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Escatologia dello stato intermedio in Giustino

Ultimo Aggiornamento: 10/08/2010 18:27
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02/08/2010 16:00
 
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PUNTO 3: NON E' L'ANIMA CHE RICEVE L'IMMORTALITA' MA L'UOMO-NEFESH


Falso. Come già detto siccome l’anima non è immortale per natura, se dopo la morte dell’uomo Dio non la sorreggesse tenendola nell’essere, essa si sbriciolerebbe



Dunque come Dio ha il potere di risorgere il corpo ha tranquillamente il potere di annientare temporanealente l'anima, o anche farla "dormire" in uno stato "inconscio", per risorgerla al tempo opportuno. Non c'è alcuna ragione, né viene mai detto da Giustino, che Dio sostenga in ogni caso ed in ogni tempo le anime dei giusti e dei malvagi. E' una tua deduzione.

Quella che Giustino chiama "immortalità" non è mai uno stato dell'anima, ma è sempre uno stato dell'uomo (anima/corpo) che si realizza dopo la prima risurrezione ed il giudizio finale. Tanto la ricompensa che la punizione è data all'uomo nella sua interezza, non all'anima. Per Giustino la prospettiva non è mai quella dell'anima, non è l'anima in sé che non muore, ma è l'uomo. Il problema è da che prospettiva guardiamo il problema, capisci?

Tu insisti sulla centralità della tua prospettiva, cioè che in una propria visione duale Giustino possa ammeettere una "continuità" della vita dell'anima in attesa dalle risurrezione del corpo. Ma dal punto di vista di Giustino questo aspetto è assolutamente marginale, rispetto alla salvezza da lui prospettata, che è quella della vita eterna dell'uomo nella sua concretezza di nefesh, a cui si aggiunge la consapevolezza della parousia immediata, che vi sia uno "stato intermedio" cosciente, incosciente o che addirittura l'anima abbandonata dallo spirito possa essere temporaneamente annientata per tornare all'esistenza alla risurrezione è un fatto del tutto secondario, tanto è vero che viene sviluppato marginalente ed in modo frammentario.


Si può dunque dire che l’anima sia immortale, non nel senso platonico del termine ma nel senso che noi diamo alla parola oggi, cioè che sopravvive alla morte del corpo e non muore mai



Perdomani, ma non è questo il senso che per Giustino ha "immortalità". Quello che avviene nel "luogo migliore" o "peggiore" non è per Giustino "immortalità", proprio perché per Giustino l'anima non è l'uomo. Quella che per Giustino è "immortalità" è qualcosa che non riguarda l'anima di per sé ma riguarda l'uomo nel suo insieme. La sua prospettiva è rivolta all'uomo e non all'anima. Non importa a Giustino quello che accade all'anima, ma quello che accade all'uomo. Il attesa della risurrezione l'anima può anche morire, dormira, essere annientata... non è importante, quello che è importante per Giustino e la prospettiva finale. L'annietamento o il sonno dell'anima, per la prospettiva di Giustino, non pongono alcun ostacolo e non hanno neppure interesse rispetto alla sua visione.


non si vede perché tu continui a parlare del premio della resurrezione e della salvezza dell’uomo tutto illudendoti di dire qualcosa di anti-cattolico o che possa far passare Giustino per poco ortodosso



Guarda che io non sto immaginando di dire nulla di "anti-cattolico". Non capisco come tu ti sia messo in testa che io sia un "anti-cattolico". A me, qui, interessa analizzare il pensiero di Giustino e non farlo passare per ortodosso o eretico. Diciamo che, in tutti i casi, la prospettiva della vita eterna sulla terra per mille anni non è esattamente ortodossa...


Ce n’è traccia invece, eccome. Lo deduciamo dal fatto che se dopo la morte sono già divise tra il luogo migliore e quello peggiore, evidentemente c’è stato già un giudizio



Le informazioni che abbiamo su questo "luogo migliore" e "peggiore" sono piuttosto scarse per dedurlo come fai tu, e Giustino non dice che vi sia già stato un giudizio, anche per questo non abbiamo garanzie su cosa esattamente fosse per Giustino quello stato. Per Giustino il giudizio è sempre collegato alla condanna eterna nel fuoco per i malvagi e all'immortalità per i buoni, ma tale giudizio è successivo al millennio, e non precedente, né dice in alcun modo che Gesù giudicherà i morti immediatamente alla morte, non a caso nega che le "anime siamo assunte in cielo subito dopo la morte", proprio perché prima deve precedere il millennio e la risurrezione, che non vi era ancora stata per Giustino.


Se dunque non hanno combinato più niente dopo che sono morte, perché mai Dio dovrebbe cambiare giudizio su di loro



Perché per Giustino non possono essere la "anime" ad essere giudicate, ma l'uomo nel suo insieme. E' l'uomo che si pente, si converte, che pecca e soffre e non l'anima, dunque è tutto l'uomo che in questa prospettiva deve essere giudicato. E tale giudizio è fissato, appunto, dopo la risurrezione, non prima.


L’unica cosa certa di quella citazione è che dice che non sono cristiani quelli che dicono che l’anima va in cielo ma non credono alla resurrezione



La citazione è chiaramente leggibile nei due modi, come un aut-aut e come un et-et. Per Vaccaro, Dunnett e Cullmann (il più grande teologo protestante) vi è un'opposizione tra le due prospettive: o si crede nella risurrezione della carne, e dunque alla prospettiva di vita sulla terra oppure all'anima che dopo la morte è assunta in cielo, ovvero alla presenza di Dio in uno stato di beatitudine.


Cosa pensasse dei cristiani che credono sia che l’anima va in cielo sia alla resurrezione non c’è dato saperlo



Il problema è che a leggere il suo testo le due prospettive sembrano inconciliabili: egli finisce il capitolo non correggendo quella prospettiva spiegando che quella celeste è solo una prospettiva temporanea, ma ribadendo che è sulla terra, a Gerusalemme, che risorgeranno i morti, presupponiamo i santi.

Shalom


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