143) Kiyoshi Myobudani (1937-vivente)
en.wikipedia.org
indice di notorietà: ***
paese:
Giappone
ex lottatore di sumo
Ha proseguito nella sua attività professionale dopo il battesimo?
NO
La letteratura Watch Tower ha mai fatto cenno a questo VIP?
SI (Svegliatevi! 8/11/83 16-19)
_____________________________________________________________________
Originario dell’isola di Hokkaidō, il futuro campione di sumo Kiyoshi (o Yasuhiko) Myobudani (明歩谷 清) debutta nel marzo del 1954 come membro della scuola di
Miyagino. Nel 1955 conquista un primo trofeo; in carriera ottiene il suo più alto livello con il grado di
Sekiwake, il terzo più elevato (dopo lo
Yokozuna e l’
Ōzeki) di questa disciplina, che ne conta cinque. Due volte accede ai playoff della competizione detta
Makunouchi, la più importante in una scala di sei divisioni nel sumo professionistico. Quanto ai premi conquistati, consegue per otto volte il
Sanshō e tre volte il
Kinboshi (
Stella d’Oro, due nel 1964 e una nel 1967). Ritiratosi nel 1969, è nominato
toshiyori (carica onorifica) dell’Associazione Giapponese di Sumo, e continua a lavorare come maestro e giudice di gara. Nel 1977, a seguito della propria conversione come testimone di Geova, lascia in via definitiva l’ambiente. Alto 189 centimetri, era arrivato a pesare 113 chili: non molti, per gli standard odierni del sumo.
____________________________________________________________________________
Dati di carriera di Myobudani nel sito
Sumo Reference e, di seguito, una foto tratta dalla stessa pagina.
sumodb.sumogames.de/Rikishi.aspx?r=3985
Video. Breve clip di combattimento (12 secondi) che vede
Myobudani affrontare il lottatore Fujinishiki. L’anno è il 1961.
youtube.com
____________________________________________________________________________
Kiyoshi Myobudani ha narrato la propria storia nella
Svegliatevi! dell'8 novembre 1983, pagine 16-19. Il racconto è riportato di seguito.
Esperienza di Kiyoshi Myobudani (Svegliatevi! dell'8 novembre 1983, pagine 16-19) - CLICCA PER VISUALIZZARE
Ero un lottatore di sumo
ERA la primavera del 1965. Stavo in piedi nel cerchio di combattimento di fronte a Taiho, uno dei più grandi lottatori di sumo di tutti i tempi. Ci eravamo sciacquati la bocca con l’acqua di purificazione e avevamo cosparso di sale il cerchio in gesto di purificazione. Per quattro minuti avevamo camminato su e giù e ci eravamo fronteggiati. Ci fronteggiammo di nuovo. Il ventaglio dell’arbitro era aperto, il che stava a indicare che il nostro tempo era scaduto. Dovevamo lottare, e lottammo! Per la sesta volta battei il grande Taiho. Questo incontro mi fece guadagnare l’appellativo di “abbattitore di giganti”. Per un lottatore giapponese di sumo questo era qualcosa di emozionante.
Il sumo non è uno degli sport olimpici e in effetti non è molto conosciuto fuori del Giappone. Anzi, il Giappone è l’unico paese dov’è considerato uno sport nazionale. Ma forse chiedete: Cos’è che ne fa uno sport? In un incontro di sumo vince chi riesce ad atterrare l’avversario o a spingerlo fuori dell’area di combattimento per mezzo di prese o schienate ufficialmente prescritte.
Sumo: antico sport giapponese
È uno sport antichissimo che in Giappone risale come minimo al primo secolo a.E.V., e può avere avuto origine ancor prima nel continente asiatico. Nel corso dei secoli il sumo ha avuto stretti legami con la religione scintoista. Fu incluso un rituale shintoista quando i credenti implorarono gli dèi di benedire la raccolta del riso. Durante il periodo Heian (794-1185) il sumo rallegrava i membri della corte imperiale e divenne così lo sport degli imperatori. Quando nel XII secolo il potere politico cadde nelle mani dei militari, il sumo assunse la stessa importanza del tiro con l’arco e della scherma e divenne obbligatorio per i guerrieri. Il sumo professionistico assunse la forma attuale a poco a poco. Dal periodo Tokugawa (1603-1868), il sumo divenne uno sport per il pubblico.
Perché ero diventato un lottatore di sumo?
A dodici anni ero già alto un metro e settantacinque e riuscivo a sollevare con facilità due balle di riso del peso di 60 chili l’una. La mia statura e la mia forza avevano fatto nascere grandi speranze nei miei genitori che desideravano lasciarmi in eredità il loro podere perché me ne occupassi. Raggiunta l’adolescenza mi resi conto che la mia statura rappresentava un grosso problema per un agricoltore, perché mi era molto difficile stare chino tutto il giorno a lavorare nei campi.
