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Filippesi 2:6

Ultimo Aggiornamento: 15/07/2020 22:25
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21/07/2012 22:22
 
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carissimo Simon

Al contrario un "Dio in terra" implicherebbe la morte automatica di ogni essere umano, che biblicamente non potrebbero "vederlo e continuare a vivere".



A meno che non avesse assunto forma angelica o umana ....
21/07/2012 22:28
 
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Re: CARISSIMO AQUILA 58
carissimo Domingo,

(domingo7), 21/07/2012 22.21:


beh, non è detto: avrebbe sempre potuto tentare di rapinare l' eguaglianza con Dio, visto che i tentativi del diavolo non furono poi del tutto miseri, dato che lo stesso diavolo offrì a Cristo tutti i regni della terra (Luca 4:6)....insomma, non so se mi spiego.....



Avrebbe mai potuto mantenere la promessa?

Ricordiamoci che il diavolo è omicida e padre della menzogna ....

Dopo aver tentato di spingere gesù ad un mega lancio suicida dal pinnacolo del tempio (tanto c'erano pronti gli angeli a salvarlo) quale miglior strategia che promettere l'impossibile?



si, ma il punto non è questo: il punto è che l' essere spirituale satana il diavolo ricevette autorità su tutti i regni della terra e cercò addirittura di farsi adorare.
Il tutto perchè?
perchè volle essere uguale a Dio (Genesi 3:1-5)...
[Modificato da Aquila-58 21/07/2012 22:29]
21/07/2012 22:32
 
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si, ma il punto non è questo: il punto è che l' essere spirituale satana il diavolo ricevette autorità su tutti i regni della terra e cercò addirittura di farsi adorare.
Il tutto perchè? perchè volle essere uguale a Dio (Genesi 3:1-5)...



L'autorità però non gli venne data da Dio ma se la inventò da solo, come tutta sua fu la pretesa di essere adorato ....
21/07/2012 22:38
 
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Re:
(domingo7), 21/07/2012 22.32:


si, ma il punto non è questo: il punto è che l' essere spirituale satana il diavolo ricevette autorità su tutti i regni della terra e cercò addirittura di farsi adorare.
Il tutto perchè? perchè volle essere uguale a Dio (Genesi 3:1-5)...



L'autorità però non gli venne data da Dio ma se la inventò da solo, come tutta sua fu la pretesa di essere adorato ....




certo, l' autorità non gli venne da Dio....ma dal peccato originale in poi (sai che per noi non si tratta di un mito, ma di una cosa realmente accaduta...),quando Dio sottopose la creazione alla caducità (Romani 8:20), satana ha avuto la possibilità di fare il diavolo a quattro...cioè il bello e il cattivo tempo


21/07/2012 22:52
 
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carissimo Aquila 58

sai che per noi non si tratta di un mito, ma di una cosa realmente accaduta



Invero neppure per noi cattolici è un mito, come pensiamo pure che la creazione, il diluvio e la resurrezione di Gesù siano fatti reali .....

La critica storica e la teologia liberale interessano, invece, soprattutto laureati, dottorati e porporati che sono disposti a calpestare la Bibbia solo per imbonire gli uditori o, peggio, per fare carriera ...
21/07/2012 23:01
 
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Re: carissimo Aquila 58
(domingo7), 21/07/2012 22.52:


sai che per noi non si tratta di un mito, ma di una cosa realmente accaduta



Invero neppure per noi cattolici è un mito, come pensiamo pure che la creazione, il diluvio e la resurrezione di Gesù siano fatti reali .....

La critica storica e la teologia liberale interessano, invece, soprattutto laureati, dottorati e porporati che sono disposti a calpestare la Bibbia solo per imbonire gli uditori o, peggio, per fare carriera ...




e queste tue parole sono da incorniciare!
Ovviamente, il mio pensiero andava a teologi famosi tipo Vito Mancuso...uno che se gli parli di peccato originale, sputa su S.Agostino a tutto andare.....


[Modificato da Aquila-58 21/07/2012 23:02]
22/07/2012 00:46
 
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Caro Domingo,


Una bibliografia ricca, articolata ed interessante è presente nell’opera monumentale di N. Capizzi, L’uso di Filippesi 2,6-11 nella cristologia contemporanea, Roma, 1997, pp. 41-43



Una delle poche cosa che ho capito, parlando del giudizio dei biblisti, è che non sull'argomento non esista alcun consensus, e che vi siano posizioni molto differenti che spaziano per tutto l'arco di significati di morphè... una cosa è certa, quello che scrive Verità sul restringimento semantico a due soli significati a me pare francamente eccessiva come opinione.

Uno degli studi più completi e recenti sull'argomento è quello del biblista francese Didier Fontaine, sostanzialmente la tesi di greco biblico all'Institut Catholique de Toulouse, che mi pare dia un panorama molto completo dal punto di vista filologico, lo cito perché mi pare che potrebbe essere utile per capire alcuni dettagli del problema



Purtroppo è solo in francese ma spero che venga presto tradotto in italiano.


Alcuni studi filologici hanno mostrato come αρπαγμα = αρπαγμον perda il connotato violento di res rapta e di res rapienda (cioè cosa rubata, preda, ruberia, furto, rapina, cosa da afferrare, cosa da ghermire) se usato (come in Filippesi 2,6) con verbi come ηγεισθαι (ritenere), ποιεισθαι (supporre) e τιθεσθαι (credere) ed assuma invece il significato di res retinenda (cioè di guadagno, colpo di fortuna, tesoro, vantaggio, cosa da trattenere, cosa da usare a proprio vantaggio, cosa da sfruttare per il proprio tornaconto). Tale uso sarebbe testimoniato da moltissimi autorevoli scrittori greci come Dionigi di Alicarnasso, Eliodoro, Galeno, Herondas, Lisia, Luciano, Plutarco, Senofonte e Tucidide



Il Fontaine analizza anche questo aspetto... almeno secondo il sommario che fornisce l'autore:

Présentation «technique»

Le texte de Philippiens 2.6 est traduit de manière contradictoire en fonction des versions de la Bible. Certaines suggèrent que Jésus-Christ, dans sa position céleste, possédait l'égalité avec Dieu et ne l'a pas gardée jalousement (il ne s'y est pas attaché, cramponné avidement...). D'autres estiment qu'il ne l'avait pas et qu'il n'a pas essayé de la dérober, d'usurper un rôle qui n'était pas le sien.

