Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
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"Tu sarai con me in Paradiso" (Luca 23:43)

Ultimo Aggiornamento: 18/05/2008 19:47
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18/04/2008 09:51
 
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Quale significato potè attribuire il malfattore a queste parole?
Approfitto di questa sezione e della frequentazione di questo forum di almeno una persona di religione ebraica.

E' una domanda che mi sono fatto molte volte: quando Gesù disse a uno dei malfattori giustiziati insieme a lui le parole riportate nel vangelo di Luca, quale fu il significato che presumibilmente quell'uomo diede a quella frase?

Per un ebreo del primo secolo cos'era il "Paradiso"?
18/04/2008 17:49
 
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Perchè non provi a postarlo in un forum ebraico?
18/04/2008 18:04
 
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Re:
jwfelix, 18/04/2008 17.49:

Perchè non provi a postarlo in un forum ebraico?



Perché qui c'è questa sezione apposita...e la domanda di Felice d'esserlo interessa anche a me! [SM=x1408426]


18/04/2008 18:56
 
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Re: Re:
Ettore07, 18/04/2008 18.04:



Perché qui c'è questa sezione apposita...e la domanda di Felice d'esserlo interessa anche a me! [SM=x1408426]



C'era un [anche] sottinteso [SM=x1408399] Giovanni 14:9

Prova a leggere così:
Perchè non provi a postarlo [anche] in un forum ebraico?

[SM=x1408430] [SM=x1408430] [SM=x1408430]
18/04/2008 23:00
 
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Re: Re: Re:
jwfelix, 4/18/2008 6:56 PM:



C'era un [anche] sottinteso [SM=x1408399] Giovanni 14:9

Prova a leggere così:
Perchè non provi a postarlo [anche] in un forum ebraico?

[SM=x1408430] [SM=x1408430] [SM=x1408430]



Meno male che almeno hai messo le parentesi quadre!! [SM=x1408403]

Tornando al tema, il dizionario biblico della Claudiana (Miegge) alla voce "paradiso" per l'AT rimanda alla voce "Eden" che tutti conosciamo. Quello era il paradiso per gli ebrei fedeli.

In periodo piu' tardo anche gli ebrei furono influenzati dalle filosofie greche e da altre belle trovate riguardo all'anima, cosi' cominciarono a pensare che fosse il luogo dei morti. Per questo il dizionario conclude "Il paradiso è nel pensiero giudaico, in generale, il luogo ove i giusti aspettano il giudizio finale e la resurrezione della carne. Questo luogo è descritto anche come "il seno d'Abramo" (Lc. 16:20).

Simon
19/04/2008 00:05
 
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In tutti questi anni, nonostante buon lettore e osservatore, mi sfugge qualcosa che a voi può risultare banale, nonostante, chiedo umile risposte.

Cosa e' per i Testimoni di Geova il paradiso e dove si trova ?
20/04/2008 23:19
 
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Re:
®@ffstef@n, 19/04/2008 0.05:

In tutti questi anni, nonostante buon lettore e osservatore, mi sfugge qualcosa che a voi può risultare banale, nonostante, chiedo umile risposte.

Cosa e' per i Testimoni di Geova il paradiso e dove si trova ?



Il paradiso è meno lontano di quanto si possa pensare.

Si trova qui. E' la nostra terra. Un pianeta stupendo che l'uomo con i suoi miopi egoismi sta rovinando ( finchè Dio lo permetterà ).

Una terra in cui tutti osservino per amore e riconoscenza i comandamenti di Dio, "non uccidere, non rubare, non mentire, ama il prossimo tuo come te stesso", e dove tutti rispettino la flora e la fauna, non distruggendola o seviziandola, ma avendone cura, sì, un vero mondo d'amore a imitazione dello sconfinato amore di Dio che ne è il Creatore, non lo definiresti anche tu un Paradiso?

MARIA


22/04/2008 16:31
 
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Re: Quale significato potè attribuire il malfattore a queste parole?
feliced'esserlo, 18/04/2008 9.51:

Approfitto di questa sezione e della frequentazione di questo forum di almeno una persona di religione ebraica.

