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La bibbia è parola di Dio?

Ultimo Aggiornamento: 01/03/2017 15:46
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24/02/2017 18:46
 
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No Costantino indsse un concilio perché nelle varie comunita c'erano piu vangeli e si stava creando una spaccatura all'interno del cristianesimo stesso. Cosi Costantino riunì i vari vescovi delle comunita e con un concorato fecero un canone unico che li riuniva tutti. Li si fece una cernita alcuni libri furono accettati ed altri scartati e bruciati. E fondo un canone comune per tutte le comunita cristiane.
24/02/2017 18:53
 
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Caro Umberto,


No Costantino indsse un concilio perché nelle varie comunita c'erano piu vangeli e si stava creando una spaccatura all'interno del cristianesimo stesso



Francamente non mi risulta, nel IV secolo ormai i 4 vangeli erano ampiamente accettati da tutte le comunità da secoli, non mi risulta che nel IV secolo altri vangeli fossero considerati canonici. Che circolassero altri scritti è ovvio, ce n'era per tutti i gusti, ma nessuno venne mai considerato canonico.


Cosi Costantino riunì i vari vescovi delle comunita e con un concorato fecero un canone unico che li riuniva tutti. Li si fece una cernita alcuni libri furono accettati ed altri scartati e bruciati. E fondo un canone comune per tutte le comunita cristiane



Beh, se tutti i vescovi dell'impero erano d'accordo sul fatto che quei scritti marginali erano da scartare è evidente che godevano di poca o nessuna diffusione, erano opera di falsari che non furono mai considerati ispirati dai cristiani né erano certo apostolici.

Ma che c'entra la trinità?

Shalom
[Modificato da barnabino 24/02/2017 19:02]
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24/02/2017 19:01
 
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La trinita fu accettata a costantinopoli dagli stessi che fecero la cernita dei libri e ne stabilirono un canone uguale per tutti.
24/02/2017 19:09
 
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La trinita fu accettata a costantinopoli dagli stessi che fecero la cernita dei libri e ne stabilirono un canone uguale per tutti.



Come detto la cernita era già stata fatta da secoli, Nicea confermò e ufficializzò un canone accettato ampiamente, o a te risulta che ci fosse qualche altro vangelo considerato canonico prima di Nicea?

IL punto però è che cosa c'entra con la trinità: a Costantinopoli gli antitrinitari accettava lo stesso canone degli altri vescovi, non c'è nessuna relazione tra canone e trinità. Quel canone, accettato già prima di Nicea, era condiviso da trinitari e antitrinitari,

Shalom
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24/02/2017 19:10
 
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scusatemi, ma cosa c'entra la bibbia che non è ispirata da Dio, anche perchè Dio non esisterebbe, con la trinità?

me lo spiegate per favore?
[Modificato da Giandujotta.50 24/02/2017 19:10]
24/02/2017 19:15
 
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Re:
Umberto6969, 24/02/2017 18.46:

No Costantino indsse un concilio perché nelle varie comunita c'erano piu vangeli e si stava creando una spaccatura all'interno del cristianesimo stesso. Cosi Costantino riunì i vari vescovi delle comunita e con un concorato fecero un canone unico che li riuniva tutti. Li si fece una cernita alcuni libri furono accettati ed altri scartati e bruciati. E fondo un canone comune per tutte le comunita cristiane.


NEL 325 E.V. l’imperatore romano Costantino convocò un concilio di vescovi a Nicea, città dell’Asia Minore. Lo scopo era quello di risolvere le continue dispute religiose sulla relazione che c’è tra il Figlio di Dio e l’Iddio Onnipotente.
In quanto ai risultati di quel concilio, l’Encyclopædia Britannica dice:
“Costantino stesso presiedette, guidando attivamente le discussioni, e propose personalmente . . . la formula cruciale che esprimeva la relazione fra Cristo e Dio nel simbolo formulato dal concilio, ‘consustanziale [homooùsios] col Padre’. . . .

