno studente nessuna preparazione per diventare batterista jazz, né gli studenti suonavano jazz. Comunque mi impegnai a fondo per imparare a suonare bene gli strumenti a percussione e sviluppai varie tecniche. A poco a poco accantonai il mio sogno di diventare un batterista jazz e cominciai a pensare di entrare in una famosa orchestra. Ma mi aspettava una sorpresa.
“Per quanto ti sforzi non ci riuscirai mai”, mi confidò uno che faceva parte di un’orchestra. “I nuovi orchestrali sono già stati scelti, ancor prima che tu entrassi all’università”.
Mi sentivo depresso e avvilito e così tornai alla mia passione per la batteria. Dissi a me stesso: ‘Nel mondo del jazz quello che conta non sono le conoscenze o le spinte che uno ha, ma il saper suonare la batteria’. Mentre si avvicinava il giorno della laurea, partecipavo alle prove dei circoli di jazz di varie università.
Si avvera il sogno della mia infanzia
Nel 1967 conobbi un pianista di nome Yosuke Yamashita. Non solo suonava jazz ma era uno dei principali innovatori e studiosi di questa musica. Formammo un insolito trio composto di piano, sassofono e batteria. Dapprima né la critica né gli spettatori capirono quanto fosse originale e possente il tipo di jazz che stavamo sviluppando. Le nostre esecuzioni erano poco seguite. Eppure ero soddisfatto. Yosuke era felice del mio modo di suonare e col tempo il nostro affiatamento crebbe e divenne più costruttivo.
Il modo in cui suonavo la batteria divenne senza eguale. Picchiando costantemente e in maniera coordinata su piatti, tamburo rullante, grancassa e tom tom, la sezione ritmica rimbombava di continuo. Il veloce e possente movimento dei miei arti sbalordiva gli spettatori e mi fece acquistare notorietà. Una volta suonammo per il pubblico nel seminterrato della rinomata Kosei Nenkin Hall di Tokyo mentre l’Orchestra Sinfonica Yomiuri del Giappone dava un concerto nella sala principale al piano superiore.
Il giorno dopo i giornali pubblicarono un annuncio dell’orchestra: ‘Ci dispiace che ieri sera l’ascolto del nostro concerto sia stato disturbato dal rumore proveniente dalla sala nel seminterrato. Desideriamo fare le nostre sentite scuse’. In seguito quella sala fu ristrutturata per migliorarne l’insonorizzazione. Dopo d’allora fui conosciuto come il “mostro della batteria”.
Vera felicità?
Via via che il nostro gruppo moltiplicava i suoi successi, io vivevo come più mi piaceva. Viaggiavo in ogni parte del Giappone, andando in giro con gli amici ogni volta che volevo. A questo punto ero sposato. Ma avevo poca considerazione per mia moglie Yukiko, che suonava uno strumento a percussione nell’Orchestra Femminile.
Non ero felice. Ero geloso di qualsiasi batterista rivale e la mia frustrazione aumentava vedendo che la mia popolarità e i miei guadagni erano inferiori alle mie aspettative. Ero tormentato da un senso di vuoto. Chiedevo ai miei colleghi: “A che serve lavorare, bere e gozzovigliare a questo modo?”
“Non angustiarti con pensieri così sciocchi”, rispondevano. “Quello che conta è il piacere”. Comunque, a causa della mia vita dedita ai piaceri, nell’estate del 1972 finii all’ospedale per disturbi al fegato. Afflitto da grave nausea e debolezza, temetti di morire. ‘Anche se devo rinunciare a suonare la batteria’, pensai tra me, ‘voglio vivere!’
A quell’epoca mia moglie era in tournée con la sua orchestra. Infine venne a casa e, visto quanto stavo male, lasciò il suo lavoro. Aveva appena cominciato a studiare la Bibbia con i testimoni di Geova e poiché apprezzavo moltissimo le sue attenzioni, acconsentii a che continuasse a studiare. A poco a poco mi ripresi e dopo tre mesi di convalescenza tornai col complesso. Ogni tanto suonavamo alla televisione e alla radio, e sia gli spettatori che i guadagni crebbero.