E' una domanda che mi sono fatto molte volte: quando Gesù disse a uno dei malfattori giustiziati insieme a lui le parole riportate nel vangelo di Luca, quale fu il significato che presumibilmente quell'uomo diede a quella frase?

Per un ebreo del primo secolo cos'era il "Paradiso"?




Per gli ebrei la morte non è la conclusione dell' esistenza umana.
Le aspettative poi divergono da corrente a corrente, e da individuo a individuo. Sò che tutto ciò "scandalizza" i cristiani, ma l'ebreo non si caratterizza per le sue credenza sull'aldilà quanto per far parte di un popolo che vive pienamente la propria vita secondo le mitzvoth della Torah che comprendono le relazioni tra l'uomo e Dio, tra l'uomo e il suo prossimo.

Oggi come all'epoca in cui vissè e predicò Gesù, l'ebraismo su ciò che attende l'uomo dopo la morte, non è dogmatico, e i brani biblici che ne trattano sono piuttosto elusivi sulla questione.

Non ho ancora compreso se il termine Paradiso provenga dall'ebraico Pardes, e cmq, il Pardes non è il Paradiso cristiano, così come non lo è il Gan Eden.
Non ho idea che parola ebraica abbia potuto utilizzare Gesù per indicare ciò che le Scritture greco-cristiane abbiano tradotto con "Paradiso".

Sarebbe interessante approfondire...
Shalom




22/04/2008 22:12
 
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Re: Re: Quale significato potè attribuire il malfattore a queste parole?
Batyah, 4/22/2008 4:31 PM:


...
Non ho ancora compreso se il termine Paradiso provenga dall'ebraico Pardes, e cmq, il Pardes non è il Paradiso cristiano, così come non lo è il Gan Eden.
Non ho idea che parola ebraica abbia potuto utilizzare Gesù per indicare ciò che le Scritture greco-cristiane abbiano tradotto con "Paradiso".

Sarebbe interessante approfondire...
Shalom



Un paio di opere che ho consultato collegano la parola al persiano pairi-daeza, tuttavia in ambito puramente biblico non trovo altro che non sia il gan-eden.

Tu si?

Simon
22/04/2008 23:51
 
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Re: Re: Re: Quale significato potè attribuire il malfattore a queste parole?
(SimonLeBon), 22/04/2008 22.12:



Un paio di opere che ho consultato collegano la parola al persiano pairi-daeza, tuttavia in ambito puramente biblico non trovo altro che non sia il gan-eden.

Tu si?

Simon




Dal persiano dici?
Non è da escludersi, dopotutto la lingua ebraica non possiede alcun termine per indicare la "religione"; quello oggi in uso, dat, è un termine preso in prestito dal persiano e significa propriamente “ legge, ordinanza”.

Cmq sia,anche in ambito non prettamente biblico, l'ebraismo non ha molto insistito su quanto accade all'uomo dopo la morte, poichè si concentra piuttosto sulla speranza nella resurrezione, e sulla credenza del Mondo Avvenire (qui in terra, non in cielo).

Anticamente con il termine Sheòl veniva indicato il luogo sotterraneo ove i defunti avevano una sopravvivenza allo stato "larvale", si agiravano come ombre e non avevano "coscienza" del proprio stato di morte. Era una concezione diffusa e comune anche ad altri popoli dell’Antico Oriente. Tuttavia si va affermandosi in epoca biblica e post biblica, anche una sorta di distinzione tra castigo e ricompensa, tra il malvagio e il giusto. Il primo come una punizione non avrà la speranza della resurrezione a differenza del giusto: “Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si sveglieranno: gli uni alla vita eterna altri alla vergogna” (Daniele. 12; 2).