Garder l'égalité avec Dieu, ou la dérober ?

Allusion à Adam, au Serviteur Souffrant et Victorieux d'Isaïe - ou pas?

Le problème vient de la signification à donner à ἁρπαγμὸν - un hapax legomenon dans le Nouveau Testament, rare dans la littérature grecque - et à sa construction dans une tournure particulière (οὐχ... ἡγήσατο + double accusatif, dont un infinitif articulé), que certains philologues, comme R.W. HOOVER, estiment idiomatique (ne pas tirer avantage de...). Or, l'expression idiomatique a un sens foncièrement différent que le sens obvie de ἁρπαγμός (une proie à saisir).

Ils estiment que τὸ εἶναι ἴσα θεῷ présente un article anaphorique renvoyant à ἐν μορφῇ θεοῦ ὑπάρχων et que les deux propositions étant synonymes, le sens incertain de ἁρπαγμός peut se résoudre par le contexte.

Notre étude a pour vocation d'élucider les problèmes linguistiques posés par Philippiens 2.6 :

- l'article τὸ εἶναι ἴσα θεῷ est-il anaphorique ?

- ἐν μορφῇ θεοῦ ὑπάρχων et εἶναι ἴσα θεῷ sont-elles des propositions synonymes ?

- La tournure ἁρπαγμὸν τι ἡγεῖσθαι (considérer quelque chose comme harpagmon) est-elle idiomatique ?

Ce texte étant éminemment débattu, il nous a paru utile de ne pas l'aborder frontalement (étudier uniquement le sens de ἁρπαγμός - ce qui, de surcroît, ne serait pas pertinent dans le cadre d'un idiome), mais d'examiner si du point de vue linguistique les thèses généralement soutenues sont tenables. En effet, toute exégèse du verset procède d'une hypothèse linguistique préalable. Analyser le bien-fondé des hypothèses en présence permet de favoriser ou d'écarter certaines exégèses, sans avoir à examiner en détail la théologie paulinienne.

La méthode que nous avons adoptée a été double : nous avons fait une analyse componentielle de l'ensemble des mots et expressions du verset (ὑπάρχων/ εἶναι, ἐν μορφῇ θεοῦ et ἴσα θεῷ), avant d'analyser leur articulation syntaxique (infinitif articulé, double accusatif, anaphore, expression idiomatique). Pour la méthode, nous sommes redevables des travaux de J.-M. BABUT et de E. NIDA notamment. Pour le fond, des travaux de D. BURK et D.B. WALLACE.

Shalom
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Sijmadicandhapajiee, gente per cui le arti stan nei musei - Paolo Conte

FORUM TESTIMONI DI GEOVA
22/07/2012 01:25
 
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Caro Verità,


"lessicalmente non corretto come visto" per chi aquila?
Non credo che tu possa essere così dogmatico quando abbiamo:

Bultmann
UBS
Friberg lexicon
Gilleron
VINE'S
Thayer's

e chissà quanti altri, che danno a morphê anche il significato di natura...



Su Bultmann ti chiederei di indicare l'anno del testo che citi e le conclusioni a cui giunge, infatti in genere lo studioso pensa al significato di "natura" perché individua un'origine gnostico-sincretistica per l'inno di Filippesi, ora, non so se tu possa essere d'accordo con lui e se per la verità oggi siano molti gli studiosi d'accordo con lui su questo punto...

Per il resto non mi pare che vengano fornite molte spiegazioni, il Thayer non mi pare che dica espressamente che morphè sia da tradurre natura, e il Gillieron dice molto francamente che la traduzione "natura" dipende dalla comprensione cristologica del testo, più chiaro di così!


Puoi dire di non essere d'accordo ma non ti puoi permettere di fare affermazioni dogmatiche almeno per rispetto verso chi queste cose le studia davvero dedicandoci la propria vita, tu che competenze hai per dare dell'incompetente a costoro?



Non si tratta di affermazioni dogmatiche, però francamente alla luce del tipo di origine dell'inno e a chi era diretto mi pare che intendere un significato metafisico di tipo "tecnico" sia poco probabile e sinceramente tutti gli strumenti più moderni come il DENT, il Kittel, il Rusconi, il BDAG e altri ancora preferiscono parlare o di forma esteriore o di "condizione" o "modo di esistere". Con questo non si vuol essere dogmatici, ma diventa difficile, specialmente se l'inno era diretto alle comunità cristiane formate soprattutto da giudei e da gentili proseliti o convertiti che Paolo facesse uso di morphé in un senso tecnico così preciso e senza in qualche modo far intendere ai lettori che il registro interpretativo era quello aristotelico, converrai anche tu che è molto improbabile...


Affermare che "morphè indica l'essere spirituale come lo può essere un angelo" , dove lo trovo scritto? Puoi citarmi un autore degno di questo nome che non sia unitariano, che affermi una cosa del genere?

Ed anche se esistesse, sempre per una questione di umiltà e rispetto, non puoi dire che gli altri si sono inventati un significato che a te non piace solo perché va contro la tua dottrina



Ma perché non capisci che nessuno parla di "invenzione" di un significato, ma si dice solo che quello tecnico e filosofico, visto il contesto immediato ma anche quello umano e culturale, è davvero molto improbabile, e sembra essere scelto ad hoc per sostenere una lettura anacronistica del brano. Capisci il senso della nostra critica? Non diciamo che "natura" non si un significato possibile, ma ci si aspetta di trovarlo in in trattato di filosofia ed in un certo contesto letterario, non in una lettera indirizzate a persone comuni e comunque non certo addentro le speculazioni e la terminologia della filosofia aristotelica. E comunque che morphè in certi testi sia usato anche per gli esseri spirituali e non solo fisici mi pare corretto. Ora però è stroppo tardi per ricordarmi dove!