Successi in Europa
Nel 1973 facemmo il nostro primo giro di concerti in Europa. Il primo giorno suonammo al Festival Jazz di Moers, in Germania. Al termine ci fu un attimo di silenzio, poi un uragano di applausi. Lo sponsor del festival chiese: “Ehi, voi! Volete che questo gruppo torni l’anno prossimo?” Il pubblico rispose con un altro applauso. Il giorno dopo un giornale pubblicò una mia foto con il titolo in neretto: “Batterista kamikaze dal Giappone”.
L’anno seguente il compenso e le richieste per le nostre esecuzioni crebbero. Suonammo al Festival Jazz di Berlino, al Festival di Musica Moderna di Donaueschingen, al Festival Jazz di Heidelberg, al Festival Jazz di Lubiana, al Festival Jazz del Mare del Nord, ecc. Gli spettatori chiedevano ripetutamente il bis, e ad alcuni festival la polizia formò un cordone davanti al palco per proteggerci dagli ammiratori. Sì, ero diventato un batterista di grande successo, andando anche oltre i sogni della mia infanzia.
L’esempio di mia moglie
Che mia moglie si fosse occupata di musica non mi aveva assolutamente dato fastidio, ma ora il pensiero che si assentasse per le adunanze cristiane e la predicazione mi seccava proprio. Pensai: ‘Chi si affida alla religione è un debole. La religione è una truffa a danno dei deboli’. Nonostante facessi di tutto per convincerla a rinunciare alla sua nuova religione, non ci fu verso.
Una volta che ero andato a bere mi seguì al bar e si sedette in silenzio accanto a me. Infuriato, le rovesciai del whisky addosso. “Sparisci!”, le dissi. Con calma si asciugò i capelli e gli abiti con un fazzoletto, come se nulla fosse accaduto. Il barista e i clienti mi lanciarono occhiate accusatorie. Continuai a bere finché persi conoscenza, dopo di che lei mi portò a casa.
Un’altra sera la costrinsi a uscire dal nostro appartamento, chiusi la porta a chiave e misi la catena. Invece di andarsene, aprì la porta con la chiave, si procurò un seghetto e cominciò a segare la catena. Il rumore echeggiò in tutto l’edificio dove la gente dormiva. Dovetti farla entrare.
Disperato, mi ubriacavo regolarmente. Pensavo che avrei anche potuto morire. Mia moglie d’altro canto non si arrabbiava né temeva le mie angherie. La sera, mentre guardavo la televisione, mi implorava di ascoltarla mentre leggeva il libro Dal paradiso perduto al paradiso riconquistato. Me lo leggeva ogni sera. A poco a poco smisi di dirle “Sta zitta!” per dirle invece “Continua a leggere”.
Inoltre, quando partivo per qualche giro di concerti mi infilava in valigia copie delle riviste Torre di Guardia e Svegliatevi! La curiosità fu più forte della paura di farmi convertire e cominciai a leggere nelle riviste i racconti in prima persona di quelli che avevano abbracciato la via del cristianesimo. Finivo spesso per asciugarmi le lacrime dagli occhi, anche se pensavo che non dovevo farmi convincere da quei racconti.
Una sera mi sentivo insolitamente calmo e decisi di mettermi nei panni di mia moglie. Mi chiesi: ‘Che male c’è se studia la Bibbia? Cos’ho da offrirle al posto della Bibbia?’ Il giorno dopo la misi alla prova. “Rinuncia completamente alla Bibbia, se no divorziamo”, minacciai.
Dopo un lungo silenzio, con le lacrime agli occhi, disse: “Non ho intenzione di divorziare. Né smetterò di studiare la Bibbia”.
Sollevato, risposi: “Non ti ostacolerò più”.