E comunque in quel concilio non si affermò la trinità ma solo uguagliava il Figlio al Padre dicendo che è “della stessa sostanza”.

Ora mi spieghi cosa centra con il canone biblico?
Inoltre, mi dici la fonte delle tue affermazioni?


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“Non aver timore, poiché io sono con te. Non guardare in giro,
poiché io sono il tuo Dio. Di sicuro ti fortificherò.
Sì, realmente ti aiuterò. Sì, davvero ti sorreggerò fermamente
con la mia destra di giustizia”.
(Isaia 41:10)

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24/02/2017 19:21
 
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Re:
Umberto6969, 24/02/2017 19.01:

La trinita fu accettata a costantinopoli dagli stessi che fecero la cernita dei libri e ne stabilirono un canone uguale per tutti.


Continui a dire inesattezze. Ti ho già dimostrato che non si definì affatto la trinità che comunque non c'entra niente con il canone ma nemmeno fu stabilito il canone in quella occasione.

Il canone biblico sancito dallo spirito santo fu riconosciuto — ma non certo stabilito — da antichi concili (Laodicea, 367 E.V.; Calcedonia, 451 E.V.) e dai cosiddetti padri della chiesa, che furono eccezionalmente unanimi nell’accettare il tradizionale canone ebraico e nel rigettare gli Apocrifi.

Fra questi uomini ci furono Giustino Martire, apologista cristiano (morto nel 165 E.V. ca.); Melitone, “vescovo” di Sardi (II secolo E.V.); Origene, erudito biblico (185?-254? E.V.); Ilario, “vescovo” di Poitiers (morto nel 367? E.V.); Epifanio, “vescovo” di Costanza (dal 367 E.V.); Gregorio (257?-332 E.V.); Rufino di Aquileia, “il dotto traduttore di Origene” (345?-410 E.V.); Girolamo (340?-420 E.V.), erudito biblico della chiesa latina e compilatore della Vulgata.

Origene, all’inizio del III secolo E.V., dopo accurati studi fece una netta distinzione fra questi scritti e quelli del vero canone. Atanasio, Cirillo di Gerusalemme, Gregorio Nazianzeno e Anfilochio, tutti del IV secolo E.V., compilarono cataloghi degli scritti sacri seguendo il canone ebraico e ignorando questi scritti aggiunti o considerandoli di secondaria importanza.
Girolamo, che è definito “il migliore studioso di ebraico” della chiesa primitiva e che nel 405 E.V. portò a termine la Vulgata latina, prese decisamente posizione contro tali libri apocrifi, anzi fu il primo a usare il termine “apocrifi” nel senso di non canonici in riferimento a questi scritti

John Wycliffe, sacerdote cattolico e studioso che, con l’ulteriore aiuto di Nicholas di Hereford, nel XIV secolo fece la prima traduzione della Bibbia in inglese, non incluse gli Apocrifi nella sua opera, e nella prefazione a questa traduzione dichiarò tali scritti “senza autorità di fede”. Anche il domenicano cardinal Caetano, eminente teologo cattolico dell’epoca (1469-1534), definito da Clemente VII “luminare della Chiesa”, fece distinzione fra i libri del vero canone ebraico e le opere apocrife, citando gli scritti di Girolamo come autorità.

Ti invito per l'ennesima volta a dimostrare le fonti delle tue affermazioni.


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24/02/2017 19:24
 
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Recentemente nel romanzo Il codice da Vinci Dan Brown ha raccontato che durante il concilio di Nicea fu discusso il canone della Bibbia, riportando un aneddoto di Voltaire. L'affermazione è priva di fondamento storico.
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24/02/2017 19:30
 
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Re:
barnabino, 24/02/2017 19.24:

Recentemente nel romanzo Il codice da Vinci Dan Brown ha raccontato che durante il concilio di Nicea fu discusso il canone della Bibbia, riportando un aneddoto di Voltaire. L'affermazione è priva di fondamento storico.