Nato e cresciuto nell’isola settentrionale di Hokkaido, si potrebbe dire che ero un lottatore di sumo nato. Di solito da noi c’è la neve da novembre ad aprile e i ragazzi che rafforzano le anche camminando in mezzo alla neve sono considerati le migliori speranze di questo sport. Contro i desideri dei miei genitori entrai nel mondo del sumo.
Come funziona una “scuderia” di sumo
I giovani promettenti cominciano l’addestramento in scuole di sumo dette scuderie. Nella mia scuderia la giornata cominciava alle tre di notte. Il rigoroso addestramento cominciava con esercizi preliminari e si passava poi a effettivi incontri di sumo fra membri del nostro gruppo. La vita della scuderia è regolata da un sistema feudale in cui il grado è della massima importanza. Noi ‘novizi’ dovevamo fare tutti i lavori di pulizia e cucinare per i membri di grado superiore. Nella scuderia l’anzianità determinava chi mangiava prima e, la mattina, chi si alzava per ultimo.
L’addestramento continuava fino a mezzogiorno quando facevamo il primo pasto della giornata, naturalmente in ordine di grado. E che pasto! L’alimento dei lottatori di sumo è il chanko-nabe. Consiste di un denso, nutriente stufato, a base di carne o di pesce, con l’aggiunta di carote, cipolle, formaggio di latte di soia, salsa di soia e zucchero. Lo mangiavamo insieme a un bel po’ di riso, il tutto annaffiato da generose quantità di birra.
Dopo questo banchetto schiacciavamo un bel pisolino, il che è una delle cose che maggiormente aiuta il lottatore a raggiungere il suo obiettivo: aumentare il peso e le forze per eccellere nella competizione. Il successo di un lottatore di sumo dipende da quanto peso e quanta forza può acquistare e con che rapidità. L’importanza che ha il fisico è indicata dal fatto che gli aspiranti devono soddisfare i requisiti di statura e peso stabiliti per la loro età prima di cominciare l’addestramento. E ci vuole molta perseveranza per arrivare fino in cima. Il giovane lottatore ha la possibilità di dimostrare la sua abilità durante i sei tornei annuali della durata di quindici giorni ciascuno.
L’area di combattimento: un cerchio
Al centro di una grande sala c’è una piattaforma quadrata di terra alta sui sessanta centimetri e di cinque metri e mezzo per lato. Lo spazio dove si svolge il combattimento non è un quadrato, come nel caso della lotta occidentale, ma un cerchio. Si chiama dohyo, e non è delimitato da corde. Nella parte superiore della piattaforma c’è un incavo di quattro metri e mezzo di diametro che viene colmato con sacchi pieni di terra, ricoperti di un sottile strato di sabbia. Questa sabbia può risultare utilissima nel caso di un incontro il cui esito è incerto. Perché? Si possono controllare le impronte per determinare il vincitore!
A portata di mano ci sono sale e acqua di purificazione. La piattaforma è sormontata da una tettoia di legno di stile shintoista e sotto i sacchi sono sepolti amuleti portafortuna. A tutto ciò si aggiunga il sempre vigile arbitro che indossa un costume da guerriero con un copricapo nero di origine shintoista.
La quotidiana cerimonia di ingresso nel cerchio di combattimento da parte dei lottatori di grado più elevato è accompagnata da grande sfarzo. Essi indossano un elaborato grembiale di broccato del peso di quattro chili e più. I lottatori percorrono in giro l’area di combattimento e osservano una cerimonia in cui si battono le mani. Subito cominciano gli incontri. Ogni giorno del torneo i lottatori si presentano a turno, prima quelli di grado inferiore, poi quelli di grado superiore. Eccetto per il campionissimo, il cui grado non cambia mai una volta che l’ha conseguito, il proprio grado può cambiare nel successivo torneo sulla base delle vittorie o delle sconfitte riportate.
Chi vince?
Nel sumo la condizione di cuore e di mente è tanto importante quanto il fisico e la tecnica. Un detto che descrive appropriatamente lo spirito dell’incontro è questo: “Comincia con un inchino, termina con un inchino”. Quando sale sulla piattaforma, il lottatore china la testa verso il cerchio di combattimento. Quando viene dichiarato il vincitore, di nuovo i lottatori chinano la testa.
I lottatori indossano un torimawashi, o perizoma di seta, lungo quasi dodici metri. Esso viene piegato sei volte nel senso della lunghezza e girato attorno alla vita e all’inguine. Viene quindi legato sulla schiena con un nodo complicato.
Il peso dei lottatori di sumo può superare i 135 chili. A guisa di bulldozer caricano l’uno verso l’altro con straordinaria velocità per lo scontro iniziale, che è detto tachi-ai. L’impatto è tale da stordire. Quando vengono a contatto ciascun lottatore cerca di afferrare vari strati della fascia dell’avversario, per atterrarlo. Nello stesso tempo ognuno cerca di proteggersi dalla presa dell’altro. È una bella impresa! Per via della mia abilità nel sollevare gli avversari e portarli fuori del cerchio, mi affibbiarono il soprannome di gru umana.
