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Escatologia dello stato intermedio in Giustino

Ultimo Aggiornamento: 10/08/2010 18:27
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04/08/2010 16:37
 
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Pars secunda


“Non c'è alcun problema metafisico, semplicemente Giustino non sostiene da nessun parte il processo inverso, ovvero che al momento della risurrezione l'anima riprenda il corpo,”



Come già detto questo tuo modo di argomentare è il modo migliore per crocifiggere tutto il resto del tuo impianto argomentativo. Se infatti dovessimo scartare tutto ciò che non è affermato esplicitamente allora varrà la pena di sbarazzarci di alcune tue imbarazzanti teorie che non sono esplicitate da nessuna parte, tra cui:
1)La teoria, che sembri aver abbandonato tant’era ridicola, che appena prima di far risorgere un uomo Dio annienti la sua anima che sopravviveva disincarnata.
2)Si può anche cestinare la teoria, per altro già demolita, che il “luogo migliore” si riferisca al millennio.
Comunque, come già detto, non è di nessuna rilevanza che Giustino non dica da nessuna parte “l’anima si riprende il corpo”, quello che basta infatti a sbugiardare l’articolo citato dalla WTS è stabilire che uno stato intermedio dove l’anima disincarnata esiste ci sia. Prima c’è l’anima da sola, poi c’è l’anima col corpo (si badi, ancora presentati come una dualità dopo la resurrezione). In che modo avvenga questa resurrezione è irrilevante ai fini di stabilire il fatto che il teologo anglicano sbaglia a negare che esista uno stato intermedio, e che in questo stato l’anima sia cosciente. Prima c’è solo “A”, poi c’è “A+B”, se qualcuno vuole confutarsi la vita negando l’evidenza, e mettendosi a puntualizzare che non c’è alcuna prova che la “A” da sola sia la stessa “A” presente in “A+B” noi gli risponderemo con un: “quod gratis adfirmatur, gratis negatur”. Quello che rimarrà certo è che prima c’è l’anima da sola, poi c’è l’anima più il corpo. Il perché le due anime non dovrebbero coincidere sta solo nella mente contorta di Barnabino, che deve postulare una non necessaria distruzione della prima “A”, e una ricreazione di questa “A” che prima era stata tenuta in vita, inutilmente a quanto pare.


“semmai parla de "i morti e sepolti".”



Frase che, di per sé, non implica assolutamente nulla, perché non c’è nulla di sbagliato neppure in prospettiva cattolica ad usare questo linguaggio, e un giro su Google basta per sincerarsene.


“Le parole di Giustino anche altrove non fanno alcun accenno alla risurrezione come "ricongiungimento" dell'anima al corpo, anche perché nella prospettiva milennaristica il giudizio definitivo ed eterno e la risurrezione generale (la seconda risurrezione) avverrà alla fine dei mille anni. “



E allora? Mi pare di capire leggendo Giustino che le anime dei giusti e dei malvagi attendono la resurrezione fino alla fine del millennio, giacché all’inizio del millennio i giusti non sono risuscitati, bensì vive sulla terra solo chi sopravvivrà ad Armagheddon, cioè coloro che saranno stati trovati meritevoli di sopravvivere allorquando arriverà Cristo. E che i giusti morti prima di Armagheddon, dunque non più vivi al momento del ritorno di Cristo, non risorgano prima della fine del millennio, è mostrato dal fatto che si parla di una resurrezione di tutti solo alla fine di questo periodo di tempo, dunque fino ad allora avevano abitato sulla terra solo coloro che erano sopravvissuti alla parusia: “coloro che credono nel nostro Cristo avrebbero trascorso mille anni a Gerusalemme, dopo che ci sarà la resurrezione generale e, in una parola, eterna, indistintamente per tutti, e quindi il giudizio”(Dial 81,4)
Oppure, si può dare un’altra lettura, e dire che solo i santi risorgeranno all’inizio del millennio, mentre le anime buone di cui parla 5,3, che soggiornano in un luogo migliore, ma che non conobbero Cristo, risorgeranno nella resurrezione generale alla fine del millennio di cui si parla in Dial 81,4.


“Dunque molto delle dichiarazioni di Giustino sono da valutare in base alla sua idea generale, ben diversa dallo schema "ortosso" che tu presenti”



Cosa ci sia di poco ortodosso nell’idea di un giudizio finale dopo la resurrezione non mi è dato ancora di capirlo. L’unica cosa non abituale rispetto alla teologia cattolica attuale, ma neppure eretica, è l’idea del millennio, che resta una mera opinione teologica, oggi come allora, che Giustino stesso considera inessenziale alla fede. Attualmente la Chiesa Cattolica non considera l’idea di un millennio felice eretica, altrimenti avrebbe dovuto dare degli eretici a moltissimi Padri. Tuttavia il millenarismo s’è presentato nella storia della teologia cattolica non forme molto diverse, e non tutte sono ugualmente lecite. Per una rassegna delle posizioni lecite e di quelle non lecite ci si potrà utilmente rifare al “Decretum de millenarismo” promulgato dal Sant’Uffizio il 19 luglio 1944. In esso si condanna quello che viene definito “millenarismo materiale”, cioè l’idea che questo millennio sia un’epoca godereccia di piaceri fisici, una specie di paradiso musulmano. Il Decreto del Sant’Uffizio dunque si limita a dire: ““Che cosa si deve pensare del Millenarismo mitigato, secondo il quale Cristo dovrà venire, prima del finale giudizio, per regnare visibilmente sulla terra? Risposta: Il sistema del Millenarismo mitigato non può essere insegnato con sicurezza “ (Denzinger n. 3839)


“Io infatti preferisco concludere con un non liquet perché di fatto sono possibili entrambe le soluzioni. “



