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parousia= venuta?

Ultimo Aggiornamento: 15/04/2020 13:32
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24/01/2010 20:00
 
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Yet another of the central ideas of the oldest
Christian worship receives light from the new texts,^
viz. TTapovaia, " advent, coming,"^ a word expressive
of the most ardent hopes of a St. Paul. We now
may say that the best interpretation of the Primitive
Christian hope of the Parusia is the old Advent text,^
" Behold, thy King cometh unto thee." From the
Ptolemaic period down into the 2nd cent. a.d. we
are able to trace the word in the East as a technical
expression for the arrival or the visit of the king or
the emperor.*
The parusia of the sovereign must
have been something well known even to the people,
as shown by the facts that special payments in kind
and taxes to defray the cost of the parusia were
exacted, that in Greece a new era was reckoned from
the parusia of the Emperor Hadrian, that all over
the world advent-coins were struck after a parusia
of the emperor, and that we are even able to quote
examples of advent-sacrifices.^
In memory of the visit of the Emperor
Nero,* in whose reign St. Paul wrote his letters to
Corinth, the cities of Corinth and Patras struck
advent-coins.^ Adventus Aug{usti) Cor{intki) is the
legend on one, Adventus Augiisfi on the other.
Here we have corresponding to the Greek imrusia
the Latin word advent^ which the Latin Christians
afterwards simply took over, and which is to-day
familiar to every child among us.

da: light from ancient east- adolf deissmann
pag 372,375
Quite closely related to parusia is another cultword,
i-rri^dveia, *' epiphany," "appearing." How
closely the two ideas were connected in the age of
the New Testament is shown by the passage in
2 Thess. ii. 8, already quoted, and by the associated
usage of the Pastoral Epistles, in which " epiphany "
or " appearing " nearly always means the future
parusia of Christ," though once^ it is the parusia
which patristic writers afterwards called "the first."
Equally clear, however, is the witness of an adventcoin
struck by Actium-Nicopolis for Hadrian, with
the legend " Epiphany of Augustus " * ; the Greek
word coincides with the Latin word " advent
"
generally used on coins. The history of this word
" epiphany " goes back into the Hellenistic period,
but I will merely point out the fact, without illustration
: the observation is not new, but the new proofs
available are very abundant.^
pag 378 idem

mi sembra che deissmann sia abbastanza chiaro......
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"O Gesù nazareno, Gesù mio consolatore, Gesù liberatore della mia anima. Gesù mio protettore. Gesù, nome soavissimo sulla mia bocca e su quella di tutti coloro che lo amano."- storia di giuseppe il falegname-
24/01/2010 20:40
 
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mi sembra che deissmann sia abbastanza chiaro......



Si, infatti mi pare che sia quello il possibile senso che la WTS attribuisce a parousia, l'arrivo e presenza di un personaggio regale, nello specifico il re messianico intronizzato.

Shalom
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27/01/2010 17:43
 
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Re:
barnabino, 24/01/2010 20.40:


mi sembra che deissmann sia abbastanza chiaro......



Si, infatti mi pare che sia quello il possibile senso che la WTS attribuisce a parousia, l'arrivo e presenza di un personaggio regale, nello specifico il re messianico intronizzato.

Shalom




sicuro barna?
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27/01/2010 18:20
 
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Mi pare che come possibili definizioni la WTS dice: "Un lessico spiega che nella letteratura greca secolare a volte parousìa è usato a proposito della “visita di un regnante o di un alto funzionario”. (H. G. Liddell e R. Scott, A Greek-English Lexicon, riveduto da H. S. Jones, Oxford, 1968, p. 1343)" oppure "Inoltre, Bauer, p. 630, dichiara che parousìa “divenne il termine ufficiale per la visita di una persona di alto rango, spec[ialmente] di re e imperatori che visitavano una provincia”. In Mt 24:3, come anche in altri versetti quali 1Ts 3:13 e 2Ts 2:1, la parola parousìa si riferisce alla presenza regale di Gesù Cristo da che avvenne la sua intronizzazione come Re negli ultimi giorni di questo sistema di cose".


Shalom

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03/09/2011 19:18
 
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Conoscete qualche testo,non orientato teologicamente,che ne affronti il significato alla luce degli apostoli e dei padri del I secolo?
03/09/2011 20:40
 
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Chi sono i "padri del I secolo"?