Ed anche oggi quando a livello popolare l'ebreo pensa ai propri defunti, li pensa come presso Dio, ma non similmente al Paradiso cristiano; quanto ad un ritorno dello spirito del defunto al luogo da cui proviene ogni cosa, o ad un anima in stato di quiescenza(come in standby) similmente ai defunti nello Sheol. La morte è come un "sonno", e ti risveglierai al momento della resurrezione quando il tuo spirito (nefesh = vitalità) la tua anima (neshamà)e il tuo corpo si ricongiugeranno nuovamente.

Shalom!




[Modificato da Batyah 22/04/2008 23:54]
24/04/2008 11:06
 
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Batyah, 22/04/2008 16.31:



Per gli ebrei la morte non è la conclusione dell' esistenza umana.




Non è la fine dell'esistenza umana proprio per la speranza della risurrezione non per la sopravvivenza dell'anima o spirito umano e questo emerge chiaramente dalla testimoniaza veterotestamentaria!

La Bibbia, ha una visione unitaria dell’uomo. Già la prima pagina della Bibbia dice che quando Dio creò l’uomo, non il suo corpo ma la totalità dell’uomo, «lo formò dalla polvere della terra». L’uomo è cioè un essere la cui natura condivide la materialità del resto della creazione. Ma l’uomo non è tale perché fatto di materia. La materia di per se è inanimata. L’uomo è invece un essere vivente o «un’anima vivente» come dice il testo, in virtù della vita che Dio gli dà: «E L’eterno gli soffio nelle narici un alito vitale, e l’uomo divenne un’anima vivente» (Gn 2:7). L’anima non è quindi una parte dell’uomo ma l’uomo che vive nella sua interezza. La mia anima sono i miei piedi e le mie mani, ma anche la volontà di fare il bene e il male, sono le mie labbra e le parole che dico, sono il mio amore e i miei rancori, le mie speranze e le mie delusioni. Io sono la mia anima, io creato da Dio che mi ha tratto dalla polvere della terra, dandomi la vita e rendendomi simile alla sua immagine: «A immagine di Dio lo creò» (Gn 1:27).
L’idea extra-biblica dell’immortalità dell’anima ha trasformato la morte in un momento di liberazione e quindi di gioia. Questa era l’idea del filosofo greco Platone che tanta influenza ha avuto sia nel mondo pagano che nel determinare il cambiamento della stessa prospettiva cristiana originale: il corpo appartiene alla realtà materiale e quindi potenzialmente negativa, mentre l’anima appartiene alla sfera della realtà spirituale divina e quindi potenzialmente positiva. Da ciò il disprezzo per i bisogni fisici dell’uomo, della sua sessualità, del sociale a scapito del religioso, del futuro a scapito del presente che tanto ha caratterizzato il medioevo. La visione biblica della materialità è totalmente contraria a questa visione. Per la Bibbia la materia è frutto della creazione di Dio e tutto quello che Dio ha fatto è buono (Gn 1:31; 1 Tim 4:4). Il male e la morte non derivano dal fatto di avere un corpo ma dal fatto di essere peccatori, di avere cioè scelto di separarci da Dio e dalla vita che da lui traevamo: «Il salario del peccato è la morte» (Rm 6:23).
Dio, racconta il libro della Genesi, aveva creato l'uomo con la possibilità di accedere all’albero della vita (Gn 2:9,16,17), che gli avrebbe garantito la vita eterna. Esso era posto al centro del giardino, non nascosto in fondo al mare come accadeva nel mito sumerico di Gighamesh. Qui gli dèi appaiono gelosi della loro vita e creano l’uomo solo perché li serva per un poco di tempo. Affranto dalla morte dell’amico Enkidu, Gilgamesh va in cerca del segreto dell’immortalità. Il ritornello con cui deve costantemente confrontarsi è: «Quello che cerchi non lo troverai mai. Quando gli dèi crearono l’uomo gli assegnarono in sorte la morte e tennero per loro la vita». Non così la visione biblica. Dio ha posto di fronte all'uomo la prospettiva della vita eterna nel Gan Eden, senza morte alcuna.
L’unica condizione perché l’uomo potesse godere della vita era che non mangiasse il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male perché altrimenti sarebbe morto (Gn 2:17). Questo secondo albero rappresenta il desiderio di autonomia da Dio, sia per il vivere in sé che per il camminare nella vita. Lo si vede chiaramente dalla narrazione della tentazione. Il serpente, Satana, dice infatti che il mangiarlo avrebbe comportato la conquista di una conoscenza del bene e del male identica a quella di Dio e che questo avrebbe affrancato l’uomo dal bisogno di una guida divina. L’uomo sarebbe stato inoltre liberato dalla morte, cioè dalla necessità di attingere a Dio per vivere. L’uomo avrebbe potuto vivere in assoluta indipendenza dal suo Creatore (Gn 3:4,5).
L’uomo creato si trova quindi di fronte a una alternativa. O crede nella parola di Satana che gli dice che può essere egli stesso un dio sia sul piano della conoscenza del bene e del male, che su quello della vita; o crede nella parola di Dio che gli dice di essere una sua creatura bisognosa della sua guida e della vita che solo lui può dare. Adamo credette nella parola del Tentatore, ma era una parola bugiarda, da cui nacque l’illusione dell’immortalità per ritrovarsi totalmente immersi nella morte.
Di fronte a questi eloquenti testi, molti sono però influenzati dalla concezione dualistica ancora oggi predominante. Essi leggono «tu morrai» e comprendono «il tuo corpo morrà». Ma il testo non lascia dubbi perché descrive chiaramente cos’è la morte: «Tu sei polvere e in polvere ritornerai» (Gn 3:19). Il libro dell’Ecclesiaste descrive anch’esso la morte come il processo per cui: "Tutti sono venuti dalla polvere, e tutti tornano alla polvere" (Ecclesiaste 3:20; ); ancora si legge: «la polvere torna dov’era prima e lo spirito (cioè l’alito vitale, la vita) torna a Dio che l’ha dato»(Ecclesiaste 12:7). Sulla stessa linea anche il salmista (Salmo 104:29,30; 146:4) e gli altri scrittori delle Scritture Ebraiche.