La tua soluzione tuttavia sarebbe occamicamente da scartare perché postula un passaggio in più non necessario, cioè che si passi per la distruzione di quest’anima disincarnata, per poi creare di nuovo un’altra anima unita al corpo. Questo, oltre che del tutto inutile, crea un passaggio intermedio non necessario: quello che abbiamo, come ripeto, è che prima c’è “A”, poi c’è “A+B”, il perché non debba trattarsi della stessa “A” in entrambi i momenti non è dato saperlo.
Inoltre quest’idea, oltre che non necessaria, è bocciata dal testo stesso. Infatti avevo scritto questa prova testuale, che non ti sei degnato di commentare:
“Per di più questa teoria di uno stato intermedio di dissoluzione temporanea contraddice Dial 5,3 dove si dice esplicitamente che le anime dei morti attendono il giudizio. “Allora credo che le anime degli uomini pii soggiornino in un luogo migliore e quelle giuste in luogo peggiore, attendendo il momento del giudizio.”.
Se dice che le anime “attendono”(ἐκδεχομένας) la resurrezione, allora significa che sono quelle stesse anime che prima erano senza corpo che poi ce l’avranno, nella resurrezione. Inoltre, il testo prosegue dicendo: “Allora credo che le anime degli uomini pii soggiornino in un luogo migliore e quelle dei malvagi in uno peggiore, aspettando il momento del giudizio. Allora quelle (οὕτως αἱ μέν) che risulteranno degne di Dio non moriranno più, le altre invece saranno punite per il tempo che Dio vorrà che vivano e siano punite”. (Dial 5,3)
Quel αἱ (tradotto con “quelle”) dimostra che le anime che verranno giudicate e sopravvivranno sono le stese anime che attendevano la resurrezione nei due luoghi, di cui parlava nella frase prima, infatti quell’ αἱ richiama e si riferisce grammaticalmente alle psychai della frase prima. Abbiamo dunque anche una conferma grammaticale dell’infondatezza della tua superflua teoria della dissoluzione intermedia. Onde non ti venga la tentazione di svincolare ricordo a tutti i lettori che la frase, riferita alle anime malvagie “le altre invece saranno punite per il tempo che Dio vorrà che vivano e siano punite”, non implica che Dio si stancherà mai di volere che queste anime vivano e siano punite. Questa è una mera possibilità teorica, del tutto ortodossa, che il vegliardo dice contra platonicos, cioè ribadisce che queste anime staranno in vita solo finché Dio vorrà. Ma non si dice che Dio smetterà mai di volere che esse sopravvivano. Anzi, sappiamo da altri passi di Giustino che, fatta salva la possibilità teorica per Dio di annientale, l’apologeta ritiene tuttavia che sia nei piani di Dio che queste anime insieme ai loro corpi patiscano in eterno. Scrive infatti Giustino nell’Apologia: “Platone, analogamente, sosteneva che Radamante e Minosse condanneranno gli ingiusti giunti dinnanzi a loro; noi diciamo che questo giudizio ci sarà, ma che verrà dato da Cristo, e che essi, con le anime unite ai corpi, saranno condannati alla dannazione eterna (αἰωνίαν κόλασιν), e non solo per un periodo di mille anni, come invece lui diceva”. (I Apol VIII, 4, tr. Girgenti)
La contrapposizione tra “dannazione eterna” e il “non solo di mille anni” platonico, mostra che per Giustino αἰωνίαν κόλασιν si riferisca ad una punizione di durata infinita nel tempo. E si noti che poi dice “noi diciamo”, come se si facesse portavoce non del suo pensiero ma di quello dei cristiani.”

Dunque l’anima è punita eternamente, prima da sola, poi insieme al corpo.


“Non sappiamo se per Giustino anche l'anima deve essere annientata temporaneamente e risorgere quando quelli "morti e sottoterra" riprenderanno il corpo.”



Ma come già detto, se anche dovessimo fantasticare e pensare che fosse così, cioè che l’anima sia stata annientata appena prima che la persona risorga, ciononostante avrebbe vissuto nel frattempo, cioè dalla morte del corpo alla dissoluzione temporanea appena prima della risurrezione. La tua teoria dell’anima annichilita prima della risurrezione non riesce a cancellare il fatto che prima di essere annichilita essa sia sopravvissuta attendendo la resurrezione in quel luogo migliore o peggiore. Dunque questa teoria non riesce a salvare le affermazioni errate del teologo anglicano.
Per di più, se le anime vengono annichilite, anche quelle dei buoni, prima della resurrezione generale, diviene falsa l’affermazione del vegliardo secondo cui “non dico che tutte le anime muoiano” (Dial 5,3), giacché secondo te invece morirebbero invece tutte, prima della resurrezione generale! Contraddizioni su contraddizioni, quando invece la mia lettura di Giustino fila liscia come l’olio e non deve, a differenza di quello che fai tu, dimenticarsi opportunamente i passi che non fanno comodo.


“Certo Dunnett non parla esplicitamente dela morte come "inesistenza" ma semmai come sonno e stato inconscio”



Il che è la stessa cosa, perché se l’anima è la coscienza disincarnata, allora “l’assenza di coscienza dell’anima” è come dire “il triangolo che non ha angoli”. Inoltre, che sia uno stato inconscio, per l’ennesima volta, è decisamente negato da Giustino il quale dice che anche dopo la morte l’anima “mantiene le sue facoltà sensitive”.

Bada a quello che scrivi, perché se dici che Atenagora credeva all’immortalità dell’anima, e tuttavia la concepiva come dormiente, allora stai dicendo che non è incompatibile come concetto l’immortalità dell’anima e il sonno dell’anima. Ma se così fosse cadrebbe l’argomentazione di Dunnet esattamente come la tua circa Giustino, perché tu ti sforzi di dimostrare che Giustino non crede all’immortalità dell’anima, e dunque la WTS l’abbia definito bene, proprio cercando di dimostrare che credeva che le anime andassero in un sonno. Ma se credere che le anime dormono non esclude l’immortalità dell’anima, se ne deve concludere che questa tua difesa della WTS sia fallimentare.
Ma veniamo ad Atenagora. Ma sei capace quando citi qualcuno di mettere delle coordinate? Perché vedi, ci sono modi ortodossi e non ortodossi per parlare di “sonno dei morti”, ma se non so a che cosa ti riferisci, come faccio a capirlo? Il punto è che anche negli autori che credono che l’anima sia ben cosciente si può trovare l’espressione secondo cui i morti dormono, ma questo non perché essi siano convinti che l’anima sia incosciente, bensì perché è una metafora antica come il mondo paragonare il sonno alla morte in quanto i cadaveri hanno gli occhi chiusi e sembra dunque che siano persone che dormono. Non c’è nulla di strano nel trovare in uno scritto cattolico l’espressione metaforica “i morti dormono”, la Bibbia stessa infatti la usa "E se Cristo non è risuscitato, vana è la vostra fede; voi siete ancora nei vostri peccati. Anche quelli che dormono in Cristo, son dunque periti" (1 Cor 15,17-18); Che i morti “dormano” è una frase talmente proverbiale ed ortodossa che la si potrà trovare persino nel Catechismo del Concilio di Trento (par. I art. 11, n. 130)
La metafora della morte come sonno è trasversale a tutte le culture, anche a quelle immortaliste come i greci. Essa non deriva dal fatto che le anime dormano e dunque siano incoscienti, ma dal fatto che il cadavere di un morto assomiglia ad un uomo che dorme, perché ha gli occhi serrati.