Per gli apostoli puoi leggere l'appendice 5B della TNM:


Il sostantivo greco parousìa significa letteralmente “l’essere presso”, essendo l’espressione composta dalla preposizione parà (presso) e da ousìa (“l’essere”). La parola parousìa ricorre 24 volte nelle Scritture Greche Cristiane, cioè in Mt 24:3, 27, 37, 39; 1Co 15:23; 16:17; 2Co 7:6, 7; 10:10; Flp 1:26; 2:12; 1Ts 2:19; 3:13; 4:15; 5:23; 2Ts 2:1, 8, 9; Gc 5:7, 8; 2Pt 1:16; 3:4, 12; 1Gv 2:28. In questi 24 luoghi la Traduzione del Nuovo Mondo rende la parola parousìa “presenza”.

Il relativo verbo pàreimi significa letteralmente “essere presso”. Ricorre 24 volte nelle Scritture Greche Cristiane, cioè in Mt 26:50; Lu 13:1; Gv 7:6; 11:28; At 10:21, 33; 12:20 (nt.); 17:6; 24:19; 1Co 5:3, 3; 2Co 10:2, 11; 11:9; 13:2, 10; Gal 4:18, 20; Col 1:6; Eb 12:11; 13:5; 2Pt 1:9, 12; Ri 17:8. In questi luoghi la Traduzione del Nuovo Mondo rende pàreimi “(esser) presente” o “presentarsi”.
Dal contrasto che si fa tra la presenza e l’assenza di Paolo sia in 2Co 10:10, 11 che in Flp 2:12, il significato di parousìa risulta chiaro. Inoltre, dal paragone della parousìa del Figlio dell’uomo con i “giorni di Noè”, in Mt 24:37-39, risulta evidente che questa parola significa “presenza”.

Il Vocabolario greco-italiano di Lorenzo Rocci, XXVI ed., p. 1441, dà come prima definizione di parousìa la parola italiana presenza. Similmente il GLNT, vol. IX, col. 843, all’intestazione “Il significato generale”, afferma: “παρουσία [parousìa] indica particolarmente la presenza attiva”.

La parola parousìa, “presenza”, è diversa dalla parola greca èleusis, “venuta”, che si trova una sola volta nel testo greco, in At 7:52, nella forma elèuseos (lat. adventu). Le parole parousìa ed èleusis non sono usate scambievolmente. Il GLNT, vol. IX, col. 860, fa notare che “παρουσία [parousìa, come anche pàreimi] non è mai impiegato per indicare la venuta di Cristo nella carne e non significa mai ‘ritorno’. Soltanto nella chiesa antica [non prima di Giustino Martire, II secolo E.V.] si cominciò a parlare di più parusie . . . Una delle premesse indispensabili per comprendere il pensiero protocristiano è che ci si liberi completamente di questa idea [che ci sia più di una parousìa]”.

Riguardo al significato di questa parola, Israel P. Warren, dottore in teologia, scrisse nella sua opera The Parousia (Portland, Maine, USA, 1879), pp. 12-15: “Siamo noi che spesso parliamo del ‘secondo avvento’, della ‘seconda venuta’, ecc., ma le Scritture non parlano mai di una ‘seconda Parusia’. Qualunque dovesse esserne la natura, doveva essere qualcosa di particolare, che non era mai avvenuto prima, e che non sarebbe mai avvenuto di nuovo. Doveva essere una presenza diversa e superiore rispetto a ogni altra manifestazione di se stesso agli uomini, così che sarebbe stato appropriato lasciarla stare a sé, senza alcun epiteto qualificativo diverso dall’articolo: LA PRESENZA.

“Da questo esame della parola risulta evidente, penso, che né la parola inglese ‘venuta’ né quella latina ‘avvento’ siano i termini migliori per rendere l’originale. Essi non si adattano alla sua etimologia; non corrispondono all’idea del verbo da cui essa deriva; né potrebbero appropriatamente sostituire la parola più esatta, ‘presenza’, nei casi in cui i traduttori hanno usato quest’ultima. Neppure l’idea contenuta nella loro radice è la stessa. ‘Venuta’ e ‘avvento’ danno principalmente l’idea di avvicinamento a noi, di moto verso di noi; ‘parusia’ quella di essere con noi, a prescindere da come ciò abbia avuto inizio. Il valore delle prime finisce con l’arrivo; quello di quest’ultima comincia con esso. Quelle sono parole che indicano moto; questa indica stato. L’intervallo di tempo cui si riferisce l’azione delle prime è limitato, può essere istantaneo; quello cui si riferisce quest’ultima è illimitato...