Shalom [SM=g27985]
[Modificato da barnabino 02/01/2013 14:34]
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Sijmadicandhapajiee, gente per cui le arti stan nei musei - Paolo Conte

FORUM TESTIMONI DI GEOVA
02/01/2013 15:32
 
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traduzione francese
presentazione "tecnica"

Il testo di Filippesi 2.6 è tradotto in modo incoerente in diverse versioni della Bibbia. Alcuni suggeriscono che Gesù Cristo nella sua posizione celeste, possiede uguaglianza con Dio e non che ha gelosamente custodito (non è attaccato, aggrappato con ansia ...). Altri sostengono che non l'ha fatto e non ha cercato di scappare, usurpare un ruolo che non era suo.

Mantenere la sua uguaglianza con Dio, o rubare?

Facendo riferimento ad Adamo, il Servo Sofferente di Isaia e vittorioso - o no?

Il problema è il significato da dare a ἁρπαγμὸν - hapax nel Nuovo Testamento, raro nella letteratura greca - e la sua costruzione in un turno particolare (οὐχ. .. ἡγήσατο accusativo + doppia con infinito articolato) che alcuni filologi, come RW HOOVER, sensazione idiomatica (non approfittare di ...). Tuttavia, il linguaggio ha un significato radicalmente diverso rispetto al significato ovvio di ἁρπαγμός (per catturare prede).

Essi credono che τὸ εἶναι ἴσα θεῷ questo riferimento anaforico a un articolo ἐν μορφῇ θεοῦ ὑπάρχων ed entrambe le proposte sono sinonimi, il che significa ἁρπαγμός è incerto ma può essere risolto con il contesto.

Il nostro studio si propone di chiarire i problemi posti dalla lingua Filippesi 2.6:

- Articolo τὸ εἶναι ἴσα θεῷ è anaforico?

- Ἐν μορφῇ θεοῦ ὑπάρχων e εἶναι ἴσα θεῷ proposte sono sinonimi?

- Il turn ἁρπαγμὸν τι ἡγεῖσθαι (considerare qualcosa come harpagmon) è idiomatica?

Questo testo è molto dibattuto, mi è sembrato utile per far fronte non frontalmente (si pensi solo al senso di ἁρπαγμός - che, del resto, non sarebbe pertinente nel contesto di una lingua), ma di esaminare se il punto di vista linguistico delle tesi sostenute in genere, siano sostenibili. In effetti, ogni esegesi del versetto rende una prima ipotesi linguistica. Analizzare la validità delle ipotesi , consente di favorire o penalizzare certa esegesi, senza esaminare nel dettaglio la teologia paolina.

Il metodo che abbiamo adottato è stato duplice: abbiamo fatto una analisi componenziale di tutte le parole e le frasi del versetto (ὑπάρχων / εἶναι, ἐν μορφῇ θεοῦ e ἴσα θεῷ), prima di analizzare la loro articolazione sintattica (infinito articolato accusativo duale, anafora, linguaggio). Per il metodo, siamo in debito con l'opera di E. e J.-M. BABUT NIDA particolare. Per sfondo, il lavoro di D. BURK e D.B. WALLACE.
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Come già commentato altrove , lo stesso senso del contesto esclude tra le possibili interpretazioni quelle che non seguono la logica del contesto o del senso di quello che si vuole trasmettere.

Come già scritto prima, per il cattolico Cristo non poteva spogliarsi della natura divina, quindi si è optato interpretare come uguaglianza di trattamento a cui Cristo avrebbe rinunciato, e che come fatto vedere, notare prima non centra proprio un carciofo .

Poichè essendo in teoria lo stesso soggetto, sostenere una diversità di trattamento, non ha senso nella maniera più assoluta.

Poichè sotto questo aspetto Gesù non si spogliò di nulla rispetto al Padre dato che per la teoria sono sempre lo stesso sogetto, e come detto prima, il figlio prima di quel momento non aveva nessun trattamento rispetto gli uomini, ma è dovuto farsi uomo, morire per avere anzi un trattamento sul piano dell'autorità che è uguale a quello del padre semplicemente perchè è quello stesso del Padre, e non che provenga dalla volontà di lui come figlio a prescindere da quella del Padre.

In sintesi la scrittura oppone addirittura una superiorità di trattamento che prima di allora Gesù non aveva nemmeno in cielo rispetto ai suoi angeli.

da ciò se ne deduce chiaramente che tutto il ragionamento tecnico è manipolato da alcuni risultando in opposizione o contrapposizione al vero e eclatante senso della storia

[Modificato da dispensa. 02/01/2013 15:43]
10/02/2013 15:01
 
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Sig. LA_VERITA,

è notorio il fatto che tale brano (Filippesi 2:5-8) sia reso in maniera affatto differente dalle traduzioni bibliche.

La Bibbia redatta dai TDG traduce (riporto entrambe le lingue, inglese originale e versione italiana):
"Keep this mental attitude in YOU that was also in Christ Jesus, 6 who, although he was existing in God’s form, gave no consideration to a seizure, namely, that he should be equal to God. 7 No, but he emptied himself and took a slave’s form and came to be in the likeness of men. 8 More than that, when he found himself in fashion as a man, he humbled himself and became obedient as far as death, yes, death on a torture stake." (NWT)
"Mantenete in voi questa attitudine mentale che fu anche in Cristo Gesù, 6 il quale, benché esistesse nella forma di Dio, non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio. 7 No, ma vuotò se stesso e prese la forma di uno schiavo, divenendo simile agli uomini. 8 Per di più, quando si trovò in figura d’uomo, umiliò se stesso e divenne ubbidiente fino alla morte, sì, la morte su un palo di tortura." (TNM)

La Nuova Diodati traduce:
Abbiate in voi lo stesso sentimento che già è stato in Cristo Gesù, 6 il quale, essendo in forma di Dio, non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l’essere uguale a Dio, 7 ma svuotò se stesso, prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini; 8 e, trovato nell’esteriore simile ad un uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce”.