“Che i due insiemi coincidano o meno poco importa: Giustino non fa alcun accenno alle "anime" che si trovano in un "luogo migliore" o "peggiore", né che sono addirittura sono già in "cielo" o "nel seno di Abraamo" e tornano sulla terra per riprendersi i corpi.”



Alle anime che stanno “un luogo migliore” Giustino fa riferimento altrove, non si vede perché si debba pretendere che Giustino faccia riferimento all’interezza di tutto quello che crede in ciascun punto dei suoi scritti: sarebbe pura utopia. Giustino va interpretato sulla base di Giustino, dunque sulla base di quello che scrive anche altrove. Che le anime stiano in attesa della resurrezione in un posto migliore Giustino lo dice in Dial 5,3, che invece queste anime vengano annichilite prime della resurrezione è una tua fantasia mai espressa in nessun luogo.
Tra l’altro non è per nulla senza importanza che Giustino dice “i morti e coloro che sono sotto terra”, perché potrebbe essere anche qui un indizio lessicale che non tutti i morti sono sotto terra, bensì alcuni, essendosi decomposto il loro cadavere, sono presenti solo in anima altrove, in quel “luogo migliore” o “luogo peggiore”.
Comunque, tutto ciò che dice questo passo è che i morti si riprendono il loro corpo. Non si può né dedurne che sono le anime né dedurne che non sono le anime a riprendersi i corpi, perché la frase resterebbe vera in entrambi i casi.


“'immagine è dei morti che si trovano in uno stato di incoscienza”



Temo di essermi perso dove sarebbe scritto o sarebbe deducibile la parte secondo cui “si trovano in uno stato di incoscienza”. Ma mi prendi per i fondelli?


“non di anime che decidono di riprendersi il corpo una volta che Dio lo ha ricostituito. “



Veramente io non ho mi sono mai sognato di dire che il riprendersi il corpo sia causato da una decisione delle anime stesse, e non dalla volontà di Dio. Inoltre “riprendersi il corpo”, è un’espressione metaforica che io sto usando, per sostenere che se Giustino parla di “riprendersi i corpi” allora c’è qualcosa che pre-esiste al corpo che se lo riprende, ma questa è solo une façon de parler che testimonierebbe la sopravvivenza dell’anima, e non una descrizione metafisicamente corretta di come questo processo avvenga. Secondo la teologia cattolica infatti non è che Dio ricrei prima il corpo, e poi l’anima se lo riprenda. Dio non resuscita prima il corpo, e poi l’anima gli viene aggiunta, ma il corpo che viene resuscitato nel suo ricostituirsi è da subito unito alla sua anima che lo “informa”. Forse Giustino dunque è un metafisico più raffinato di quello che credevo e non parla di anime che si riprende il corpo perché in effetti non esiste un momento in cui ci sia un corpo risorto in cui questo corpo non abbia la sua anima, e dunque “l’anima si riprende il corpo” sarebbe solo un modo di dire colloquiale.


“Dunque come Dio ha il potere di risorgere il corpo ha tranquillamente il potere di annientare temporanealente l'anima, o anche farla "dormire" in uno stato "inconscio", per risorgerla al tempo opportuno.”



Che Dio possa teoricamente annichilire un’anima, per l’ennesima volta, non è nulla di eterodosso, ma è una possibilità teorica che anche il cattolicesimo contemporaneo accetta. Il problema se Dio possa fare questa cosa, perché ovviamente può fare tutto, anche far sì che Roma non sia mai stata, bensì il problema è se Dio vorrà mai fare una cosa del genere. Comunque il tuo è un patetico tentativo di sviare la risposta che ti ho dato. Avevi sostenuto che “l'immortalità è concessa per grazia non all'anima soltanto, ma all'uomo, visto come insieme di anima e spirito”, al che io ti ho risposto che non è vero, e che già prima della resurrezione l’anima è sorretta dalla grazia, infatti come dice Giustino mantiene le facoltà sensitive e soggiorna in un luogo migliore. Se Dio non sostenesse l’anima anche in questa fase, essa si annichilirebbe da sola, visto che non è immortale per natura. Dunque questo tuo accenno al fatto che Dio può tranquillamente annientare le anime se volesse, non cambia che sei stato confutato, e cioè che l’anima già prima della resurrezione viene sorretta dalla grazia di Dio che continua a farla vivere. La tua risposta è un patetico tentativo di cambiare argomento e di non rispondere alla precisazione che ti è stata fatta.


“ Non c'è alcuna ragione, né viene mai detto da Giustino, che Dio sostenga in ogni caso ed in ogni tempo le anime dei giusti e dei malvagi. E' una tua deduzione.”



Non è una mia deduzione, essa deriva semplicemente dal fatto che si dice che le anime soggiornano in questi due luoghi in attesa del giudizio finale, e che non sta scritto da nessuna parte che vengano annichilite prima della resurrezione dell’uomo. Se non c’è scritto che vengono annichilite, io non posso inventarmelo, e dunque devo limitarmi a leggere quello che c’è scritto, e cioè: “Credo che le anime degli uomini pii soggiornino in un luogo migliore e quelle ingiuste e malvagie in un luogo peggiore, in attesta del momento del giudizio.” (Dial 5,3)
Non posso dimostrare che non avviene qualcosa che non c’è scritto, ma deliri? Se non c’è scritto, si respinge a priori come gratuito. Sei tu semmai che devi dimostrare che questo testo del tutto lineare potrebbe celare il fatto che queste anime saranno distrutte.
Tra l’altro questo è smentito dal fatto grammaticale prima menzionato, e cioè dal fatto che la frase dopo prosegue dicendo “allora, quelle (i.e. cioè le anime di prima) che risulteranno degne di Dio non moriranno più, le altre invece saranno punite per il tempo che dio vorrà vivano e siano punite”. Quel “quelle”, in greco “αἱ”, richiama ciò che è nominato prima, ed indica che saranno le anime di cui s’è parlato sopra, cioè quelle che stavano in un luogo migliore o peggiore, a non morire, e dunque ad essere insieme al corpo risorto.
Le “deduzioni” che tu mi accusi di fare sono tutte tue, anzi, non sono deduzioni, perché non l’hai dedotto da nessuna premessa che l’anima sarà annichilita, è una mera ipotesi ad hoc basata sul nulla per tentare, inutilmente, di salvare il tuo teorema difettoso. Da dove si deriverebbe infatti, da quale indizio, che le anime disincarnate vengono annichilite prima della resurrezione? Io mi limito a leggere quello che c’è scritto, cioè che ci sono delle anime, che mantengono la sensibilità, che stanno in due luoghi diversi a seconda che siano state pie o malvagie, e che colà attendono il Giudizio Finale. Che bisogna ci sia di incasinare una cosa tanto semplice e lineare è presto spiegato: non ti interessa nulla la verità, e tu stesso ti rendi conto di non possederla, tutto ciò che conta è continuare a replicare, sperando di prendere l’avversario per sfinimento. Per tua immensa sfortuna non ho nulla da fare per circa tre mesi, e dunque continuerò a risponderti a suon di trenta pagine alla volta finché non desisterai dall’importunarmi con le tue ridicole spiegazioni ad hoc che tu stesso sai essere infondate.