“Se i nostri traduttori avessero fatto con questo termine tecnico ‘parusia’ quello che hanno fatto con ‘baptisma’ — trasferirlo cioè immutato — o se l’avessero tradotto usando il suo esatto equivalente etimologico, presenza, e se fosse stato ben compreso, come lo sarà stato allora, che non esiste una ‘seconda Presenza’, credo che l’intera dottrina sarebbe stata diversa da quella che è ora. Le espressioni ‘secondo avvento’ e ‘seconda venuta’ non si sarebbero mai udite. Alla chiesa sarebbe stato insegnato a parlare della PRESENZA DEL SIGNORE come quella mediante cui sarebbero state realizzate le sue speranze, nel prossimo futuro o nel tempo più lontano, quella sotto la quale il mondo sarebbe stato reso nuovo, sarebbe stata conseguita una risurrezione sia spirituale che corporea, e sarebbero state amministrate giustizia e ricompense eterne”.

Inoltre, Bauer, p. 630, dichiara che parousìa “divenne il termine ufficiale per la visita di una persona di alto rango, spec[ialmente] di re e imperatori che visitavano una provincia”. In Mt 24:3, come anche in altri versetti quali 1Ts 3:13 e 2Ts 2:1, la parola parousìa si riferisce alla presenza regale di Gesù Cristo da che avvenne la sua intronizzazione come Re negli ultimi giorni di questo sistema di cose.
[Modificato da barnabino 03/09/2011 20:41]
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03/09/2011 20:56
 
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Re:
Caro Parigi,

PARIGI23, 03/09/2011 19.18:


Conoscete qualche testo,non orientato teologicamente,che ne affronti il significato alla luce degli apostoli e dei padri del I secolo?



Padri del I secolo non ne esistono. La primitiva ekklesìa cristiana era "edificata sul fondamento degli apostoli e dei profeti" (Efesini 2:20).
Ora, cosa sapevano gli apostoli della parousìa e dell' erchomenon di Cristo? Quel che Cristo stesso aveva detto loro, fornendo un segno della sua parousìa (Matteo 24:3-14), laddove, per l' erchomenon, non sarebbe stato necessario alcun segno di.... riconoscimento (Matteo 24:30).
E' ovvio che la parousìa di Cristo va intesa come un periodo di tempo che precede l' erchomenon di Matteo 24:30 così come la venuta per il giudizio di Matteo 25:31-33.....


[Modificato da Aquila-58 03/09/2011 21:00]
03/09/2011 21:21
 
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Re: Re:
Aquila-58, 03/09/2011 20.56:

Caro Parigi,



Padri del I secolo non ne esistono. La primitiva ekklesìa cristiana era "edificata sul fondamento degli apostoli e dei profeti" (Efesini 2:20).
Ora, cosa sapevano gli apostoli della parousìa e dell' erchomenon di Cristo? Quel che Cristo stesso aveva detto loro, fornendo un segno della sua parousìa (Matteo 24:3-14), laddove, per l' erchomenon, non sarebbe stato necessario alcun segno di.... riconoscimento (Matteo 24:30).
E' ovvio che la parousìa di Cristo va intesa come un periodo di tempo che precede l' erchomenon di Matteo 24:30 così come la venuta per il giudizio di Matteo 25:31-33.....





i discepoli non sapevano che la sua futura presenza sarebbe stata invisibile... chiesero quindi un segno che precedesse o seguisse la Presenza o Venuta?
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03/09/2011 21:27
 
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Re: Re: Re:
porporato, 03/09/2011 21.21:



i discepoli non sapevano che la sua futura presenza sarebbe stata invisibile... chiesero quindi un segno che precedesse o seguisse la Presenza o Venuta?




I discepoli non sapevano nulla, è ovvio. Chiesero un segno della sua parousìa e del termine del "sistema di cose" o "dei secoli" (letterale dal greco). Ma ricevettero la spiegazione di Cristo, che ci fa comprendere che quel periodo chiamato parousìa (che può significare sia presenza che venuta) è un periodo che, evidentemente, precede l' erchomenon di Matteo 24:30 e Matteo 25:31-33...