Il testo greco riporta (Apostolic Bible Poliglott; non riporto i segni diacritici):

5 τουτο γαρ φρονεισθω εν υμιν ο και εν χριστω Ιησου
Questo ricordate in voi, che anche in Cristo Gesù

6 ος εν μορφη θεου υπαρχων ουχ αρπαγμον ηγησατο το ειναι ισα θεω
il quale in forma di Dio esistente, non afferrante egli considerò l’essere uguale a Dio.

7 αλλ΄ εαυτον εκενωσε μορφην δουλου λαβων εν ομοιωματι ανθρωπων γενομενος
Ma sé stesso egli svuotò, forma di schiavo avendo preso, in somiglianza d’uomo essendo divenuto,

8 και σχηματι ευρεθεις ως ανθρωπος εταπεινωσεν εαυτον
e ad apparenza esteriore essendo stato trovato come uomo, egli abbassò sé stesso,

γενομενος υπηκοος μεχρι θανατου θανατου δε σταυρου
essendo divenuto ubbidiente fino alla morte, di morte ma di palo


Prima di tutto, il contesto stesso di questo brano ci permette di capire che l’apostolo Paolo stava esortando i suoi fratelli di Filippi, che egli “aveva nel cuore”, amandoli con “affetto sviscerato in Gesù Cristo” (1:7, 8), ad avere e coltivare le qualità cristiane della perseveranza, dell’amore fraterno, dell’umiltà e della santità.

Nei versetti in questione (2:5-8) la qualità sottolineata è l’umiltà. Già al versetto 3 Paolo introduce quest’esortazione sull’umiltà invitando i Filippesi a non fare “nulla per rivalità e vanagloria, ma con umiltà”. Ed al versetto 5 egli ci presenta il maggior esempio di umiltà fra gli uomini, quello di Gesù Cristo stesso. Paolo invita i suoi ascoltatori (compresi noi nel tempo presente) a sforzarsi di avere la stessa umile attitudine di Cristo.

Purtroppo qui molte traduzioni (fra le quali anche la Nuova Diodati citata sopra) oscurano questo punto focale: la maggiore lezione sull’umiltà impartitaci dal Signore Gesù. Noti questo confronto fra diverse traduzioni (il corsivo è mio):

La Nuovissima Edizione delle Edizioni San Paolo che traduce: “il quale essendo per natura Dio, non stimò un bene irrinunciabile l’essere uguale a Dio”; 

CEI (1995, XIIIa): “il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio” (una traduzione simile è quella della Nuova Riveduta [1995, IIa]);

Ricciotti: “Il quale, sussistente in forma di Dio, non stimò rapina essere alla pari con Dio” (una traduzione simile è quella della Salani [1958]);

Luzzi (1990): “il quale, essendo in forma di Dio non riputò rapina l’essere uguale a Dio”. In una nota in calce si legge inoltre: “Altri traduce: Non reputò cosa da ritenere con avidità l’essere uguale a Dio”.

Mentre la Concordata traduce in maniera alquanto singolare, molto simile a quella della NWT: “il quale, pur essendo in forma di Dio, non ritenne come cosa da far propria avidamente l’essere uguale a Dio”.


Il giusto modo di intendere questo brano biblico ruota attorno a due termini greci: un verbo e un sostantivo, senza trascurare la struttura interna del brano stesso.

Iniziamo dal verbo: Αρπαζω.

Come traducono tale verbo?

• alcuni come se fosse un equivalente di ritenere (= mantenere in possesso una cosa già posseduta) o simili (CEI, NUOVA RIVEDUTA, LUZZI [nota in calce])

• altri come una rapina (= ottenere in possesso dopo un afferramento) o simili (RICCIOTTI, SALANI, LUZZI, NUOVA RIVEDUTA [nota in calce]).

• altri ancora non lo traducono affatto (Nuovissima Edizione delle Edizioni San Paolo)


Il punto è che ritenere (o simili) e rapinare (o simili) sono due maniere opposte di tradurre, assolutamente non conciliabili fra loro.

• Ritenere (o simili) è in riferimento ad una cosa già posseduta prima del momento dell’azione descritta in Filippesi.

• Rapinare (o simili) è in riferimento ad una cosa non posseduta prima del momento dell’azione descritta in Filippesi.

E questo fa una grandissima differenza!

FINE PRIMA PARTE
10/02/2013 15:04
 
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Qual è il vero senso di Αρπαζω?

Tale termine indica un afferrare con rapidità, come una bestia predatrice. Il verbo Αρπαζω non ha il senso di ritenere o mantenere qualcosa già in proprio possesso. Il testo The Expository’s Greek Testament afferma:
"Non troviamo nessun passo in cui [Αρπαζω] o alcuno dei suoi derivati abbia il senso di ‘tenere in possesso, ritenere’". Sembra invariabilmente significare afferrare, prendere con violenza. Non è quindi consentito slittare dal vero significato di ‘afferrare’ a uno totalmente diverso come ‘tenere stretto’ (a cura di W. Robertson Nicoll, Grand Rapids, Michigan, 1967, vol. III, pp. 436, 437. Vedi anche The Epistle of Paul to the Philippians, di Ralph Martin, London, 1959, p. 97).

Nessuno dei seguenti dizionari di greco (sono solo alcuni) contempla alcun significato di ritenere, conservare e simili: Schenkl-Brunetti, Montanari, Rigutini, La Magna-Annaratone.

Tutte le volte che questo termine (e termini ad esso affini, come αρπαγμον nel brano in questione) compare nelle Scritture Greche è confermato il fatto che la cosa da possedere diventa propria solo dopo l’azione.

A mo’ d’esempio possiamo considerare alcuni brani biblici:

Giovanni 10:12: “il mercenario… abbandona le pecore e si dà alla fuga, e il lupo le rapisce [αρπαζει] e disperde” (Luzzi). È successivo all’azione del rapire il possesso delle pecore da parte del lupo. Il lupo non le possedeva già precedentemente.

Ebrei 10:34: “… accettaste con allegrezza la ruberia [αρπαγην] de’ vostri beni…”. Anche in questo caso gli oppositori dei cristiani ebrei non possedevano già gli averi di questi ultimi ma li possedettero successivamente, dopo la loro azione di rapina.

