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33) Benny Golson (1929-vivente)
snjo.co.uk
indice di notorietà: ****
paese: USA
musicista pop
Ha proseguito nella sua attività professionale dopo il battesimo? SI
La letteratura Watch Tower ha mai fatto cenno a questo VIP? SI (Svegliatevi! 22/04/81 24-28)
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Sassofonista jazz, bebop e Rhythm and Blues fra i più rinomati. Formatosi musicalmente a Philadelphia, ha suonato, fra gli altri, con John Coltrane, Lionel Hampton e Dizzy Gillespie.
E' stato anche un grande arrangiatore jazz ed un compositore di pregio. Ha scritto ad esempio le colonne sonore degli spettacoli televisivi M*A*S*H e L'uomo da sei milioni di dollari.
Ha ricevuto numerosi premi ed onorificenze: il NEA Jazz Masters nel 1995, il Mellon Living Legend Legacy Award nel 2007 e l' International Academy of Jazz Outstanding Lifetime Achievement Award, conferito dall'Università di Pittsburgh, ancora nel 2007. Nel 2009 è entrato a far parte dell' International Academy of Jazz Hall of Fame. Inoltre, la Howard University Jazz Studies ha creato nel 1996 un premio in suo onore e che porta il suo nome: il Benny Golson Jazz Master Award.
Golson compare nella parte di sé stesso, in una breve scena, nel film The Terminal di Steven Spielberg (2004, con T.Hanks).
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Lo spartito di Killer Joe, una celebre composizione di Golson.
pbguit.blogspot.it
Una prova di registrazione con il trombettista hard bop Lee Morgan
in una foto del 1957.
bainer.tumblr.com
Con il grande bassista californiano John Clayton al Kennedy Center (2007)
npr.org
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Breve passaggio di un'intervista del 1999 in cui Benny Golson parla della sua fede (traduzione mia):
Quando andavo a scuola alla Howard University, ho frequentato un corso di oratoria. L'ho seguito diligentemente, ma non mi ha insegnato nulla. Circa 30 anni fa diventai un testimone di Geova. [I testimoni] tengono una scuola che insegna a diventare un oratore pubblico. Così ci andai, e ha funzionato.
articles.courant.com/1999-12-09/entertainment/9912090925_1_jazz-bands-latin-flavor-alto-s...
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Il sito ufficiale di Benny Golson:
www.bennygolson.com/
Wikipedia (inglese):
en.wikipedia.org/wiki/Benny_Golson
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Benny Golson ha raccontato la propria esperienza nella Svegliatevi! del 22/04/1981 pagg. 24-28, che riportiamo di seguito.
Esperienza di Benny Golson (Svegliatevi! 22/04/1981 pagg. 24-28) - CLICCA PER VISUALIZZARE
La musica ha il giusto posto nella mia vita
QUANDO ero un ragazzino di otto anni abitavo a Filadelfia. Pensavo di essere alquanto diverso dagli altri. Un giorno presi una lametta e mi feci un taglio a un dito, con l’idea che se mi dissanguavo com’era accaduto ad altri ne avrei infine condiviso la sorte: come il nostro vicino che era morto ed era finito in una bara. Guardavo il sangue zampillare. “Benny Golson”, mi dissi, “anche tu morirai”.
Nei cinque anni che seguirono, quando ero solo la preoccupazione della morte assaliva ogni tanto la mia mente. Mi guardavo le mani e le muovevo, ascoltavo la mia voce mentre pronunciavo una o due parole, e mi guardavo allo specchio. Ero spaventato, perché sapevo che un giorno non ci sarei stato più.
Non volevo morire. Volevo vivere. Ma ora sembrava che io fossi impegnato in una corsa col tempo, e il tempo concessomi non era poi così tanto.
Inclinazioni musicali
Mi sentivo portato per la musica, così quando avevo nove anni mia madre cominciò a darmi lezioni di piano. A quattordici anni cominciai a suonare anche il sassofono tenore e mi innamorai di questo strumento. Ogni volta che Lionel Hampton veniva all’Earle Theater, ero lì e non perdevo una nota; avrei voluto suonare come Arnett Cobb, il suo primo sassofono.