“Quella che Giustino chiama "immortalità" non è mai uno stato dell'anima, ma è sempre uno stato dell'uomo (anima/corpo) che si realizza dopo la prima risurrezione ed il giudizio finale.”



Abbiamo già concordato che se intendiamo “immortalità” nel senso che a questo termine gà giustino, cioè immortalità per natura, allora questa non appartiene all’anima, che non è immortale per natura. Tuttavia non era questo che chiedeva la lettrice, che non voleva affatto sapere se per Giustino l’anima fosse immortale “per natura”, ma solo se per Giustino l’anima sopravvivesse alla morte del corpo. Come già detto, siccome con “immortalità dell’anima” oggi non si intende l’immortalità per natura, ma banalmente il fatto che l’anima sopravviva alla morte del corpo, allora Giustino crede all’immortalità dell’anima nel senso contemperaneo del termine (che non ha necessariamente implicazioni platoniche), mentre non è immortalista nel senso platonico, cioè l’anima non è immortale di per sé. In questo senso anche Girgenti scrive che l’anima per Giustino diviene immortale: “L’anima non è naturalmente immortale, ma lo diviene per volontà divina, gratuitamente” (Girgenti, op. cit. p. 127)
Quindi, nessuno scandalo e nessuna scorrettezza nel dire che l’anima è immortale, qualora con questo termine si intenda quello che si intende oggi, cioè che l’anima sopravvive alla morte del corpo (senza necessariamente specificare il come). Possiamo dire immortale l’anima di Giustino perché non muore e Dio la tiene nell’essere fino al momento del giudizio. Compreso?


“ Tanto la ricompensa che la punizione è data all'uomo nella sua interezza, non all'anima.”



Sbagliato, è data sia all’uomo nella sua interezza, sia prima all’anima, infatti sta scritto che nel anime malvagie soggiornano in un luogo peggiore rispetto a quelle oneste in attesa del giudizio. E se questa non è una punizione, come la chiami?


“Per Giustino la prospettiva non è mai quella dell'anima, non è l'anima in sé che non muore, ma è l'uomo. “



Sbagliato ancora: Giustino dice chiaramente che dopo la morte l’anima mantiene le sue facoltà sensitive. Dunque l’anima resta viva anche al morire dell’uomo, finché Dio non toglie il respiro vitale dall’anima. Questo procedimento è chiaramente descritto da Giustino: quando muore il corpo e l’anima lo lascia, non c’è più l’uomo (che è un composto), mentre l’anima muore solo quando Dio le leva lo spirito vivificante:
“Ma come non è proprio dell'uomo vivere per sempre, e come il corpo non rimane sempre unito all'anima ma, quando viene il momento di sciogliere questa armonia, l'anima lascia il corpo (καταλέιπει ἡ ψυχὴ τὸ σῶμα), e non c'è più l'uomo, allo stesso modo, quando l'anima non deve più esistere, si separa da lei lo spirito vivificante e non c'è più l'anima, che invero ritorna dove era stata tratta." (Dial VI, 2)
Dunque Giustino descrive l’anima che lascia il corpo, e tuttavia continua ad esistere. La morte dell’anima e la morte dell’uomo sono cose diverse.


“Il problema è da che prospettiva guardiamo il problema, capisci? “



La mia prospettiva è quella che rende conto di tutti i testi, la tua quella che inventa cose mai dette e ne tralascia parecchi.


“Tu insisti sulla centralità della tua prospettiva, cioè che in una propria visione duale Giustino possa ammeettere una "continuità" della vita dell'anima in attesa dalle risurrezione del corpo. Ma dal punto di vista di Giustino questo aspetto è assolutamente marginale, rispetto alla salvezza da lui prospettata, che è quella della vita eterna dell'uomo nella sua concretezza di nefesh, “



Non mi interessa discutere se sia marginale o meno, ma se esista. Mi basta questo per sbugiardate il patetico articolo della WT.
Inoltre, quella che tu chiami “la vita eterna dell’uomo nella sua concretezza di nefesh”, è ancora in realtà una visione duale, perché psychè neppure dopo la risurrezione viene a coincidere con nefesh, giacché Giustino dice che l’uomo sarà giudicato in “con le anime unite ai corpi” [σώμασι μετὰ τῶν ψυχὼν], e dunque neppure dopo la morte psyche indica tutta la persona, ma solo l’anima.


“che vi sia uno "stato intermedio" cosciente, incosciente o che addirittura l'anima abbandonata dallo spirito possa essere temporaneamente annientata per tornare all'esistenza alla risurrezione è un fatto del tutto secondario”



E allora? Invece di discutere se è secondario, discutiamo in cosa consiste, perché che sia secondario non è una cosa che mi interessi negare, visto che è così anche nella teologia cattolica attuale. Giustino si mostra del tutto ortodosso anche in questo caso.