Evidentemente ha fondamento solo per il nostro caro Umberto.


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24/02/2017 19:49
 
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Il libro di Dan Brown o come si chiama è una bufala. Io parlo prorio del concilio .se vuoi te lo copio e incollo visto che ce l'ho
24/02/2017 19:50
 
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CONCILIO NICENO I (325) Nicea I 19 giugno-25 luglio (?) 325 convocato dall’imperatore Costantino. Papa Silvestro I (314-335). Simbolo niceno contro Ario: consustanzialità del Figlio col Padre. 20 canoni.
24/02/2017 20:03
 
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PROFESSIONE DI FEDE DEI 318 PADRI Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore di tutte le cose visibili ed invisibili. Ed in un solo Signore, Gesù Cristo, figlio di Dio, generato,unigenito, dal Padre, cioè dalla sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre [secondo i Greci: consustanziale], mediante il quale sono state fatte tutte le cose, sia quelle che sono in cielo, che quelle che sono sulla terra. Per noi uomini e per la nostra salvezza egli discese dal cielo, si è incarnato, si è fatto uomo, ha sofferto e risorse il terzo giorno, salì nei cieli, verrà per giudicare i vivi e i morti. Crediamo nello Spirito Santo.
24/02/2017 20:06
 
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Caro Umberto,


Il libro di Dan Brown o come si chiama è una bufala. Io parlo prorio del concilio .se vuoi te lo copio e incollo visto che ce l'ho



Non possiamo leggerci tutti gli atti del concilio di Nicea, ma non è che confondi il "canone biblico" con i 20 "canoni" cioè le regole che riguardavano l'organizzazione interna della Chiesa, decise appunto a Nicea?


CONCILIO NICENO I (325) Nicea I 19 giugno-25 luglio (?) 325 convocato dall’imperatore Costantino. Papa Silvestro I (314-335). Simbolo niceno contro Ario: consustanzialità del Figlio col Padre. 20 canoni




PROFESSIONE DI FEDE DEI 318 PADRI Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore di tutte le cose visibili ed invisibili. Ed in un solo Signore, Gesù Cristo, figlio di Dio, generato,unigenito, dal Padre, cioè dalla sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre [secondo i Greci: consustanziale], mediante il quale sono state fatte tutte le cose, sia quelle che sono in cielo, che quelle che sono sulla terra. Per noi uomini e per la nostra salvezza egli discese dal cielo, si è incarnato, si è fatto uomo, ha sofferto e risorse il terzo giorno, salì nei cieli, verrà per giudicare i vivi e i morti. Crediamo nello Spirito Santo.



Appunto non vedo alcun accenno al "canone delle Scritture". I 20 canoni erano:

I. Di quelli che si mutilano o permettono questo da parte di altri su se stessi.
II. A coloro che dopo il battesimo sono subito ammessi nel clero.
III. Delle donne che vivono nascostamente con i chierici.
IV. Da quanti debba essere consacrato un vescovo.
V. Degli scomunicati: che non siano accolti da altri; e dell'obbligo di tenere i sinodi due volte all'anno.
VI. Della precedenza di alcune sedi, dell'impossibilità di essere ordinato vescovo senza il consenso del metropolita.
VII. Del vescovo di Gerusalemme.
VIII. Dei cosiddetti càtari.
IX. Di quelli che senza il debito esame sono Promossi al sacerdozio.
X. Di coloro che hanno rinnegato la propria fede durante la Persecuzione e poi sono stati ammessi fra il clero.
XI. Di quelli che hanno rinnegato la Propria fede e sono finiti tra i laici.
XII. Di coloro che, dopo aver lasciato il mondo, vi sono poi ritornati.
XIII. Di quelli che in punto di morte chiedono la comunione.
XIV. Dei catecumeni lapsi.
XV. Del clero che si sposta di città in città.
XVI. Di coloro che non dimorano nelle chiese nelle quali furono eletti.
XVII. Dei chierici che esercitano l'usura.
XVIII. Che i diaconi non debbano dare l'eucarestia ai presbiteri; e che non devono prender posto avanti a questi.
XIX. Di quelli che dall'errore di Paolo di Samosata si avvicinano alla chiesa cattolica e delle diaconesse.
XX. Che non si debba, nei giorni di domenica e di Pentecoste, pregare in ginocchio.