 
(La invito ad esaminare per suo conto anche altri brani come Matteo 12:29; Atti 23:10; 2 Corinti 12:2, 4; Giuda 23; Apocalisse 2:5.)


Quindi tradurre Αρπαζω con ‘ritenere’, o termini sinonimi, non concorda né con il significato del termine greco stesso, così come sappiamo venne usato nel I secolo dell'Era Attuale.
Tra parentesi il Parkhurst fa correttamente derivare il verbo greco dall’ebraico חרף, che ha proprio il significato di strappar via, carpire e non di “ritenere” et similia. Esistono derivazioni anche in altre lingue che confortano questa conclusione. Ne riporto alcune:

חרף – Ebraico
Αρπαζω – Greco
Harpago – Latino, per ‘uncino afferratore’, ‘grappini d’arrembaggio’
Harpax – Latino, per ‘che porta via’
Harpyia
Tropaeum – Latino, per ‘spoglia strappata al nemico’ (mantenendo ancora le due consonanti “r” e “p”)
Hriopan - Sassone
Gripe – Anglosassone
Grif – Alto Tedesco Antico
Grepp – Svedese
Greifen - Tedesco
Raffio, Arraffare – Italiano.

Inoltre, il verbo חרף viene tradotto dalla LXX proprio con una forma del verbo Αρπαζω, in Giudici 21:21 (dove si parla del famoso ‘ratto’ delle Silonite). Nello stesso verso la VG utilizza omologamente il verbo rapere.


Ma torniamo a bomba.
La frase εν μορφη θεου è tradotta dalla maggioranza delle traduzioni in maniera simile a “di natura divina” o “in forma di Dio”. Addirittura la Nuovissima Edizione delle Edizioni San Paolo traduce la frase con “per natura Dio”.


Ora, chiediamoci: cosa intendeva dire lo scrittore ispirato?

Voleva affermare che:

• [a] l’essere uguale a Dio non era considerato da lui una rapina?

Gesù prima di venire sulla terra era già uguale a Dio ma che non considerò tale situazione come qualcosa da non potervi rinunciare?

egli non giudicò opportuno far propria l’uguaglianza con Dio?


Esaminiamo le tre ipotesi, una per una.

La prima ipotesi [a] non regge alla prova del contesto. Per cominciare, le parole di Paolo non avrebbero un filo coerente di ragionamento. Infatti, se tale ipotesi illustra il pensiero di Paolo se ne deduce che se Gesù non considerava una rapina il suo essere uguale a Dio allora vuol dire che lo considerava un suo diritto. Se fosse così che senso ha, da parte dello scrittore ispirato, introdurre il successivo pensiero (del versetto 7) con un ἀλλά?
Se tale ipotesi fosse corretta, non vi sarebbe un filo logico di ragionamento in Paolo.
Inoltre, se così fosse, come potremmo noi cristiani imitare, come auspicava Paolo, tale attitudine presente in Gesù? È possibile che i Filippesi fossero esortati a non reputare una rapina, ma reputare come un loro diritto, l’essere uguali a Dio?
Come si può facilmente notare tale ipotesi è diametralmente opposta al messaggio biblico.

Ancora, se tale ipotesi [a] fosse corretta, Paolo starebbe istigando i cristiani di Filippi alla stessa maniera dell’Avversario, così com’è descritto in Genesi 3:4, 5, dove il Tentatore disse ad Eva: “4 …Voi non morrete affatto; 5 ma DIO sa che nel giorno che ne mangerete, gli occhi vostri si apriranno, e sarete come DIO… (La Nuova Diodati; il maiuscolo è nell’originale).
Teniamo sempre presente che il punto focale è l’esortazione di Paolo all’umiltà e per corroborare la sua argomentazione Paolo fa appello proprio all’attitudine del Cristo. Da non trascurare, inoltre, il fatto che è necessario provare con le Scritture che Gesù fosse uguale a Dio.

Così questa prima ipotesi [a] non è per niente confortata dalle Scritture come pure dal sano ragionamento.

FINE SECONDA PARTE
[Modificato da Saro Fedele 10/02/2013 15:06]
10/02/2013 15:09
 
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Per quanto riguarda la successiva ipotesi se ne deduce logicamente, se essa fosse corretta, che nella sua vita preumana il Cristo fosse uguale a Dio ma (ἀλλά) che poi egli rinunciasse a tale prerogativa durante la sua vita terrena. Se così fosse, però, cadrebbe tutta la costruzione trinitaria basata sulla vita terrena di Gesù. Di conseguenza neanche un singolo brano della sua vita come uomo potrebbe essere preso a sostegno del fatto che egli fosse sulla terra uguale a Dio, visto che prima di scendere qui egli rinunciò a tale prerogativa.

Comunque, che io sappia, voi Cattolici non credete che tale ipotesi sia corretta, visto che credete (mi corregga se ho capito male la vostra dottrina) che quando il Messia venne sulla terra egli non rinunciò a nessuna prerogativa della sua natura divina e per di più quando salì al cielo mantenne la sua natura umana. Inoltre, in tutti i casi, bisognerebbe provare con le Scritture che nella sua vita preumana il Signore Gesù fosse uguale a Dio.

Così anche questa seconda ipotesi non è per niente confortata dalle Scritture, né dalla logica.


Che dire dell’ultima ipotesi ? Oltre al fatto che essa concorda con il significato proprio di Αρπαζω, come già considerato, c’è un altro aspetto molto importante da considerare, anche se non immediatamente visibile ad una veloce lettura.

Analizziamo più da vicino il sostantivo in questione [μορφη].

Nel verso 6 Paolo usa i termini “in forma di Dio” e “uguale a Dio” nel contesto di una considerazione che verte sul Signore Gesù nella sua vita preumana. Queste terminologie vogliono illustrare lo stesso concetto?

La risposta alla seguente domanda è basilare per comprendere il pensiero ispirato di Paolo.

Dire che il Cristo era “in forma di Dio” è lo stesso che dire che egli era “uguale a Dio”?