[Modificato da Aquila-58 03/09/2011 21:35]
03/09/2011 22:41
 
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Re: Re: Re: Re:
Aquila-58, 03/09/2011 21.27:




I discepoli non sapevano nulla, è ovvio. Chiesero un segno della sua parousìa e del termine del "sistema di cose" o "dei secoli" (letterale dal greco). Ma ricevettero la spiegazione di Cristo, che ci fa comprendere che quel periodo chiamato parousìa (che può significare sia presenza che venuta) è un periodo che, evidentemente, precede l' erchomenon di Matteo 24:30 e Matteo 25:31-33...






interessante che Gesù parli del "segno" in 24,30 associandolo quindi all'erchomenon..
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03/09/2011 22:48
 
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Re: Re: Re: Re: Re:
porporato, 03/09/2011 22.41:




interessante che Gesù parli del "segno" in 24,30 associandolo quindi all'erchomenon..



Beh, a seguito di quel segno, "tutte le genti si percuoteranno con lamenti (come mai,mi chiedo?)"....sarà quindi ben visibile, mi pare....nulla di tutto ciò viene detto del segno della parousìa, paragonata, anzi, ai giorni di Noè.....


04/09/2011 11:56
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re:
Aquila-58, 03/09/2011 22.48:



Beh, a seguito di quel segno, "tutte le genti si percuoteranno con lamenti (come mai,mi chiedo?)"....sarà quindi ben visibile, mi pare....nulla di tutto ciò viene detto del segno della parousìa, paragonata, anzi, ai giorni di Noè.....






in tutto il discorso escatologico quindi quali sono i versetti esplicitanti la parusia?
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04/09/2011 12:19
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:
porporato, 04/09/2011 11.56:




in tutto il discorso escatologico quindi quali sono i versetti esplicitanti la parusia?



Direi Matteo 24:3-14 (sia pur in una doppia prospettiva, quella della fine dei secoli, e quella della fine di Gerusalemme e del tempio), e quello di Matteo 24:37-39....per restare al testo matteano, senza andare al testo lucano e al testo marciano che, fondamentalmente, non si occupano della parousìa, ma della fine di Gerusalemme e dell' erchomenon di Cristo...


04/09/2011 19:14
 
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Re:
barnabino, 03/09/2011 20.40:

Chi sono i "padri del I secolo"?

Per gli apostoli puoi leggere l'appendice 5B della TNM:


Il sostantivo greco parousìa significa letteralmente “l’essere presso”, essendo l’espressione composta dalla preposizione parà (presso) e da ousìa (“l’essere”). La parola parousìa ricorre 24 volte nelle Scritture Greche Cristiane, cioè in Mt 24:3, 27, 37, 39; 1Co 15:23; 16:17; 2Co 7:6, 7; 10:10; Flp 1:26; 2:12; 1Ts 2:19; 3:13; 4:15; 5:23; 2Ts 2:1, 8, 9; Gc 5:7, 8; 2Pt 1:16; 3:4, 12; 1Gv 2:28. In questi 24 luoghi la Traduzione del Nuovo Mondo rende la parola parousìa “presenza”.

Il relativo verbo pàreimi significa letteralmente “essere presso”. Ricorre 24 volte nelle Scritture Greche Cristiane, cioè in Mt 26:50; Lu 13:1; Gv 7:6; 11:28; At 10:21, 33; 12:20 (nt.); 17:6; 24:19; 1Co 5:3, 3; 2Co 10:2, 11; 11:9; 13:2, 10; Gal 4:18, 20; Col 1:6; Eb 12:11; 13:5; 2Pt 1:9, 12; Ri 17:8. In questi luoghi la Traduzione del Nuovo Mondo rende pàreimi “(esser) presente” o “presentarsi”.
Dal contrasto che si fa tra la presenza e l’assenza di Paolo sia in 2Co 10:10, 11 che in Flp 2:12, il significato di parousìa risulta chiaro. Inoltre, dal paragone della parousìa del Figlio dell’uomo con i “giorni di Noè”, in Mt 24:37-39, risulta evidente che questa parola significa “presenza”.

Il Vocabolario greco-italiano di Lorenzo Rocci, XXVI ed., p. 1441, dà come prima definizione di parousìa la parola italiana presenza. Similmente il GLNT, vol. IX, col. 843, all’intestazione “Il significato generale”, afferma: “παρουσία [parousìa] indica particolarmente la presenza attiva”.