Le conseguenze sono queste: «nel soggiorno dei morti dove vai non v’è più né lavoro, né pensiero, né scienza, né sapienza.» L’uomo non è immortale e la vita, lontano da Dio, dura solo qualche istante. La morte non è il cambiamento di un vestito, né il raggiungimento di un livello superiore dell’esistenza. La morte è separazione da Dio e da tutto ciò che costituisce la vita. La morte non è un’altra vita ma è l’assenza di vita.


il Pardes non è il Paradiso cristiano, così come non lo è il Gan Eden



In realtà il vero paradiso cristiano, sostenuto dal NT è proprio un ritorno al paradiso perduto, al Gan Eden. E' la teologia cattolica che erroneamente ha traslato la realtà immanente del paradiso nella realtà trascendente.
Il termine “paradiso”, biblicamente parlando, indica proprio un parco o giardino. Il termine greco paràdeisos deriverebbe dal persiano pairidaēza Il termine ebraico corrispondente è pardès, che fondamentalmente significa parco. I tre termini (ebraico pardès, persiano pairidaēza e greco paràdeisos), comunque, contengono tutti la stessa idea fondamentale di un bel parco o giardino. Il primo parco del genere fu quello l'Eden. (Ge 2:8, 9, 15) In ebraico è chiamato gan, “giardino”, ma per grandezza e natura era senz’altro simile a un parco. La Settanta greca usa appropriatamente il termine paràdeisos riferendosi a quel giardino.
Putroppo secoli di speculazioni teologiche hanno trasformato il senso originario di paradiso, inferno, anima, spirito... E' quindi indispenabile non lasciarsi fuorviare dal significato che questi termini hanno nella nostra cultura ma di comprenderli alla luce del contesto in cui si trovano e della prospettiva generale dell’antropologica biblica.
[Modificato da christofer2006 24/04/2008 11:14]
________________________________________________

24/04/2008 15:56
 
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Re:
christofer2006, 24/04/2008 11.06:



Non è la fine dell'esistenza umana proprio per la speranza della risurrezione non per la sopravvivenza dell'anima o spirito umano e questo emerge chiaramente dalla testimoniaza veterotestamentaria!