Per molti traduttori sembra che la risposta sia affermativa, in realtà la risposta è: assolutamente no.

Un attento esame della struttura intima del brano rivela che queste terminologie non sono in alcun modo equivalenti.

Esaminiamo con attenzione i versi 6 e 7.
Il termine greco μορφη è qui usato 2 volte; nel primo caso (verso 6) nella frase “in forma di Dio”; nel secondo caso (verso 7) nella frase “(in) forma di schiavo”.

Partiamo dall’ultima frase. Cosa vuol dire Paolo quando afferma che Gesù prese la “forma (μορφη) di (uno) schiavo”? Comprendendo questo potremmo a risalire a ciò che lo scrittore intendeva dire quando parlava di “in forma di Dio”.

Cosicché, se nella frase “essendo in forma di Dio” il termine forma significasse “attributo essenziale, la natura stessa” (o espressioni di concetto equivalente a questo), come pretendono un buon numero di trinitari allora anche l’uso dello stesso termine nel versetto 7 (e quindi anche nello stesso contesto) indicherebbe che Gesù possedette “l’attributo essenziale, la natura stessa” di uno schiavo. In altre parole, fu uno schiavo vero e proprio! (confronti Giovanni 8:35, 36)

Nota l’assurdità?

Dato che è stato già detto molto, mi soffermerò inoltre su una caratteristica peculiare di questo brano, specificamente il versetto 7, che – per quanto mi risulta, mi faccia sapere se così non fosse – nessuno dei forumisti ha rimarcato: il brano contiene in sé un parallelismo tripartito che fa luce sulla questione.

Userò una lezione letterale ed uno schema che faccia evidenziare meglio (almeno lo spero) le strutture esistenti in parallelo (i termini collegati con il simbolo “/” rappresentano sinonimi non assoluti):

I - forma (μορφη) / somiglianza (ομοιωμα) / apparenza esteriore (σχημα)

II - di (uno) schiavo (δουλου) / di uomo (ανθρωπων) / come uomo (ως ανθρωπος)

III - avendo preso (λαβων) / essendo divenuto [o, essendo stato formato] (γενομενος) / essendo stato trovato (ευρεθεις)


Ora risalta meglio il parallelismo?
Ciascuna delle tre parti racchiude (I, II, III) orizzontalmente un concetto sinonimo.

Tutte e tre le condizioni espresse da Paolo sono applicate al Cristo e sono condizioni che egli non ha sempre vissuto, ma le ha vissute quando ha deciso di “annichilire se stesso” (verso 7).

Tenendo sott'occhio la tabella surriportata, rifacciamo ora la domanda in maniera più completa.

Cosa vuol dire che Gesù prese la “forma di (uno) schiavo”, o parallelamente divenne in “somiglianza di uomo”, o parallelamente fu trovato nell’”apparenza esteriore come uomo”?

Abbiamo già escluso che Paolo intendesse dire che Gesù possedesse la “natura stessa” di uno schiavo. Ma possiamo andare oltre. Seguiamo il filo del ragionamento di Paolo (nella sua lettera ai Romani 8:3) e ne avremo una notevole indicazione: “…Iddio l’ha fatto; mandando il suo proprio Figliuolo in carne simile (ομοιωμα) a carne di peccato…”.

In altre parole, nel Signore Gesù non è stato presente mai alcun peccato, ma quando è venuto fra gli uomini egli venne nella somiglianza di un qualsiasi uomo peccatore. Inoltre, il Messia non è mai stato schiavo di alcuno o di alcuna cosa, anzi è lui che rende liberi gli uomini, schiavi del peccato (Giovanni 8:31-36).
Quindi il senso di Filippesi 2:7 è che sebbene Gesù non fosse nemmeno in minima misura schiavo del peccato né uomo peccatore egli venne fra gli uomini avendo una somiglianza di tali condizioni caratteristiche dell’uomo peccatore.

Ed ecco il punto focale che se ne deduce da tutto questo discorso: sia forma (μορφη), sia somiglianza (ομοιωμα) sia, ovviamente, apparenza esteriore (σχημα) non indicano la sostanza stessa delle cose ma solo una somiglianza (confronta anche Giacomo 3:9 e Romani 1:23), una similitudine dell’oggetto preso in considerazione.
Ecco perché le espressioni “in forma di Dio” e “uguale a Dio” usate da Paolo in Filippesi 2:6 non sono in alcun modo equivalenti.

In forma di Dio” indica una somiglianza con Dio;
Uguale a Dio” indica un’uguaglianza con Lui.

C’è una bella differenza!


Ed è proprio questa differenza tra “in forma di Dio” e “uguale a Dio” che fa luce alla fine sul verso 6 e ci fa capire quale delle tre ipotesi che ho presentato sopra (“a”, “b”, o “c”) sia quella che riflette il pensiero originale di Paolo.

Egli intendeva affermare che sebbene il Cristo esistesse in una condizione di forma somigliante (μορφη) a Dio non prese mai in considerazione d’afferrare invece la condizione d’essere uguale a Dio (come invece fece Satana e come egli istigò Adamo ed Eva a fare anch’essi).


Potrebbero essergli state utili queste considerazioni?

FINE TERZA E ULTIMA PARTE
[Modificato da Saro Fedele 10/02/2013 15:28]
10/02/2013 18:01
 
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Gesù è DIO? Se, come insegnato da alcune chiese, Gesù ‘e Dio, chi risuscitò Gesù?
Va detto che Gesù non è Dio, bensì il Figlio di Dio. Fu Dio, il cui nome` è Geova, a risuscitare Gesù dai morti (Romani 10:9 9 Poiché se pubblicamente dichiari quella ‘parola della tua bocca’, che Gesù è Signore, ed eserciti fede nel tuo cuore che Dio lo ha destato dai morti, sarai salvato. ). Uno studioso della Bibbia osserva: “`E impensabile che qualcuno, sia pure Cristo, abbia potuto risuscitarsi da solo”.
WT aprile 2013... [SM=g10765]
themegasabry
10/02/2013 18:22
 
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saro fedele

ho letto con attenzione quanto Lei ha scritto su Filippesi 2,6
sono cattolico ed evidentemente condivido l'interpretazione trinitaria secondo cui il verbo greco harpagmos qui dovrebbe significare "res retinenda" cioè cosa da trattenere e non "res rapienda" cioè cosa da derubare

Grammaticalmente tutte le due ipotesi sono comunque possibili: nel nuovo testamento "harpagmos" è usato per res rapienda (cioè cosa da afferrare e da rubare), mentre molti classici greci usano lo stesso verbo anche nel senso di "res retinenda" cioè cosa da trattenere come mostrano chiaramente i lavori di W. W. Jaeger, Eine Stilgeschichtliche Studie Zum Philipperbrief, Hermes 50, pp. 537-53, 1915 ed il più recente R. W. Hoover, The Harpagmos Enigma: A Philological Solution, The Harvard Theological Review, Vol. 64, n. 1, 1971.