La parola parousìa, “presenza”, è diversa dalla parola greca èleusis, “venuta”, che si trova una sola volta nel testo greco, in At 7:52, nella forma elèuseos (lat. adventu). Le parole parousìa ed èleusis non sono usate scambievolmente. Il GLNT, vol. IX, col. 860, fa notare che “παρουσία [parousìa, come anche pàreimi] non è mai impiegato per indicare la venuta di Cristo nella carne e non significa mai ‘ritorno’. Soltanto nella chiesa antica [non prima di Giustino Martire, II secolo E.V.] si cominciò a parlare di più parusie . . . Una delle premesse indispensabili per comprendere il pensiero protocristiano è che ci si liberi completamente di questa idea [che ci sia più di una parousìa]”.

Riguardo al significato di questa parola, Israel P. Warren, dottore in teologia, scrisse nella sua opera The Parousia (Portland, Maine, USA, 1879), pp. 12-15: “Siamo noi che spesso parliamo del ‘secondo avvento’, della ‘seconda venuta’, ecc., ma le Scritture non parlano mai di una ‘seconda Parusia’. Qualunque dovesse esserne la natura, doveva essere qualcosa di particolare, che non era mai avvenuto prima, e che non sarebbe mai avvenuto di nuovo. Doveva essere una presenza diversa e superiore rispetto a ogni altra manifestazione di se stesso agli uomini, così che sarebbe stato appropriato lasciarla stare a sé, senza alcun epiteto qualificativo diverso dall’articolo: LA PRESENZA.

“Da questo esame della parola risulta evidente, penso, che né la parola inglese ‘venuta’ né quella latina ‘avvento’ siano i termini migliori per rendere l’originale. Essi non si adattano alla sua etimologia; non corrispondono all’idea del verbo da cui essa deriva; né potrebbero appropriatamente sostituire la parola più esatta, ‘presenza’, nei casi in cui i traduttori hanno usato quest’ultima. Neppure l’idea contenuta nella loro radice è la stessa. ‘Venuta’ e ‘avvento’ danno principalmente l’idea di avvicinamento a noi, di moto verso di noi; ‘parusia’ quella di essere con noi, a prescindere da come ciò abbia avuto inizio. Il valore delle prime finisce con l’arrivo; quello di quest’ultima comincia con esso. Quelle sono parole che indicano moto; questa indica stato. L’intervallo di tempo cui si riferisce l’azione delle prime è limitato, può essere istantaneo; quello cui si riferisce quest’ultima è illimitato...

“Se i nostri traduttori avessero fatto con questo termine tecnico ‘parusia’ quello che hanno fatto con ‘baptisma’ — trasferirlo cioè immutato — o se l’avessero tradotto usando il suo esatto equivalente etimologico, presenza, e se fosse stato ben compreso, come lo sarà stato allora, che non esiste una ‘seconda Presenza’, credo che l’intera dottrina sarebbe stata diversa da quella che è ora. Le espressioni ‘secondo avvento’ e ‘seconda venuta’ non si sarebbero mai udite. Alla chiesa sarebbe stato insegnato a parlare della PRESENZA DEL SIGNORE come quella mediante cui sarebbero state realizzate le sue speranze, nel prossimo futuro o nel tempo più lontano, quella sotto la quale il mondo sarebbe stato reso nuovo, sarebbe stata conseguita una risurrezione sia spirituale che corporea, e sarebbero state amministrate giustizia e ricompense eterne”.

Inoltre, Bauer, p. 630, dichiara che parousìa “divenne il termine ufficiale per la visita di una persona di alto rango, spec[ialmente] di re e imperatori che visitavano una provincia”. In Mt 24:3, come anche in altri versetti quali 1Ts 3:13 e 2Ts 2:1, la parola parousìa si riferisce alla presenza regale di Gesù Cristo da che avvenne la sua intronizzazione come Re negli ultimi giorni di questo sistema di cose.




