Re: Re: Re: Re:
Mirco, 13/04/2023 20:12:
caro se tu non leggi Romani 2:14-16; non puoi capire che una pecora cristiana sa chi sono i suoi fratelli, CIò avvalorato da quello profetizzato in apocalisse per tali pecore ignare di chi siano i fratelli di Cristo,, poichè se lo fossero, cristiani, sarebbero fratelli tra essi e non estranei , rendendo senza senso tutto l'appalto della parabola che li mette sullo stesso piano delle capre in quanto a disconoscere la fratellanza
condivido che le altre pecore sono quelle cui si doveva predicare in tutte le nazioni matteo 24:14.
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ospite nn tdG
Caro Mirco, tu prendi per assodato che “questi miei minimi fratelli” siano un riferimento ai cristiani o discepoli, ma così non è. Consultando la Bibbia di Gerusalemme ho trovato questa nota:
“ 25,31-46 Questa potente scena drammatica include elementi parabolici (il pastore,
le pecore e i capri), ma non si può minimizzare l'importanza del testo riducendolo
a una semplice parabola; meno ancora lo si può prendere come una descrizione «cinematografica" del giudizio. L’accento del testo è sull'amore del prossimo, valore morale supremo (cf. 22,34-40). L’espressione “questi
miei fratelli più piccoli” (v 40) designa tutti coloro che sono nella necessità, perché la
parola “fratello” non sembra avere qui il senso restrittivo secondo il quale essa indicherebbe
soltanto i missionari cristiani (cf. Enoc 61,8; 62,25; 69,27). Contrariamente all'abitudine
dell'autore, come giudice è presentato il Figlio e non Dio Padre.”
Per me rimane in piedi l’interpretazione che le “pecore” possono essere i discepoli di Cristo, così come lo sono inizialmente coloro che verranno definiti “ capri” perché hanno manifestato un atteggiamento errato rispetto alle pecore.
Questo lo si capisce se teniamo conto le parabole immediatamente precedenti a
tale passo vertono su alcune richieste rivolte ai discepoli: devono essere fedeli (24,45-51), saggi (25,1-13 ) e intraprendenti (25,14-30). In altre parole servono da monito per i discepoli! Di conseguenza anche Matteo 25:31-46 lo si deve piuttosto considerare come una parabola inerente alla responsabilità dei discepoli prima del giudizio finale.