Shalom christofer,
se lasci perdere le traduzioni;l'argomento si rivela più complesso e articolato di quanto sei portato normalmente a ritenere. Vi sono piuttosto nella Tanack, diverse allusioni, anche se non dettagliamente sviluppate, che ci conducono a ipotizzare e legittimare un concetto "non chiaro" e "incompleto" dell'anima, della neshamàh. Ma (l'avevo premesso) l'ebreo le lascia proprio così,a loro stato embrionale, a livello ipotetico, senza aver la pretesa di creare dei dogmi a riguardo. La Torah, è una legislazioe rivelata, non un sistema di credenze dogmatiche sull'aldilà, poichè i segreti appartengono a Dio (Deut. )e lo Sheol resta il luogo della "domanda".

Erev tov :-)





24/04/2008 22:45
 
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Re: Re:
Batyah, 4/24/2008 3:56 PM:


Shalom christofer,
se lasci perdere le traduzioni;l'argomento si rivela più complesso e articolato di quanto sei portato normalmente a ritenere. Vi sono piuttosto nella Tanack, diverse allusioni, anche se non dettagliamente sviluppate, che ci conducono a ipotizzare e legittimare un concetto "non chiaro" e "incompleto" dell'anima, della neshamàh. Ma (l'avevo premesso) l'ebreo le lascia proprio così,a loro stato embrionale, a livello ipotetico, senza aver la pretesa di creare dei dogmi a riguardo. La Torah, è una legislazioe rivelata, non un sistema di credenze dogmatiche sull'aldilà, poichè i segreti appartengono a Dio (Deut. )e lo Sheol resta il luogo della "domanda".

Erev tov :-)



Una domanda per te: cosa comprende un ebreo leggendo Ge.2,17?

Simon
25/04/2008 00:30
 
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Re: Re: Re:
(SimonLeBon), 24/04/2008 22.45:



Una domanda per te: cosa comprende un ebreo leggendo Ge.2,17?

Simon




Adàm dissubidisce al divieto espresso da Hashem; non seppe resistere alla tentazione e mangiò il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male. Da quel momento egli si è reso colpevole di morte.

Shalom!
25/04/2008 11:04
 
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Re: Re:
Batyah, 24/04/2008 15.56:







Shalom christofer,
se lasci perdere le traduzioni;l'argomento si rivela più complesso e articolato di quanto sei portato normalmente a ritenere. Vi sono piuttosto nella Tanack, diverse allusioni, anche se non dettagliamente sviluppate, che ci conducono a ipotizzare e legittimare un concetto "non chiaro" e "incompleto" dell'anima, della neshamàh. Ma (l'avevo premesso) l'ebreo le lascia proprio così,a loro stato embrionale, a livello ipotetico, senza aver la pretesa di creare dei dogmi a riguardo. La Torah, è una legislazioe rivelata, non un sistema di credenze dogmatiche sull'aldilà, poichè i segreti appartengono a Dio (Deut. )e lo Sheol resta il luogo della "domanda".

Erev tov :-)thya





E questo è sicuramente un punto dove si applica la massima che ho appreso da Topsy: " due ebrei, tre opinioni".

Shalom Batyah

P.S.

Come sa di Yah il tuo nick!!!

MARIA


25/04/2008 11:09
 
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Caro cristofer scrivi
“La morte è separazione da Dio”
Come è pensabile che l’uomo creato per amore, unica creatura pensata e creata per essere in dialogo con Dio, possa in un qualsiasi momento trovarsi da Lui separato?
Non sta forse scritto
«Chi crede nel Figlio, ha la vita eterna» (Gv3,15 ss.; 3,36; 5,24).
“Ha” quindi fin da ora, non “avrà”.

