Re:
stelladomares, 14/04/2011 11.07:
Non salutarli mi sembra però eccessivo. Ho molte amiche che mi stanno antipatiche e molte persone che appiccicherei volentieri a un muro. Madonna mia, non potrei togliere il saluto nemmeno al mio peggior nemico, per me significa proprio il massimo del disprezzo e nessun essere umano credo meriti questo.
Figuriamoci toglierlo ad una che era stata mia amica fino al giorno prima. Non credo che Gesù volesse questo e che abbia molto a che fare con la carità cristiana.
Queste obiezioni, giuste dal tuo punto di vista, si prestano ad una 'marea' di commenti e di precisazioni. Vado a braccio:
- il saluto è il primo e principale segno di confidenza. Togliere il saluto è un modo per dire: "non sono d'accordo con la scelta che hai fatto. Quando tornerai ad essere un cristiano, saremo di nuovo amici".
- questa norma ha una solida base biblica, come detto. Non è cioè un'invenzione dei testimoni di Geova. Come tutti gli altri insegnamenti scritturali, è noto a chi studia per diventare testimone di Geova e da lui formalmente accettato all'atto del battesimo. Se non si trova d'accordo nel merito di tale norma che è stata stabilita da Geova per tutelare gli interessi della congregazione cristiana, è liberissimo di rinunciare al battesimo.
- commetti un errore di prospettiva, dimenticando che il vero problema è costituito dalla condotta peccaminosa, volontariamente intrapresa, del soggetto, il quale così sottoscrive la propria espulsione e le inevitabili conseguenze. Non devi cioè confondere la causa con l'effetto, o meglio accentuare indebitamente l'effetto, tralasciando del tutto la portata della causa scatenante. Dimentichi pure che nessuno resta 'disassociato' a vita, se vuole può tornare a essere un tdG.
- riconosci che il tuo grado di antipatia (eufemismo?) per certuni è tanto elevato che 'li appiccicheresti al muro', il che non mi pare esattamente un esercizio di amore cristiano. Però, attenzione, il saluto non si nega a nessuno. Cosa è più amorevole, ti chiedo: rivolgere ad un nemico, per puro obbligo sociale, un saluto di cortesia mentre si nutrono per lui sentimenti tutt'altro che benevoli, o togliere il saluto ad una persona amata nella speranza che ciò contribuisca al suo recupero? E se la persona vuole a sua volta almeno un po' di bene a me, non farà del suo meglio per cambiare condotta, riguadagnando con ciò sia il mio affetto che l'approvazione di Geova?
- non è indizio di carità cristiana l'assumere un atteggiamento compiacente verso chi si è indirizzato, sua sponte, verso una condotta contraria ai principi divini, divenendo ad esempio ladro o tossicodipendente o adultero, o peggio, apostata o molestatore sessuale. Non è carità cristiana il lasciare la congregazione in balia di un peccatore impenitente, il quale, rimanendo in buoni rapporti con i suoi ex-conservi senza soluzione di continuità, avrebbe tutto l'agio di corrompere i soggetti più deboli incoraggiandoli più o meno direttamente a seguire il suo esempio. Gesù, capo della congregazione cristiana, vorrebbe forse questo? E' invece caritatevole l'esercitare una forma di disciplina la quale, per quanto severa e anzi proprio a motivo di tale prerogativa, costituisce uno dei più forti incentivi per l'individuo a tornare sui suoi passi; cosa che di fatto avviene (un elevato numero di ex testimoni di Geova chiede e ottiene di essere riassociato). E' altresì segno di carità il proteggere la congregazione dalle influenze destabilizzanti.
- come ripeto, il diniego del saluto è la norma generale, che trova però ovvie eccezioni in ovvie circostanze particolari. La norma è cioè applicata da ciascuno in base alla propria coscienza e sensibilità. Se faccio una telefonata ad una famiglia di cristiani e a rispondere è un disassociato, ovvero se busso ad una casa e mi apre un disassociato, gli rivolgo un naturale (quanto formale) saluto di cortesia. Ad un funerale non mi farei certo scrupolo non solo di salutare, ma anche di porgere sincere condoglianze all'ex-testimone di Geova che avesse subito un lutto. Ci è comandato di prestare soccorso a qualunque disassociato in difficoltà, ad esempio se fosse in pericolo di vita o in grave necessità di aiuto di qualunque genere. I rapporti coi disassociati che rientrano nell'immediata cerchia familiare (coniugi, figli etc.) non subiscono significative variazioni qualitative, di fatto è interrotto solo il coinvolgimento spirituale (come lo studio familiare della Bibbia), peraltro anche qui con varie eccezioni. Nei rapporti di parentela non stretta e di lavoro i rapporti sociali sono spesso inevitabili, e ovviamente vanno ben oltre il saluto. Potrei farti altri esempi, spero che il concetto sia chiaro.
ELL