Grazie, molto interessante[SM=g28002]
Oltre a Warren,di cui non ho trovato libri ma solo siti in inglese,c'è qualche testo in italiano simile?
Per padri intendevo quelli della chiesa cattolica,Ignazio,Papia e soprattutto Policarpo che avendo avuto contatto diretto con gli apostoli avessero lasciato qualche scritto sulla parusia e sul suo significato.
04/09/2011 19:19
 
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Re: Re:
Aquila-58, 03/09/2011 20.56:

Caro Parigi,



Padri del I secolo non ne esistono. La primitiva ekklesìa cristiana era "edificata sul fondamento degli apostoli e dei profeti" (Efesini 2:20).
Ora, cosa sapevano gli apostoli della parousìa e dell' erchomenon di Cristo? Quel che Cristo stesso aveva detto loro, fornendo un segno della sua parousìa (Matteo 24:3-14), laddove, per l' erchomenon, non sarebbe stato necessario alcun segno di.... riconoscimento (Matteo 24:30).
E' ovvio che la parousìa di Cristo va intesa come un periodo di tempo che precede l' erchomenon di Matteo 24:30 così come la venuta per il giudizio di Matteo 25:31-33.....





Domandina [SM=g27985]
Le definizione in greco di parousia ed erchomenon sono le traduzioni più fedele al significato originale dell'aramaico(o ebraico non lo so)usate da Gesù e dai giudei?


04/09/2011 19:34
 
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Re: Re: Re:
PARIGI23, 04/09/2011 19.19:



Domandina [SM=g27985]
Le definizione in greco di parousia ed erchomenon sono le traduzioni più fedele al significato originale dell'aramaico(o ebraico non lo so)usate da Gesù e dai giudei?





Scusa Parigi, ero impegnato e non avevo visto il tuo post.
Erchomenon è forma del verbo greco erchomai, che significa "arrivare, venire", mentre il sostantivo parousìa ha il duplice significato di presenza e di venuta.
Ora, non conosco l' ebraico, per cui non so dirti se i termini greci siano fedeli a quella lingua, immagino di si.....


04/09/2011 19:53
 
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*** w96 15/8 pp. 12-13 Venuta di Gesù o presenza di Gesù? ***
In ebraico
15 Come si è detto, risulta che Matteo abbia scritto il suo Vangelo prima in ebraico. Quale parola ebraica usò dunque in Matteo 24:3, 27, 37, 39? Le versioni di Matteo tradotte in ebraico moderno usano una forma del verbo bohʼ, sia nella domanda degli apostoli che nella risposta di Gesù. La traduzione potrebbe essere: “Quale sarà il segno della tua [bohʼ] e del termine del sistema di cose?” e: “Come furono i giorni di Noè, così sarà la [bohʼ] del Figlio dell’uomo”. Qual è il significato di bohʼ?
16 Pur avendo vari significati, il verbo ebraico bohʼ significa basilarmente “venire”. Il Grande Lessico dell’Antico Testamento dice: ‘Ricorrendo 2532 volte bohʼ è uno dei verbi più usati nell’Antico Testamento ed è il primo di quelli che esprimono un movimento’. (Genesi 7:1, 13; Esodo 12:25; 28:35; 2 Samuele 19:30; 2 Re 10:21; Salmo 65:2; Isaia 1:23; Ezechiele 11:16; Daniele 9:13; Amos 8:11) Se Gesù e gli apostoli avessero usato una parola con una tale vasta gamma di significati, il senso si presterebbe a varie interpretazioni. Ma fu questa la parola che usarono?
17 Tenete presente che le versioni ebraiche moderne sono traduzioni, le quali potrebbero non rispecchiare con esattezza ciò che Matteo scrisse in ebraico. Gesù può benissimo aver usato una parola diversa da bohʼ, una che corrispondesse al senso di parousìa. Lo si comprende da un libro pubblicato nel 1995 dal prof. George Howard sul Vangelo di Matteo in ebraico. (Hebrew Gospel of Matthew) Il libro prende in esame un trattato polemico anticristiano scritto nel XIV secolo dal medico ebreo Shem-Tob ben Isaac Ibn Shaprut. Quest’opera contiene un testo ebraico del Vangelo di Matteo. Si ha motivo di ritenere che, anziché essere una retroversione dal latino o dal greco fatta all’epoca di Shem-Tob, questo testo di Matteo sia molto antico e sia stato scritto sin dall’inizio in ebraico. Potrebbe quindi portarci più vicino a ciò che fu detto sul Monte degli Ulivi.
18 In Matteo 24:3, 27, 39, nel testo di Matteo di Shem-Tob non c’è il verbo bohʼ. C’è il sostantivo affine biʼàh. Nelle Scritture Ebraiche questo sostantivo si trova solo in Ezechiele 8:5, dove significa “ingresso”. Anziché esprimere l’azione del venire, in questo versetto biʼàh si riferisce all’entrata di un edificio: se uno è nell’ingresso o sulla soglia, è nell’edificio. Anche testi religiosi extrabiblici che si trovano fra i Rotoli del Mar Morto spesso usano biʼàh per indicare l’arrivo o l’inizio dei turni sacerdotali. (Vedi 1 Cronache 24:3-19; Luca 1:5, 8, 23). E una traduzione ebraica del 1986 dell’antica Pescitta siriaca (o aramaica) usa biʼàh in Matteo 24:3, 27, 37, 39. Si ha dunque ragione di pensare che anticamente il significato del sostantivo biʼàh potesse essere alquanto diverso da quello del verbo bohʼ usato nella Bibbia. Che importanza ha questo?
19 È possibile che gli apostoli nella loro domanda e Gesù nella sua risposta abbiano usato il sostantivo biʼàh. Anche se gli apostoli avevano in mente solo il futuro arrivo di Gesù Cristo, egli può aver usato biʼàh per includere qualcosa di più ampio di quello che pensavano loro. Gesù potrebbe essersi riferito al suo arrivo per intraprendere un nuovo incarico; il suo arrivo sarebbe stato l’inizio del suo nuovo ruolo. Questo corrisponderebbe al senso di parousìa, termine usato in seguito da Matteo. Come si può comprendere, tale uso di biʼàh sosterrebbe ciò che da tempo insegnano i testimoni di Geova, e cioè che il “segno” composito dato da Gesù sarebbe servito a rendere evidente che egli era presente.
********************************
"O Gesù nazareno, Gesù mio consolatore, Gesù liberatore della mia anima. Gesù mio protettore. Gesù, nome soavissimo sulla mia bocca e su quella di tutti coloro che lo amano."- storia di giuseppe il falegname-
04/09/2011 19:55
 