Teologicamente direi che Filippesi 2,6 ci dice chiaramente e sicuramente che il Logos fu un essere divino con una preesistenza preumana e celeste. Chi vede nel Logos un dio minore trova più convincente la traduzione "cosa da afferrare con violenza", mentre chi sceglie l'ipotesi trinitaria temendo di cadere nella monolatria preferisce l'ipotesi opposta ....insomma è la teologia e la fede che sono decisive piuttosto che la grammatica ...

Sulla "forma di Dio" oggi molti studiosi preferiscono poi le traduzioni "condizione divina", "stato divino", "rango divino" piuttosto che "natura" o "essenza" che sottintendono non poche influenze teologiche e filosofiche

10/02/2013 18:27
 
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valenti sabina


E impensabile che qualcuno, sia pure Cristo, abbia potuto risuscitarsi da solo”.



Però Gesù del suo corpo disse chiaramente: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere (Giovanni 2,19)
10/02/2013 18:28
 
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Re: valenti sabina
Carissimo Domingo,

domingo7, 10/02/2013 18:27:



E impensabile che qualcuno, sia pure Cristo, abbia potuto risuscitarsi da solo”.



Però Gesù del suo corpo disse chiaramente: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere (Giovanni 2,19)



tuttavia Paolo scrisse:

"...Dio Padre, che lo destò dai morti" (Galati 1:1).....mi sembra che non possano esserci dubbi, sbaglio?



10/02/2013 18:42
 
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tuttavia Paolo scrisse:

"...Dio Padre, che lo destò dai morti" (Galati 1:1).....mi sembra che non possano esserci dubbi, sbaglio?



Anche qui è la teologia che porta a considerare Galati 1,1 da solo o Galati 1,1 con Giovanni 2,19 ......

Un saluto al ritrovato Aquila 58 ....
[Modificato da domingo7 10/02/2013 18:44]
10/02/2013 18:57
 
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Re: saro fedele
Carissimo Domingo, mi permetti di dissentire amichevolmente?

domingo7, 10/02/2013 18:22:


ho letto con attenzione quanto Lei ha scritto su Filippesi 2,6
sono cattolico ed evidentemente condivido l'interpretazione trinitaria secondo cui il verbo greco harpagmos qui dovrebbe significare "res retinenda" cioè cosa da trattenere e non "res rapienda" cioè cosa da derubare

Grammaticalmente tutte le due ipotesi sono comunque possibili: nel nuovo testamento "harpagmos" è usato per res rapienda (cioè cosa da afferrare e da rubare), mentre molti classici greci usano lo stesso verbo anche nel senso di "res retinenda" cioè cosa da trattenere come mostrano chiaramente i lavori di W. W. Jaeger, Eine Stilgeschichtliche Studie Zum Philipperbrief, Hermes 50, pp. 537-53, 1915 ed il più recente R. W. Hoover, The Harpagmos Enigma: A Philological Solution, The Harvard Theological Review, Vol. 64, n. 1, 1971.




Saro ha sapientemente dimostrato come l' applicazione biblica del verbo harpazo vada decisamente nella direzione della res rapienda.
Secondo l' autorevole Dizionario Esegetico del Nuovo Testamento, il verbo harpazo significa "rapinare, sottrarre" (pagina 416).
Il Liddell & Scott definisce il sostantivo harpagmos come “rapina”, “rapimento”. I sostantivi greci terminanti in -mos derivati da un verbo diventano deverbali indicanti l' azione denotata dal verbo. Harpagmos è uno di questi sostantivi, basato sul verbo harpazo. Perciò harpagmos significherebbe piuttosto “l' atto di afferrare”, dal verbo harpazo, di cui abbiamo visto il significato. Il verbo harpazo ha 14 ricorrenze neotestamentarie , e significa “impadronirsi di qualcosa, rubare, portare via con violenza, asportare”.
Non ha mai la forza stativa dell' afferrare qualcosa che già si possiede....Anche il sostantivo harpage, che ha la medesima radice, significa “saccheggio, rapina”. Allo stesso modo il sostantivo harpagma significa “preda, bottino”. Anche altre parole derivanti da questa radice significano “predone, ladro” (harpakter), “avidamente” (harpakti), “rapace, ladro” (harpaktikos), “bandito, rapace” (harpax), “ottenuto con la rapina, predato” (harpaktos), “rapito” (harpastos), “rapito, rubato” (harpagimos), ecc.
Ciascuna di queste parole ha a che fare con l' afferrare qualcosa che non si possiede. Non c' è una singola parola che deriva da harpazo, che sia usata per suggerire l' idea di tener stretto qualcosa che già si possiede.
L' idea di conservare qualcosa di qualcuno sembra esattamente il significato opposto delle parole derivate da harpazo.....Per cui, ritengo che la traduzione della TNM sia la più logica: harpagmos deve intendersi come afferrare qualcosa che uno non ha, cioè una “rapina”.

domingo7, 10/02/2013 18:22:


Teologicamente direi che Filippesi 2,6 ci dice chiaramente e sicuramente che il Logos fu un essere divino con una preesistenza preumana e celeste. Chi vede nel Logos un dio minore trova più convincente la traduzione "cosa da afferrare con violenza", mentre chi sceglie l'ipotesi trinitaria temendo di cadere nella monolatria preferisce l'ipotesi opposta ....insomma è la teologia e la fede che sono decisive piuttosto che la grammatica ...