“Perdomani, ma non è questo il senso che per Giustino ha "immortalità". Quello che avviene nel "luogo migliore" o "peggiore" non è per Giustino "immortalità", proprio perché per Giustino l'anima non è l'uomo”



Ma io non sto discutendo se Giustino avrebbe chiamato questo stato intermedio “immortalità”, ma se Giustino credesse o meno a quella che noi chiamiamo “immortalità dell’anima”, cioè la dottrina che si limita a dire che le anime sopravvivono alla morte del corpo (questo voleva sapere la lettrice, e questo significa immortalità oggi, giacché il termine non ha necessariamente il senso di “immortalità per natura” more platonico). Ho già detto che sono del tutto concorde nel dire che Giustino non avrebbe chiamato questo stato “immortalità”, ma la cosa è del tutto irrilevante al pari di chi dica che Cristoforo Colombo non avrebbe mai chiamato il continente dove approdò “America”. Quello che ci interessa non è se nel lessico di quest’autore il termine America si applicasse a quel continente, ma se quella che noi chiamiamo oggi America è dove sbarcò colombo. Ora, l’articolo di questo teologo inglese non vuole negare che Giustino sia un’immortalista alla maniera platonica, ma vuole negare che sia un immortalista tout court, giacché sostiene che per Giustino esisterebbe solo la risurrezione e nel mezzo il nulla dell’incoscienza. La domanda è: è così? No. Giustino credeva alla sopravvivenza di un’anima disincarnata. Era dunque, secondo il significato che noi oggi diamo alla parola immortalista, un immortalista.


“Non importa a Giustino quello che accade all'anima, ma quello che accade all'uomo. Il attesa della risurrezione l'anima può anche morire, dormira, essere annientata... non è importante, quello che è importante per Giustino e la prospettiva final”



Qui non sono d’accordo. Che sia un problema secondario non implica che “non sia importante” (questo non lo dice), né implica che una prospettiva valga quanto l’altra.


“L'annietamento o il sonno dell'anima, per la prospettiva di Giustino, non pongono alcun ostacolo e non hanno neppure interesse rispetto alla sua visione. “



La visione di Giustino è che prima della morte le anime mantengano le loro facoltà sensitive, dunque le dottrine che tu elenchi sono eccome un ostacolo.


“ A me, qui, interessa analizzare il pensiero di Giustino e non farlo passare per ortodosso o eretico. Diciamo che, in tutti i casi, la prospettiva della vita eterna sulla terra per mille anni non è esattamente ortodossa... “



Ma davvero? E da dove l’avresti evinto? TI illudi forse che la Chiesa abbia condannato il millenarismo? Ma neanche per idea. Vedi sopra.
Inoltre io non stavo parlando, nella frase da te quotata, del millenarismo, ma del fatto che tu continui a portare passi in cui si parla di un giudizio dopo la resurrezione come se potessero, ipso facto, avere come logica conseguenza che non c’è un giudizio dell’anima subito dopo la morte. Al che io ho chiesto: perché mai le due cose si dovrebbero escludere visto che noi cattolici siamo la prova lampante che le due cose possono stare assieme, giacché insegniamo che ad un Giudizio particolare ne seguirà uno universale dopo la resurrezione?


“Le informazioni che abbiamo su questo "luogo migliore" e "peggiore" sono piuttosto scarse per dedurlo come fai tu, e Giustino non dice che vi sia già stato un giudizio, anche per questo non abbiamo garanzie su cosa esattamente fosse per Giustino quello stato. Per Giustino il giudizio è sempre collegato alla condanna eterna nel fuoco per i malvagi e all'immortalità per i buoni, ma tale giudizio è successivo al millennio, e non precedente, né dice in alcun modo che Gesù giudicherà i morti immediatamente alla mort”



Che non giudichi le anime immediatamente dopo la morte è impossibile. Infatti, se non le avesse giudicate, con che criterio avrebbe mandato le une in un luogo migliore le altre in uno peggiore? E perché chiama le une “pie” mentre le altre “malvagie e ingiuste”? Com’è possibile che assegni ai due luoghi senza valutare la vita di queste anime? Assegna a caso con una roulette? Vuol dire che Hitler potrebbe finire a caso nel luogo migliore e San Francesco d’Assisi nel luogo peggiore?


“Per Giustino il giudizio è sempre collegato alla condanna eterna nel fuoco per i malvagi e all'immortalità per i buoni”



Incredibile come tu continui imperterrito a ripetere e a dare per scontate quelle che invece dovrebbero essere le cose che devi dimostrare, e che anzi, sono già state dal sottoscritto smascherate come false. Come già detto il fatto che le anime siano divise in due luoghi, uno peggiore ed uno migliore, ed il fatto che le prime siano dette ingiuste mentre le prime pie ed oneste, è già di per sé la prova, se c’è stata questa spartizione, che Dio le abbia giudicate. Il giudizio finale invece, a differenza di quello particolare, è un giudizio in cui ciascun anima, riunita al suo corpo, e dunque ciascun uomo, è giudicato davanti a tutto il mondo risorto.


“ non a caso nega che le "anime siamo assunte in cielo subito dopo la morte",”



Nella tua pia fantasia… Il testo non dice nulla di questo, ma afferma semplicemente che non sono cristiani coloro che dicono che le anime sono assunte in cielo ed insieme negano la resurrezione.


“proprio perché prima deve precedere il millennio e la risurrezione”



Altre affermazioni gratuite che non esistono nei testi di Giustino, e anzi, sono categoricamente smentite da Dial 5,3.


“Perché per Giustino non possono essere la "anime" ad essere giudicate, ma l'uomo nel suo insieme. E' l'uomo che si pente, si converte, che pecca e soffre e non l'anima, dunque è tutto l'uomo che in questa prospettiva deve essere giudicato”



Io non nego che sia anche tutto l’uomo a dover essere giudicato, tuttavia siccome non ha peccato solo l’uomo tutto, ma in una prospettiva duale anche l’anima di quell’uomo, può benissimo esistere un giudizio particolare a cui ne segue uno universale dove è giudicato l’uomo tutto. Se per Giustino, nella tua fantasia, non potessero essere giudicate le anime, allora mi spieghi in base a che cosa avverrebbe la ripartizione tra i due luoghi in attesa della resurrezione, e perché vengano definite “pie” alcune anime e “malvagie” altre? Non è forse questo un giudizio?


“La citazione è chiaramente leggibile nei due modi, come un aut-aut e come un et-et. Per Vaccaro, Dunnett e Cullmann (il più grande teologo protestante) vi è un'opposizione tra le due prospettive: o si crede nella risurrezione della carne, e dunque alla prospettiva di vita sulla terra oppure all'anima che dopo la morte è assunta in cielo, ovvero alla presenza di Dio in uno stato di beatitudine. “



Come già spiegato, Vaccaro e Dunnet non hanno letto questa citazione bensì la versione tarocca della medesima, la stessa riportata dalla torre di Guardia.
Inoltre, che le due prospettive siano incompatibili, è smentito da duemila anni di cattolicesimo, e da duemila anni di patristica e teologia, ma soprattutto dalla patristica coeva a Giustino, si pensi ad Ireneo.
In terzo luogo, la logica non fa sconti a nessun teologo, e quello che sto dicendo è chiramente formalizzabile. Giacché due enunciati legati da congiunzione sono veri se e solo se entrambi sono veri, allora, qualora si dica che il periodo creato da questi due enunciati congiunti è falso, a renderlo tale può bastare anche che solo uno dei due enunciati sia falso. Sono forse falsi tutti è due? Forse, una proposizione di due enunciati è falsa sia nel caso che i loro rispettivi valori di verità siano “V&F” sia nel caso che siano “F&F”. Tuttavia basta uno per rendere la frase falsa, e dunque non è in alcun modo deducibile da questa frase che Giustino, oltre ai non credenti nella resurrezione, condanni anche chi crede all’immortalità dell’anima.