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Re:
porporato, 04/09/2011 19.53:

*** w96 15/8 pp. 12-13 Venuta di Gesù o presenza di Gesù? ***
In ebraico
15 Come si è detto, risulta che Matteo abbia scritto il suo Vangelo prima in ebraico. Quale parola ebraica usò dunque in Matteo 24:3, 27, 37, 39? Le versioni di Matteo tradotte in ebraico moderno usano una forma del verbo bohʼ, sia nella domanda degli apostoli che nella risposta di Gesù. La traduzione potrebbe essere: “Quale sarà il segno della tua [bohʼ] e del termine del sistema di cose?” e: “Come furono i giorni di Noè, così sarà la [bohʼ] del Figlio dell’uomo”. Qual è il significato di bohʼ?
16 Pur avendo vari significati, il verbo ebraico bohʼ significa basilarmente “venire”. Il Grande Lessico dell’Antico Testamento dice: ‘Ricorrendo 2532 volte bohʼ è uno dei verbi più usati nell’Antico Testamento ed è il primo di quelli che esprimono un movimento’. (Genesi 7:1, 13; Esodo 12:25; 28:35; 2 Samuele 19:30; 2 Re 10:21; Salmo 65:2; Isaia 1:23; Ezechiele 11:16; Daniele 9:13; Amos 8:11) Se Gesù e gli apostoli avessero usato una parola con una tale vasta gamma di significati, il senso si presterebbe a varie interpretazioni. Ma fu questa la parola che usarono?
17 Tenete presente che le versioni ebraiche moderne sono traduzioni, le quali potrebbero non rispecchiare con esattezza ciò che Matteo scrisse in ebraico. Gesù può benissimo aver usato una parola diversa da bohʼ, una che corrispondesse al senso di parousìa. Lo si comprende da un libro pubblicato nel 1995 dal prof. George Howard sul Vangelo di Matteo in ebraico. (Hebrew Gospel of Matthew) Il libro prende in esame un trattato polemico anticristiano scritto nel XIV secolo dal medico ebreo Shem-Tob ben Isaac Ibn Shaprut. Quest’opera contiene un testo ebraico del Vangelo di Matteo. Si ha motivo di ritenere che, anziché essere una retroversione dal latino o dal greco fatta all’epoca di Shem-Tob, questo testo di Matteo sia molto antico e sia stato scritto sin dall’inizio in ebraico. Potrebbe quindi portarci più vicino a ciò che fu detto sul Monte degli Ulivi.
18 In Matteo 24:3, 27, 39, nel testo di Matteo di Shem-Tob non c’è il verbo bohʼ. C’è il sostantivo affine biʼàh. Nelle Scritture Ebraiche questo sostantivo si trova solo in Ezechiele 8:5, dove significa “ingresso”. Anziché esprimere l’azione del venire, in questo versetto biʼàh si riferisce all’entrata di un edificio: se uno è nell’ingresso o sulla soglia, è nell’edificio. Anche testi religiosi extrabiblici che si trovano fra i Rotoli del Mar Morto spesso usano biʼàh per indicare l’arrivo o l’inizio dei turni sacerdotali. (Vedi 1 Cronache 24:3-19; Luca 1:5, 8, 23). E una traduzione ebraica del 1986 dell’antica Pescitta siriaca (o aramaica) usa biʼàh in Matteo 24:3, 27, 37, 39. Si ha dunque ragione di pensare che anticamente il significato del sostantivo biʼàh potesse essere alquanto diverso da quello del verbo bohʼ usato nella Bibbia. Che importanza ha questo?
19 È possibile che gli apostoli nella loro domanda e Gesù nella sua risposta abbiano usato il sostantivo biʼàh. Anche se gli apostoli avevano in mente solo il futuro arrivo di Gesù Cristo, egli può aver usato biʼàh per includere qualcosa di più ampio di quello che pensavano loro. Gesù potrebbe essersi riferito al suo arrivo per intraprendere un nuovo incarico; il suo arrivo sarebbe stato l’inizio del suo nuovo ruolo. Questo corrisponderebbe al senso di parousìa, termine usato in seguito da Matteo. Come si può comprendere, tale uso di biʼàh sosterrebbe ciò che da tempo insegnano i testimoni di Geova, e cioè che il “segno” composito dato da Gesù sarebbe servito a rendere evidente che egli era presente.