Cara Batyah
Seguo con interesse i tuoi interventi. Mai avrei creduto che il mondo ebraico fosse così variegato nelle sue manifestazioni religiose.
Certamente ci sarà pure un punto comune un comune denominatore ( la Torah?) altrimenti non si potrebbe più parlare di Ebraismo.
Cosa puoi dirmi sul dialogo ecumenico con le altre chiese?
Io sono cattolico e so che purtroppo a causa del ripristino della preghiera del venerdì di Pasqua (che non tutte le parrocchie hanno applicato) c’è stata un’interruzione del dialogo.
Grazie per l’eventuale risposta
Pavel
25/04/2008 11:16
 
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Cara Batyah
chiedo scusa solo ora mi accorgo che gli argomenti di cui ti chiedevo sono già affrontati in altre discussioni.
Pavel
25/04/2008 14:48
 
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Re: Re: Re:
damaride, 25/04/2008 11.04:



E questo è sicuramente un punto dove si applica la massima che ho appreso da Topsy: " due ebrei, tre opinioni".

Shalom Batyah

P.S.

Come sa di Yah il tuo nick!!!

MARIA






E'il nome che un midrash assegna alla madre adottiva di Mosè, che sembrerebbe derivare da Bithia figlia del faraone, in 1 Cronache, consorte di Mered della tribù di Giuda :-)

Shalom!
25/04/2008 15:18
 
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Re:
pavel43, 25/04/2008 11.09:



Cara Batyah
Seguo con interesse i tuoi interventi. Mai avrei creduto che il mondo ebraico fosse così variegato nelle sue manifestazioni religiose.
Certamente ci sarà pure un punto comune un comune denominatore ( la Torah?) altrimenti non si potrebbe più parlare di Ebraismo.
Cosa puoi dirmi sul dialogo ecumenico con le altre chiese?
Io sono cattolico e so che purtroppo a causa del ripristino della preghiera del venerdì di Pasqua (che non tutte le parrocchie hanno applicato) c’è stata un’interruzione del dialogo.
Grazie per l’eventuale risposta
Pavel




Si, le difficoltà che una persona estranea al mondo ebraico trova nel penetrare appieno l'ebraismo si trova proprio nella varietà e molteplicità dei suoi aspetti e delle sue forme di espressione :-)


Denominatore comune?
Amare la Torah (Scritta e Orale), osservarne i precetti, mantenersi fedeli al Patto che Dio ha stipulato con Israele,unità assoluta dell'Onnipotente, elezione del popolo ebraico il cui compito è quello di testimoniare il monoteismo etico.
Su altri aspetti dell'ebraismo, come ad es. la questione dell'immortalità o meno dell'anima e dell'Al di là, sul Mondo Futuro in epoca messianica, sui specifici compiti del Messia, ect... l'ebraismo accoglie idee e opinione anche divergenti.



Sul dialogo interreligioso?
Ci si impegna cercando di superare gli ostacoli che inevitabilmente possono rallentarlo. L'ebraismo non fa opera di proselitismo, ma invita l'uomo a collaborare con Dio nel completamento della Creazione, lasciata volutamente incompiuta. In questo modo l’uomo diviene partner, collaboratore di Dio nel perfezionare il mondo secondo un modello ideale che Dio ha stabilito per lui.
Ha kadosh Baruck Hu, richiama l'uomo ad unirsi a Lui nel completare la Sua opera, nell'assistere e guarire i malati, nello sviluppare il proprio potenziale, nel compiere Tzedakà (operare una giustizia sociale retributiva), nel curare la società, nello sviluppare le risorse naturali, nel preservare il mondo e custodirlo...

Spero nel mio piccolo di esserti stata utile :-))))

Shalom alekàh, pavel43
Batyah





25/04/2008 17:43
 
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Cara Batyah

"Spero nel mio piccolo di esserti stata utile"

certo tanto "grande" è la mia ignoranza sull'ebraismo che anche un "piccolo" mattone è per me prezioso.

grazie

Pavel
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