“egli finisce il capitolo non correggendo quella prospettiva spiegando che quella celeste è solo una prospettiva temporanea , ma ribadendo che è sulla terra, a Gerusalemme, che risorgeranno i morti, presupponiamo i santi. ”



Da capo: dai per scontato cose che non ammetto. Correggere cosa? Dal mio punto di vista in nessun punto ha condannato la prospettiva celeste, ma solo chi crede ad essa ed insieme nega la resurrezione, e quindi non avendo mai negato la prospettiva celeste non aveva un bel niente da rettificare.


“L'amico Polymetis, a sostegno della tesi che Giustino credesse che immediatamente dopo le anime dei morti sono "assunte in cielo" (contrariamente a quanto sembra affermare in Dialogo 80,4 citato nell'articolo di Dunne”



Ribadiamo: contrariamente a quanto sembra affermato nella citazione tarocca decurtata commentata dal teologo anglicano….


“Spero di ottenere quello che mi promettono le Sue dottrine, se subirò questi supplizi. So infatti che tutti coloro che avranno vissuto secondo giustizia rimarranno nella grazia di Dio sino alla fine dell'intero universo" (trad. G. Girgenti)
E poi conclude di essere certo di andare in cielo. Ora, questo passo sembra essere in contrasto non solo con l'affermazione secondo cui non si devono considerare cristiani coloro che credono che al momento della morte le anime vengano assunte in cieli (Dialogo 80,4) ma anche con l'idea millenaristica che indicava per i santi una prima risurrezione sulla terra al momento della parousia, seguita dalla seconda risurrezione e infine dal giudizio globale e la vita immortale (o la punizione) nel regno eterno indossolubile.”



Non c’è nessuna contraddizione. Avevo già scritto: La fine dell’universo (ἡ ἐκλήρωσις τοῦ παντὸς κόσμου) è banalmente quella che generalmente si chiama apocalisse, quindi prima c’è questa fine dell’universo (del nostro “sistema di cose” come direste voi), e poi ci sarà la resurrezione all’inizio del millennio (se crediamo che i santi saranno risuscitati all’inizio del millennio), o comunque la resurrezione generale alla fine del millennio.
Non bisogna farsi ingannare dalla traduzione “fine”, che non vuol dire che dopo l’universo non esisterà più e dopo ci sarà il nulla. ἐκλήρωσις è un termine che si usa per indicare l’acqua che arriva al culmine di una giara e trabocca perché l’ha riempita tutta, e infatti di solito si traduce “il riempimento” o “il compimento”. La frase vuol dire che Giustino sarà nella grazia di Dio fino al compimento di questo sistema di cose, cioè fino a quando non tornerà il messia, metterà fine a questo evo cosmico, e resusciterà Giustino. Ancora oggi con “fine del mondo” in cristiani intendono la venuta di Cristo e la fine di quest’evo, non la fine letterale dell’universo, giacché sia cristiani che TdG sono d’accordo nel dire che “i nuovi cieli e nuova terra” saranno eterni. Il mondo che finirà sarà il precedente, e ne inizierà uno nuovo. Quindi quando Giustino dice che sa che ascenderà in cielo e “rimarrà nella grazia di Dio sino alla fine dell'intero universo", non intende negare il millennio, infatti dopo la fine di quest’universo c’è per l’appunto il millennio. Questa versione del martyrium Iustini non contraddice dunque in alcun modo ciò che sappiamo dalle altre opere dell’autore.


“Una soluzione a quest'apparente contraddizione (dopo la morte le anime sono direttamente assunte in cielo o prima devono essere risuscitate sulla terra e solo dopo la seconda risurrezione godere dell'incoruttibilità?)”



Non c’è nessuna contraddizione. Prima sono assunte in cielo, poi vengono risuscitate.


“può dipendere dall'incertezza testuale. Infatti degli Atti del Martirio di San Giustino esistono due diverse recensioni”



Notate il cambiamento di strategia, che dimostra come non gli importi nulla della verità ma solo di trovare appigli da poter usare e vincere, come colui che perso nell’Amazzonia usi per sopravvivere qualunque cosa trovi, a casaccio. Prima infatti, quanto gli atti del Martirio di Giustino gli davano torto, si affannava a metterne in dubbio l’ affidabilità, dicendo che non c’era garanzia che Giustino avesse detto quelle parole, ora invece, che s’illude d’aver trovato un’altra recensione dei medesimi atti che gli danno ragione, essi diventano una fonte affidabile e li usa per costruire le sue spericolate impalcature. Ma mentre la mia lettura degli atti come s’è visto concorda col resto delle opere di Giustino, la lettura che dà Barnaba dell’altra recensione oltre ad essere in contrasto col resto che sappiamo di Giustino è pure priva di senso, e non serve ai suoi scopi come egli s’illude. Ma su questo, si legga il seguito.


, la prima è quella citata (che si trova nel tsto critico curato da Wertelle) e la seconda (nel testo di Baastiansen et altri)”



Se ho citato l’edizione di Wertelle citata da Girgenti è perché banalmente, esattamente come Girgenti, mi sono rifatto all’ultima uscita. Comunque non si tratta di due edizioni “critiche” concorrenti che cerchino di ricostruire un archetipo, bensì di due versioni che pubblicano due recensioni differenti che ci sono state tramandate. Abbiamo tre recensioni di questo martirio, la recensione A, derivante dal Parisinus gr. 1470, scritto in greco e chiamata così perché preservata in un codice parigino che risale all’890. L’altra recensione, detta “vulgata” perché più diffusa, è attestata dal manoscritto C (Cantabr. Bibl. Univ. Add. 448) dell’ VIII secolo, il V (Vatic. Graec. 1667) del secolo X, e H (Hierosol. S. Sep. 6) del secolo IX\X).