A quell’epoca, durante la seconda guerra mondiale, provavo spesso insieme ad alcuni aspiranti giovani musicisti. Durante una di quelle prove a casa mia un conoscente, una persona molto più avanti con gli anni, disse: “Un giorno tutti voi fumerete, berrete e vi drogherete”. Ne fui indignato e gli dissi che nella nostra mente c’era solo la musica. Ma egli ripeté quello che aveva detto e aggiunse: “Aspetta e vedrai”.
L’ira che suscitò in me divenne una specie di meccanismo di difesa. Ero deciso ad essere un musicista “pulito”, e mentre io riuscii a evitare queste cose, molti miei amici di un tempo, inclusi alcuni che quella sera erano a casa mia, in seguito ne furono vittime. Anzi alcuni sono morti per una dose eccessiva di droga.
Gli inizi della carriera
Nel 1948 mi iscrissi alla Howard University di Washington, per diventare insegnante. Ma la musica era sempre il mio vero amore. Sognavo a occhi aperti di diventare un musicista di fama internazionale, e gli esercizi al sassofono mi assorbivano completamente. I corsi di psicologia, di oratoria e altre materie simili mi avrebbero aiutato a suonare meglio il mio strumento o a creare nuove melodie? Un giorno feci fagotto e non tornai più all’università.
Mi sentivo pronto per affrontare il mondo, dato che avevo suonato parecchio fuori dell’ambito universitario, nei locali notturni del posto. Mi davano sette dollari per ogni arrangiamento per orchestra (17 pezzi), e le orchestre suonavano tutto quello che scrivevo. Non era il denaro che mi interessava, volevo fare esperienza.
Quando tornai a casa a Filadelfia, ricevetti l’offerta di unirmi al gruppo di “Bullmoose” Jackson, un popolare cantante. Tadd Dameron suonava il piano. Era uno dei miei arrangiatori preferiti. Sentii che finalmente ce l’avevo fatta.
Passi avanti nella carriera musicale
In seguito suonai con un’altra orchestra e nelle ore libere scrivevo dei motivi jazz. Mentre ci spostavamo da una città all’altra, li davo ai musicisti in questi vari luoghi.
“Ehi, Benny, ricordi quel motivo che portai con me a New York?” mi chiese un giorno per strada John Coltrane, uno di questi musicisti. “A Miles è piaciuto tanto che l’abbiamo inciso”.
Fui piacevolmente sorpreso perché Miles Davis era un jazzista di successo. Quell’incisione, “Stablemates”, fu l’inizio della mia carriera di compositore di musica jazz.
Dopo di allora parve che tutti volessero che scrivessi e arrangiassi musica per loro. Di conseguenza, componevo tutti i giorni. Cercavo di manifestare una certa mia convinzione, che le canzoni dovevano essere melodiche, anche se si trattava di jazz. In seguito quella convinzione divenne il mio marchio, ed è possibile che il mio successo come compositore di musica jazz fosse dovuto a questo. Verso la stessa epoca cominciai a diventare famoso anche come suonatore di sassofono tenore.
Nel 1956 fui invitato da “Dizzy” Gillespie a entrare nella sua orchestra. Era appena rientrato da una tournée in Medio Oriente, tournée organizzata dal Dipartimento di Stato americano, e stava per partire per una simile tournée nel Sud America. Suonavo nella sua orchestra quando mi classificai al primo posto nel Downbeat International Jazz Poll, sia come sassofonista che come arrangiatore. Alla fine l’orchestra di Gillespie si sciolse e decisi di rimanere a New York per affermarmi definitivamente nel campo musicale.
Qualcosa in cui volevo credere
Ero a New York quando vennero alla mia porta i testimoni di Geova. Li consideravo gente devota ma pensavo che sprecassero il loro tempo. Chi aveva tempo di leggere riviste religiose? Quando se ne andarono le gettai nella spazzatura. Una cosa che mi rimase impressa, però, fu quanto erano educati e gentili.