Grazie Porporato!


06/09/2011 18:51
 
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Voglio aggiungere, che per la dottrina dei TDG la Parousìa comprende l' Erchomaì, ovvero la "venuta" di Cristo manifestata al mondo tramite il Giudizio. Quindi l'avvento di Cristo è compreso nella Parousìa come atto finale. Ovvero la Parousìa ad un certo punto avrà un' apocalisse alias rivelazione, che si manifesterà con lo svelamento dei figli di Dio (i 144.000) dal Cielo con Gesù e gli angeli per il Giudizio del mondo, in quell'istante il mondo "vedrà" il Ritorno di Cristo e capirà d'essere vissuto durante la Sua Parousìa. Ma fino a quell'istante la Parousìa sarà riconosciuta solo dai fedeli, esattamente come fu il ritorno in Cielo di Cristo a cui assistettero pochi fedeli.
06/09/2011 18:56
 
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E' interessante che di parousìa si parla anche in relazione all' anticristo o uomo dell'illegalità. Questi era già presente ai tempi di Paolo, ma non manifesto. La sua manifestazione sarebbe avvenuta alla scomparsa di chi agiva da restirizione (alias gli apostoli), ma sarebbe stato solo alla Parousìa del Cristo che sarebbe stato "rivelato" e smascherato. Vediamo così che la parousìa dell'Illegale si protae per secoli, eppure questo termine nel secondo capitolo di II Tessalonicesi nelle bibbie della cristianità è tradotto "venuta" in modo improprio, visto che l'illegale già era presente e lo sarebbe stato ancora di più dopo la morte degli apostoli.


(2 Tessalonicesi 2:8-9) .... 9 Ma la presenza dell’illegale è secondo l’operazione di Satana con ogni opera potente, e segni e portenti di menzogna... (TNM)

2Tessalonicesi 2:9

La venuta di quell'empio avrà luogo, per l'azione efficace di Satana, con ogni sorta di opere potenti, di segni e di prodigi bugiardi, (NR)


Ma l'illegale già esisteva!

2Tessalonicesi 2:7

Infatti il mistero dell'empietà è già in atto, soltanto c'è chi ora lo trattiene, finché sia tolto di mezzo.


[Modificato da L' Apostolo 06/09/2011 19:01]
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