no Domingo, permettimi di dissentire con grande amicizia.
I cristiani testimoni di Geova (ne abbiamo parlato a lungo in una splendida discussione di parecchio tempo fa, forse ricorderai...) non credono affatto che il Logos sia un dio minore, affatto!
I cristiani testimoni di Geova credono che Gesù sia theos nel senso per cui lo è per l' autore della lettera agli Ebrei, che infatti applica il Salmo 45:6 (45:7 CEI) a Cristo in Ebrei 1:8!
Come vedi, restiamo nel solco del corpus biblico e non andiamo oltre; il collegamento che ti ho indicato evidenzia un fatto inconfutabile: che, biblicamente parlando, si può essere Dio pur senza far parte di una Trinità consostanziale e l' applicazione del Salmo al Cristo in Ebrei lo dimostra.
Egli (il Cristo preesistente) è Dio non nel senso ontologico del termine, ma nel senso funzionale.
Che significa? Significa che Egli è Dio perchè lo rappresenta, perchè ricopre un Ufficio Divino, perchè agisce in nome e per conto del "solo vero Dio" (Gv. 17:3).....Dio in senso funzionale come lo era il re davidico.
Ovviamente questo non parifica in nessun modo il Cristo preesistente al re davidico o agli angeli, anch' essi chiamati Dio/dei (o addirittura Signore o perfino YHWH) nel corpus biblico: il Logos, ergo il Cristo preesistente è il monogenes huios, l' Unigenito Figlio che è nel seno del Padre (Gv. 1:18), semitismo che sta ad indicare non solo una preesistenza e un origine ben definita ma un rango inarrivabile per chiunque altro eccetto il "solo vero Dio", il Padre, Geova (Gv. 17:3).
Ma questo ci porterebbe lontano; ciò che a me preme farti capire è questo: nella Bibbia ci sono altri, oltre al "solo vero Dio", che possono fregiarsi o essere insigniti del titolo di theos senza intaccare minimamente l' unicità del "solo vero Dio" o senza creare un dio minore o monolatria o politeismo.
Essi sono Dio/dei perchè rappresentano il "solo vero Dio" e agiscono in suo nome e per suo conto.
Vorrei che questo ti fosse chiaro: siccome i cristiani testimoni di Geova non credono affatto che il Logos sia un dio minore, la TNM traduce il passo di Filipp. 2:6 attenendosi, come credo fermamente, al testo, al contesto e all' esatta accezione dei sostantivi e dei verbi lì presenti.


domingo7, 10/02/2013 18:22:


Sulla "forma di Dio" oggi molti studiosi preferiscono poi le traduzioni "condizione divina", "stato divino", "rango divino" piuttosto che "natura" o "essenza" che sottintendono non poche influenze teologiche e filosofiche




e su questo concordo con te.
Grazie e scusa se mi sono dilungato.
[Modificato da Aquila-58 10/02/2013 19:07]
10/02/2013 18:59
 
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Re: valente sabina
domingo7, 10/02/2013 18:42:


tuttavia Paolo scrisse:

"...Dio Padre, che lo destò dai morti" (Galati 1:1).....mi sembra che non possano esserci dubbi, sbaglio?



Anche qui è la teologia che porta a considerare Galati 1,1 da solo o Galati 1,1 con Giovanni 2,19 ......

Un saluto al ritrovato Aquila 58 ....



ben ritrovato anche a te, Domingo!
Scusa ma come fa ad essere la teologia?
Galati 1:1 è specifico e chiaro: non parla di Dio che ha risuscitato Cristo ma di Dio Padre....è ovvio che dobbiamo dare a Gv. 2:19 un' altra lettura, non trovi?


10/02/2013 19:07
 
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la stessa bibbia di gerusalemme CEI ammette chE letteralmente la vera frase usa il termine PREDA , NEL SENSO DI PREDARE PREDA DA PRENDERE



Gesù nonè un clone del Gesù celeste, poichè non abbiamo nessuna intenzione di negare che il Padre aveva il potere di mutare la natura celeste del suo primogenito in carne, non abbiamo nessuna intenzione di negare che Gesù è venuto nella carne.1 Giovanni

E non che l'ha semplicemente posseduta, in quanto cosa diabolica e disumana, negando che egli sia venuto realmente in prima persona nella carne..cosa che avrebbe fatto l'anticristo

Gesù celeste è divenuto inferiore agli angeli perchè è diventato uomo a tutti gli effetti , lui e non un suo clone gemello.

Inoltre ai fini della giustizia solo una creatura poteva smentire l'accusa dei demoni che gli uomini e quindi gli stessi angeli nella prova non rimangono fedeli a Dio.

E se non si capisce una simile semplice ovvia conlusione , ci si perde solo in un inutili sciocche chiacchere come quella di sostenere la uguaglianza di trattamento e corbellerie illogiche e irrazionali simili o uguali che non si reggono in piedi, ma che stanno in piedi solo come contraddizioni dogmatiche


1 Pietro 3:18 "essendo messo a morte nella carne, ma essendo reso vivente nello spirito"

Cristo la sua anima di carne che si chiama Cristo, , ossia non i suoi soli piedi o unghia del corpo, morì una volta per sempre in quanto ai peccati..e morì letteralmente, lui Cristo, anima fedele.

essendo messo a morte nella carne.., sempre l'anima Cristo, dove la carne sarebbero i suoi piedi, i suoi vari organi.

Ossia Cristo la sua anima cosciente mostrandosi fedele fu messa a morte nella carne, perchè viveva come carne, mediante la carne, i suoi piedi i suoi reni, il suo fegato che gli serviva perchè Cristo vivesse, parlasse, pensasse, agisse , cioè non gli furono dati a uso decorativo.

Ebbene una volta morto nella carne fu reso vivente nello spirito, poichè prima non viveva come spirito mediante un corpo celeste immateriale.



[Modificato da dispensa. 10/02/2013 19:26]
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