Come si determina il vincitore? Nel momento in cui qualsiasi parte del corpo del lottatore tocca terra dentro il cerchio o fuori, l’incontro cessa e lui ha perso. (Naturalmente, dentro il cerchio i piedi possono toccare terra, ma non fuori). Il vincitore stende la mano e aiuta lo sconfitto a rialzarsi. Sono ancora amici.
Nei sedici anni in cui ho praticato il sumo non ho mai visto usare colpi di karatè o altri metodi sleali. Sarebbe un’azione estremamente scortese, per dire il meno.
Nel sumo colui che raggiunge l’ultimo gradino della scala è campionissimo. Quando sconfissi Taiho mi mancavano ancora due gradini, avendo raggiunto il grado di sekiwake. Nel 1969, per ragioni di salute, mi ritirai dalla lotta attiva ma rimasi nel campo professionistico come giudice di gara e istruttore di sumo. Così mi ero garantito per tutta la vita i mezzi di sussistenza.
Una scelta: la Bibbia o il sumo e lo scintoismo?
Per svolgere la mia attività professionistica nel sumo dovevo stare lontano da casa sei mesi all’anno. Un giorno del 1974 una testimone di Geova venne alla mia porta. Senza esitare accettai un opuscolo e lo diedi a mia moglie. Partii quindi per un torneo che si doveva disputare sull’isola di Kyushu. Durante la mia assenza la donna tornò e vide che mia moglie nutriva profondo rispetto per la Bibbia. Quando tornai a casa sei settimane dopo notai che mia moglie studiava la Bibbia. Poiché detestavo la religione in generale, la ostacolai.
Ciò nonostante la Testimone che studiava con mia moglie insisté più volte che la nostra famiglia andasse a trovare la sua. Pensavo che volessero semplicemente parlare al ‘lottatore di sumo’. Non riuscivo a capire perché si interessassero di me come persona. Quando mia moglie, con le lacrime agli occhi, mi implorò di fare loro visita, acconsentii, ma controvoglia. Si respirava un’atmosfera piacevole con questa famiglia di Testimoni, e mi trovai bene. Ma anche quando nell’agosto del 1975 mia moglie fu battezzata, non mi passò neppure per la mente di incamminarmi anch’io sulla via della verità.
Un giorno del 1976 venne a trovarmi un Testimone. Non feci nessuno sforzo per conversare, ma poi all’improvviso dissi: “Fratello, vuoi studiare la Bibbia con me?” Non so perché lo dissi, so solo che lo dissi. Cominciammo lo studio e feci un certo progresso, ma ben presto ebbi delle prove.
Nel mondo del sumo ci si deve conformare. Quando ero fuori casa, volevo il tempo libero per assistere alle adunanze dei testimoni di Geova in ciascuna città. Era fuori del comune ottenere un simile permesso e venivo schernito. Ma quando incontravo i fratelli, ero ricompensato vedendo l’amore e l’unità dei testimoni di Geova in tutto il Giappone.
Il mio primo desiderio fu quello di diventare cristiano e rimanere nel mondo del sumo dove il guadagno mi era assicurato. Conoscendo meglio la volontà di Geova mi resi conto che questo sarebbe stato impossibile. È vero che Giacobbe lottò con un angelo. (Genesi 32:24-29) Ma io dovevo tener conto degli stretti legami che il sumo aveva con la falsa religione. Il sumo, con tutti i riti che vengono seguiti dall’inizio alla fine, proviene da templi e santuari. Anche se il promettente lottatore considera di rado gli aspetti religiosi, è impossibile separare lo shintoismo dal sumo.
Pertanto nel gennaio del 1977 presi la ferma decisione di ritirarmi dal mondo del sumo. Lo stesso anno fui battezzato e in seguito sono divenuto qualificato per assolvere l’incarico di servitore di ministero nella congregazione. Avendo imparato ad accontentarmi delle cose presenti, provvedo ora alla mia famiglia di cinque persone facendo lavori di pulizia.
Non sono più un lottatore di sumo, ma si potrebbe dire che sono ancora un “abbattitore di giganti”. I “giganti” sono i falsi insegnamenti religiosi e la superstizione. Queste tradizioni crollano quando le ‘abbatto’ con la spada dello spirito, la Parola di Dio, la Bibbia. (Efesini 6:17) Ora che sono un ministro pioniere regolare, dedico al servizio del mio Creatore una media di novanta ore al mese. Come? Predicando la buona notizia del Regno di Dio. (Matteo 24:14) Vorreste essere ‘abbattitori di giganti’ come me? È possibile, insieme ai testimoni di Geova. — Narrato da Kiyoshi Myobudani.
____________________________________________________________________________
Torna al 3D con l'elenco dei testimoni di Geova VIP: LINK
____________________________________________________________________________
[Modificato da EverLastingLife 31/05/2020 13:03]