Subito dopo accompagnai mia moglie a un’adunanza dei testimoni di Geova. Ma ero sempre sulla difensiva. Tuttavia fui colpito dal buon comportamento dei bambini e dalla ragionevolezza di quello che veniva insegnato. Continuai ad andare alle adunanze e a poco a poco smisi di stare sulla difensiva coi Testimoni. Mi rendevo conto vagamente che forse nella Bibbia c’era la risposta al senso di vuoto che provavo. Ma più me ne rendevo conto, più capivo anche che se studiavo la Bibbia, dovevo fare dei cambiamenti nella mia vita.
Lotta con me stesso
Ebbe così inizio una lotta interiore. Anche se sapevo ciò ch’era giusto, non riuscivo a praticarlo. Ero tormentato dal desiderio di fumare e di commettere immoralità. Ma non volevo più cedere a quei desideri. (Romani 7:18-24) Per fortificarmi assistevo alle adunanze cristiane più spesso che potevo. — Ebrei 10:23-25.
Le adunanze cominciarono a influire sul mio modo di pensare. Gloria, ricchezza e piaceri mondani non sembravano più degni d’essere ricercati. Vedevo chiaramente i desideri mondani come dei nemici. Mentre tornavo a casa dalla Sala del Regno provavo una serenità che non avevo mai provato prima. Per la prima volta potevo dire: “Sono felice”.
Lascio il complesso
Nel 1975, subito dopo aver chiesto uno studio biblico, partii per il nostro quarto giro di concerti in Europa. Come in precedenza, gli spettatori applaudirono selvaggiamente. Il mio cuore, però, non si infiammò come prima. Benché lo sponsor ci rivolgesse di nuovo l’invito “Tornate l’anno prossimo”, io avevo deciso di lasciare il complesso.
Tornato a Tokyo ripresi immediatamente lo studio biblico e subito dopo cominciai a parlare ad altri della vera felicità che provavo. Durante l’ultimo giro di concerti in Giappone sentii l’impulso di parlare della mia nuova speranza con uno dei nostri sponsor del quale ero sempre stato particolarmente amico. Pregai Geova di darmi l’occasione di parlargli. Ma come avrei avviato la conversazione?
“Cosa ti viene in mente quando senti la parola felicità?”, chiesi.
“Penso a condizioni nelle quali non esistano più le malattie e la morte, e tutti vivano insieme in pace”, rispose. Fui lieto di questa risposta ideale e gli dissi subito: “Questo è il motivo per cui lascio il gruppo”. Mentre continuavo a parlare, Geova faceva crescere il seme nel suo cuore. Divenne poi il primo testimone di Geova battezzato della sua località. La gioia che questa esperienza mi diede fu profonda e duratura, e superò di gran lunga la gioia che avevo provato suonando la batteria.
Ho vera felicità
Dopo che avevo lasciato il gruppo, un uomo disse a un Testimone che gli aveva fatto visita: “Avete ucciso Moriyama”. Era vero, Moriyama il batterista jazz era morto, ma era nato Moriyama il ministro cristiano. Nel giugno del 1976 fui battezzato per simboleggiare la mia dedicazione a Geova.
Nel 1979 mia moglie ed io cominciammo a servire come ministri pionieri a tempo pieno. Da allora abbiamo avuto la gioia di aiutare alcune persone a trovare la vera felicità. Ho avuto anche il privilegio di servire come anziano in alcune congregazioni di Tokyo e Nagoya.
Da giovane pensavo che la felicità fosse legata al suonare la batteria. Anche se la suono ancora di tanto in tanto, ho scoperto che la vera felicità deriva non dal perseguire una carriera musicale, ma dal servire il Creatore, Geova. La mia vita è ora completamente incentrata sulla speranza di godere per sempre vera felicità su una terra paradisiaca insieme a mia moglie e a nostra figlia Saori, nata due anni fa. — Narrato da Takeo Moriyama.
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[Modificato da EverLastingLife 27/11/2020 14:14] |