In realtà, quale che sia la recensione che si preferisce, il risultato non cambia minimamente, giacché la traduzione che presenta G. Chiarini è più che discutibile, e infatti si produrranno altri che, partendo dal medesimo testo, arrivato a risultati molto più plausibili.



“ seconda (nel testo di Baastiansen et altri) invece dice:
"Confido di ottenerlo con la mia perseveranza, se non cesso di perseverare. So che questo è riservato a quanti hanno vissuto rettamente, ma soltanto alla conflagrazione del mondo" (trad. G. Chiarini)”



Il testo greco da cui traduce Chiarini dice “Οἶδα δὲ ὅτι καὶ τοῖς ὀρθῶς βιώσασιν παραμένει μέχρι τῆς ἐκπυρώσεως”

Non si capisce perché traduca “ma soltanto alla conflagrazione del mondo”, il “ma” non esiste, e quando a “μέχρι” significa “fino a”.

Victor Saxer, rettore del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, nella sua edizione del Martyrium Iustini, anche lui basandosi su P, che traduce “So che anche a coloro che hanno vissuto rettamente è riservata la ricompensa divina fino alla conflagrazione”. (V. Saxer, Atti dei Martiri dei primi tre secoli, Padova, 1984, Edizioni Messaggero, p. 31)
Idem Giuliana Lanata, anche lei autrice di un’edizione critica, che rende: “E so che a coloro che hanno vissuto rettamente è riservata la ricompensa divina fino alla conflagrazione universale” (Giuliana Lanata, Gli atti dei martiri come documenti processuali, Milano, 1973, Giuffrè, p.121)
Il testo da cui traduce Lanata è lo stesso di Chiarini, con una precisazione aggiunta che non muta il costrutto del μέχρι: “Οἶδα δὲ ὅτι καὶ τοῖς ὀρθῶς βιώσασιν παραμένει <τὸ θεῖον χάρισμα> μέχρι τῆς ἐκπυρώσεως.”
L’aggiunta, che comunque non cambia il senso né il costrutto, trova concordi la maggioranza degli editori, cioè oltre a Lanati anche Lazzati, Musurillo e Ruhbach e Wertelle.
Le due recensioni in realtà non differiscono riguardo al nostro oggetto del contendere, il costrutto del μέχρι in effetti è identico anche nell’edizione di Wertelle:
“Οἶδα δὲ ὅτι καὶ πᾶσι τοῖς ὀρθῶς βιώσασι παραμένειν τὸ θεῖον χάρισμα μέχρι τῆς ἐκπληρώσεως”.

Non c’è motivo dunque di non leggere la traduzione, quale che sia la recensione impiegata, in modo diverso da come la traducono Girgenti, Lanata, e Saxer.


“non immediatamente dopo la morte, ma alla conflagrazione del mondo. Questa lezione sembra più coerente con la cornice millennaristica di Giustino, per cui allo stabilimento del regno eterno indossolubile devono precedere i mille anni sulla terra.”



Se anche accettassimo la traduzione che proponi, non si vede proprio cosa te ne verrebbe in tasca. Quando sarebbe infatti quest’ekpyrôsis? Alla fine di questo evo, prima dell’inizio del millennio, o dopo la fine del millennio? Supponendo che sia il Giudizio Finale, Giustino starebbe dicendo che, dopo mille anni sulla terra, lui ed altri ascenderanno in cielo. Ma dove ha mai detto altrove una cosa simile? Meglio la traduzione di Girgenti, che poi francamente è l’unica che riesco a trovare nel testo greco di qualsiasi recensione senza doverlo stiracchiare.


“Giustino era millenarista quando scrisse il Dialogo (dunque non credeva che le anime dopo la morte fossero assunte in cielo ma dovessero comunque prima risorgere sulla terra per i mille anni)”



Non si vede perché le due cose dovrebbero implicarsi. Giustino poteva essere millenarista al tempo del Dialogo, ma perché da questo se ne dovrebbe dedurre che non credeva che le anime fossero assunte in cielo? Infatti, questa ipotetica assunzione, a quando vediamo dal Dial 5,3 è precedente alla resurrezione. Giustini dice che le anime stanno in un luogo migliore o peggiore in attesa, in seguito possono essere resuscitate e vivere sulla terra per mille anni.


“Giustino restò sempre millenarista e nelle Apologie evita di fare riferimenti espliciti al regno millenario terreno a Gerusalemme per evitare l'accusa di sedizione nei confronti di Roma, ma negli Atti del Martirio (testo di Baastiansen) è ribadita la sua fede millenarista. L'esistenza di due recensioni degli Atti del Martirio di San Giustino, potrebbe essere lo specchio di una polemica tra cristiani chiliasti e non chiliasti che si riflette nel testo in questione”



Purtroppo per te la polemica è solo tra traduzioni moderne, di cui quella di G. Chiarini è assai discutibile, mentre non è una polemica tra le due recensioni.


“Una terza soluzione è che Giustino riservasse ai soli santi martiri il privilegio di ascendere al cielo immediatamente dopo la morte in attesa del giudizio e della prima risurreizione, mentre gli uomini comuni attendevano nell'Ade, ma di questo non abbiamo alcuna evidenza. “



Se con Ade intendi un luogo di indistinto in cui vadano tutti, buoni e cattivi, tranne i santi cristiani che andrebbero in Cielo, la cosa è smentita da Dial 5,3, in cui si dice che le anime buone vanno in un luogo migliore, e quelle malvagie in uno peggiore. La dicotomia non sembra essere tra “santi cristiani” e “tutti gli altri”, ma tra anime pie ed anime empiem tra giusti e malvagi.


“1. Non abbiamo alcuna prova che il Giustino dicendo "Se vi siete imbattuti in alcuni che si definiscono cristiani [...] che dicono che, una volta morti, la loro anima va in cielo, non credete che" stesse dicendo (come sostiene Polymentis) che si poteva credere sua all'assunzione delle anime in cielo che nella risurrezione dei corp”



Io sto dicendo che da quel testo non si può ricavare una lettura univoca, e tu stesso ammetti che una doppia lettura è possibile. Ma allora è chi lo usa come arma per far credere che le due prospettive si escludano automaticamente colui che ne dà una lettura forzata, perché pretende che la lettura corretta sia solo una delle due, ma questo non lo può dimostrare. Chi invece si difende dall’uso strumentale di questo testo non ha bisogno di dimostrare che il testo parli di un “et-et”, gli basta invece dimostrare che non è possibile sapere se sia un “et-et” oppure un “aut-aut”. Vale a dire che mentre chi usa questo testo contro l’immortalità dell’anima deve pretendere che esso abbia un solo senso, e dunque deve provare la sua affermazione, al contrario chi rigetta questa lettura non ha bisogno di provare la lettura opposta, ma solo di mostrare come il testo non provi niente perché ne sono possibili due letture.
Vale a dire che volervi leggere per forza una contrapposizione è abusivo, mentre chi dice che da quella frase, così com’è messa, non si può ricavare nulla circa l’immortalità dell’anima, né pro né contro, è nel vero secondo la logica proposizionale. Dunque è errato usare questo testo come se fosse una prova contro l’immortalità dell’anima, giacché è leggibile anche in un altro modo, ben più conforme al resto del pensiero di Giustino che non esclude uno stato intermedio.