Un giorno, mentre lavoravo all’Apollo Theater di New York, notai all’ingresso degli artisti una coppia con delle riviste in mano. Quando vidi che si trattava della Torre di Guardia e di Svegliatevi! dissi fra me: “Oh no! Anche qui!” Ma notai pure che tutti i musicisti, molti dei quali erano piuttosto incalliti, li trattavano con gentilezza e cortesia. Non riuscivo a capirlo. In seguito seppi che il marito, Paul White, aveva lavorato nel mondo dello spettacolo e conosceva personalmente molti artisti. Lui e sua moglie erano occupati a parlare alla gente dei propositi di Dio.
Infine si avvicinarono a me. Ero pronto a sentire quello che avevano da dire solo perché ero curioso. Fu allora che capii perché gli altri erano così rispettosi e attenti. Erano le persone più gentili e miti che avessi mai conosciuto. Ma parlavano di cose che mi sembravano pura fantasia: la fine di tutto questo sistema di cose e l’inizio di un nuovo sistema dove la gente sarebbe vissuta per sempre felice sulla terra. — II Piet. 3:13; Riv. 21:3, 4.
Avrei voluto crederci, se solo fosse stato vero. Ma non poteva esserlo. Non avevo mai sentito il “reverendo” Lewis, della Chiesa del Tabernacolo della Fede a Filadelfia, parlare di tali cose. Rividi Paul e Ida White a Chicago mentre suonavo al Regal Theater. Successivamente li incontrai a Miami, in Florida. “Sono persone veramente devote o pazze, o tutt’e due”, pensai.
Aiutato da un altro musicista
Alcuni anni dopo Art Farmer e io formammo un gruppo chiamato “The Jazztet”. In seguito si unì a noi un suonatore di trombone, Tom McIntosh. Apprendemmo poi che studiava la Bibbia con i testimoni di Geova. Parlava di quello che imparava a chiunque gli capitasse a tiro: cameriere, proprietari di club, inservienti dei bagni pubblici, musicisti e finanziatori. Non ricordo di averlo mai visto scoraggiato e non era mai in imbarazzo.
Per spostarci da una città all’altra nelle tournée usavamo spesso una giardinetta. Quando Tom cominciò a viaggiare con noi gli argomenti di conversazione cambiarono notevolmente e si cominciò a parlare di soggetti biblici. Per qualche motivo i ragazzi volevano sempre dimostrare che Tom aveva torto. Tuttavia lui citava le Scritture e diceva: “Controllate un po’ qui”.
Dopo non molto i ragazzi erano seccati perché Tom dimostrava ripetutamente d’avere ragione con la Bibbia. Si accordarono anche di farlo smettere di parlare delle sue idee. Ma poi accadde una cosa strana. Tom aveva fornito informazioni sufficienti per incuriosirli, e così finivano sempre per parlare di soggetti biblici, cominciando di solito con domande. Perciò le conversazioni bibliche in macchina non cessarono.
Mentre era col gruppo, Tom mi disse qualcosa che continuò a echeggiare nella mia mente per molto tempo dopo che se n’era andato. “Stai facendo molte cose giuste”, disse, “ma non ne trarrai nessun beneficio”. Voleva dire che dovevo ubbidire in tutto a ciò che Dio richiedeva, non solo in parte, se volevo ricevere da Lui il dono della vita eterna. — Rom. 6:23; Giov. 17:3.
Ora mi rendevo conto che dovevo conoscere qual era la volontà di Dio. Così, quando qualche tempo dopo il gruppo si sciolse, mia moglie Bobbie ed io cominciammo a studiare la Bibbia con Tom a New York. Dallo studio potei capire cose che mi avevano lasciato perplesso e anche preoccupato per molto tempo. Il ragazzino spaventato di un tempo si sbagliava: era possibile sfuggire alla morte. Appresi che in origine gli uomini non dovevano morire, ma vivere per sempre in un paradiso terrestre. E attraverso la morte di sacrificio di Gesù Cristo era stata aperta la strada per ottenere infine la prospettiva della vita eterna. — Giov. 3:16.
Una nuova vita
Poco dopo, nel 1967, partimmo per Los Angeles. Volevo scrivere per il cinema e la televisione. Molti musicisti affermati e amici miei erano già andati in California e continuavano a ripetermi: “Vieni!” così vi andai.
A Los Angeles la mia unica preoccupazione era di affermarmi in quell’industria. Misi temporaneamente da parte il sassofono e dedicai tutte le mie energie a scrivere musica per film. Scrissi per spettacoli televisivi come Mission Impossible e The Partridge Family, oltre che per film importanti. Materialmente le cose andavano bene, ma sembrava non avessi tempo per nient’altro. Nei primi tempi che eravamo a Los Angeles continuavo a ripetermi che non appena mi fossi sistemato avremmo cercato i testimoni di Geova. Ma non li cercammo. Più prosperavo materialmente, più volevo, proprio come dice la Bibbia in Ecclesiaste 5:10. — Matt. 16:26.
Poi un giorno, tornato a casa, mia moglie mi venne incontro alla porta e disse: “Indovina! Oggi sono venuti i Testimoni”. Disse che sarebbero tornati la settimana successiva. In seguito venimmo a sapere che Tom McIntosh aveva chiesto di mandare a casa mia qualcuno che condivideva i miei interessi: la musica, naturalmente. Vennero Al Kavelin e sua moglie: Al era stato una celebrità nel mondo del jazz.
Ripreso lo studio cominciammo infine ad apprezzare veramente le cose sacre. A suo tempo mia moglie ed io dedicammo la nostra vita al servizio di Geova Dio e lo simboleggiammo con il battesimo in acqua. Infine, raggiunta la maturità cristiana, fui nominato anziano nella congregazione.
Il giusto equilibrio
Amo la musica. L’ho sempre amata. E prego continuamente di poter tenere tale amore al giusto posto. So che, non importa quanto suoni bene il mio strumento, quanto sia bella una mia canzone, quanto divenga famosa la musica che scrivo per un film o qualsiasi altro successo ottenga, nulla di tutto ciò mi renderà degno della vita nel nuovo sistema di Dio. Sono passati più di dodici anni da che ho dedicato la vita a servire Geova, e posso affermare che bisogna stare attenti per mantenersi spiritualmente vivi.
Per esempio, non molto tempo dopo il battesimo cominciai a saltare le adunanze cristiane. La musica cominciò di nuovo a escludere i più importanti interessi spirituali. Ma un anziano cristiano mi fece gentilmente notare quanto stava accadendo, e, grazie al suo aiuto, feci i cambiamenti necessari. Il denaro e la fama nel mondo musicale non erano più le cose importanti della mia vita. Significa questo che ho smesso di suonare e di comporre?
No. So che il mio tipo di lavoro mi porta a contatto con un brutto ambiente: molti musicisti si drogano e conducono una vita immorale. Ma riuscite a immaginare un qualsiasi tipo di lavoro secolare dove non ci siano tracce di disonestà, corruzione, immoralità, alcolismo, gioco d’azzardo, ecc.? Queste cose, perfino la droga, sono ora presenti in tutti gli strati della società. Se si vuole continuare a fare un lavoro qualsiasi, non si possono evitare.
Nello stesso tempo, se la spiritualità del cristiano comincia a soffrire a causa del suo lavoro, gli si deve far notare, come hanno fatto con me. Ho fatto i passi necessari per salvaguardare la mia spiritualità. E, come musicista, ho avuto l’opportunità di parlare a molti nel mondo dello spettacolo a cui altri Testimoni non avrebbero mai potuto portare il messaggio del regno di Dio.
Da molto tempo la musica occupa nella mia vita un posto molto meno importante che negli anni passati. Il privilegio di servire Geova è la cosa più preziosa che ho. Egli vuole che il suo popolo sia felice, e io lo sono. Inoltre, ho la fiducia che se otterrò la ricompensa della vita nel suo nuovo sistema sarò felice in eterno, col sassofono o senza. — Da un collaboratore.
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[Modificato da EverLastingLife 13/05/2020 10:09] |