“ Il contesto sembra piuttosto affermare il contrario, e il più grande teologo tedesco (mi smentica Polymetis se non dico il vero) qui vede due posizioni contrastanti:”



Non posso smentirti perché non dai a nessuno l’opportunità di controllare quello che dici. E’ due volte che chiedo la pagina di Cullmann, e due volte non ottengo nulla: questo è dovuto al banale fatto che non leggi quello che scrivo e dunque non sai che t’ho rivolto questa richiesta. Sperando che tu legga almeno questo post…
Comunque, non vedo perché tu dici che il contesto deporrebbe a favore di un’esclusione. Anzi, se proseguiamo il brano vediamo che il paragone tra costoro che non sono cristiani a causa di questa negazione e coloro che non sono ebrei, cita questi gruppi: ““Se dunque incontrate dei cristiani che tali sono chiamati ma non riconoscono queste dottrine e per di più osano bestemmiare il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e affermano che non c’è resurrezione dei morti, ma che al momento della loro morte le anime vengono assunte in cielo, non dovete considerarli cristiani, così come nessuno, a un corretto esame, riconoscerebbe come giudei i sadducei e le affini sette eretiche dei genisti, dei meristi, dei galilei, degli elleniani e dei farisei battisti”.
Cita come eretici i sadducei, che non credevano né all’anima né alla resurrezione, mentre non cita come eretici i farisei, ma solo la setta dei farisei battisti, e i farisei credevano sia all’immortalità dell’anima sia alla resurrezione.


“nel contesto chiliastico credere che le anime fossero assunte in cielo subito dopo la morte era incompatibile con la dottrina della risurrezione della carne sulla terra”



Perché????? Ireneo ad esempio crede che le anime se ne vadano in cielo fino alla resurrezione, e al contempo è millenarista.
Si vedano queste due chiare dichiarazioni sull’immortalità dell’anima:
“Il Signore ha insegnato chiaramente non solo che le anime continuano a vivere e non passano di corpo in corpo, ma conservano la medesima impronta del corpo al quale sono collegate e ricordano le opere che hanno compiuto qui e che poi hanno cessato di compiere, nel racconto in cui si scrive del ricco e di quel Lazzaro, che godeva di riposo nel seno di Abramo. [Ireneo, Contro le Eresie, II, 34,1]

Nel V capitolo del libro Contro le Eresie, Ireno aggiunge “Poiché, se il Signore se ne è andato in mezzo all'ombra della morte, dove erano le anime dei morti, poi è risorto corporalmente e dopo la resurrezione è stato elevato in cielo, è chiaro che anche le anime dei suoi discepoli, per i quali il Signore ha fatto queste cose, andranno nella regione invisibile, assegnata loro da Dio e lì dimoreranno fino alla resurrezione....[Ireneo, Contro le Eresie, V, 31, 2]
Non s’è ancora capito perché continui con questa sterile idea che la resurrezione della carne escluda l’immortalità dell’anima, farneticando in stile anni cinquanta come il povero Cullmann che scriveva che il Cristianesimo, secondo la sua fantasia, aveva sacrificato al Fedone di Platone il XV capitolo dell’epistola ai Corinzi. È ora di finirla con questa assurda contrapposizione tra immortalità dell’anima e risurrezione della carne, e rendersi conto che le due cose stanno pacificamente insieme.


“Se Dunnett ha torto nel dire che Giustino sostenga che le anime dopo la morte dormono (poiché Giustino non lo dica mai esplicitamente)”



Non solo non lo dice esplicitamente, lo nega pure. Le anime se ne vanno le une in un luogo migliore, le altre in uno peggiore, ed esse mantengono le loro facoltà sensitive. (Giustino, Apologia prima, 18,2-3)


“ha invece ragione nel dire che Giustino non credeva che "che l’anima dei cristiani andasse in cielo dopo la morte", infatti per Giustino tutti i morti vanno nell'Ade per essere risorto sulla terra con il corpo e non in cielo.



Altra fantasia. Non vanno tutti in un’Ade indistinto (se non coloro che sono nati prima di Cristo), bensì, come dice lui stesso: “Credo che le anime degli uomini pii soggiornino in un luogo migliore e quelle ingiuste e malvagie in uno peggiore, in attesa del momento del giudizio” (Dial 5,3)


“Dunnett non sbaglia neppure a dire che “Fu sotto l’influenza della filosofia platonica [...] che il concetto dell’immortalità dell’anima permeò gran parte della chiesa cristiana e fece accettare l’idea che alla morte le anime andassero in cielo; ma resta una credenza non biblica”. “



Naturalmente questo è del tutto opinabile, anche perché nel contesto questa frase non vuol dire che l’immortalità platonica (cioè per natura) sia entrata nel cristianesimo attraverso il platonismo, bensì l’autore pretende che qualunque tipo di immortalità dell’anima non sia biblica e dunque, ne conclude, Giustino e i primi Padri non potevano credere una cosa del genere. In realtà Giustino all’immortalità dell’anima ci credeva, se con “immortalità” dell’anima intendiamo, nel senso odierno del termine, la sua sopravvivenza alla morte del corpo. Che poi sia una credenza biblica o meno, questo è tutto da discutere, ed è off-topic.


“Per i millennaristi le anime non andavano in cielo, ma sarebbero risorte con il corpo sulla terra, dove dopo i 1000 anni ed il giudizio fnale avrebbero ricevuto come ricompensa la vita eterna.”



Può essere vero per alcuni millenaristi, ma perché dovrebbe essere una regola generale dunque da applicare anche a Giustino? Ireneo è un ottimo esempio controfattuale di come le cose non di escludano e possano stare assieme.

Ad maiora

Finis
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
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