Shalom
[Modificato da barnabino 24/02/2017 20:08]
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24/02/2017 20:10
 
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Esatto oltre ai 20 canoni si discusse anche cosa accettare o scartare nel nuovo testamento.
24/02/2017 20:15
 
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Esatto oltre ai 20 canoni si discusse anche cosa accettare o scartare nel nuovo testamento



E dove la trovi questa notizia? Non c'è scritto nei post che hai incollato (senza per altro citare la fonte) e come detto la notizia è falsa, si trova in uno scritto di Voltaire ma non ha alcun fondamento storico. Questo lo dicono gli storici e non io.

Shalom
[Modificato da barnabino 24/02/2017 20:18]
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24/02/2017 20:21
 
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Origine dei concili. Il primo concilio «ecumenico» ha luogo a Nicea nel 325, quando l’imperatore Costantino vi convoca i vescovi responsabili delle comunità cristiane nelle varie parti dell’impero allo scopo di elaborare un atteggiamento comune nei confronti dell’arianesimo e di assicurare così la pace religiosa dell’impero stesso. Che un’assemblea generale dei vescovi cristiani si riunisse nel 325 appare —a prima vista —molto tardi rispetto alle origini della chiesa e, insieme, troppo presto se si ricorda che solo nel 313 con l’editto di Milano il cristianesimo era uscito dalla stagione delle persecuzioni o, quanto meno, dell’irrilevanza pubblica. A ben vedere però l’assemblea nicena ha una ricca serie di precedenti, che contribuiscono in misura decisiva a spiegare l’evento stesso. Gli Atti degli apostoli ci informano al capitolo 15 di una (o due, gli storici sono incerti) assemblea di particolare importanza tenutasi a Gerusalemme verso la fine del primo secolo, con l’intervento di cristiani provenienti da varie parti, tra cui Paolo (si veda il cap. 2 della Lettera ai Galati). Questo cosiddetto «concilio di Gerusalemme» fu sicuramente un’assemblea diversa dalle abituali riunioni della comunità cristiana gerosolimitana, vuoi strettamente liturgiche che comunitarie. Vi parteciparono cristiani autorevoli provenienti da varie comunità, anche molto lontane, con lo scopo di dibattere e decidere insieme il problema cruciale di quel momento storico, che divideva e addirittura contrapponeva i cristiani tra di loro. Si trattava di riconoscere o meno importanza alle osservanze giudaiche, e in primo luogo alla circoncisione, per i «gentili» che si convertivano al cristianesimo e nella vita cristiana ordinaria. È molto rilevante che la decisione presa, determinante nei successivi rapporti tra giudaismo e cristianesimo, fosse unanime, malgrado inizialmente Pietro e Paolo sostenessero due tesi opposte. Anzi essa fu presentata, nella lettera che comunicava le decisioni stesse alle comunità di Antiochia, della Siria e della Cilicia, con l’espressione «abbiamo deciso, lo Spirito santo e noi» (Atti 15, 28). Per circa un secolo le fonti disponibili non forniscono altre notizie di assemblee analoghe e solo per gli ultimi anni del II secolo abbiamo documenti certi di concili tenuti sia a Roma che, soprattutto, in Grecia in occasione del dibattito sulla determinazione della data della Pasqua o del confronto con l’eresia montanista. È di questi anni una frase significativa dell’africano Tertulliano, il quale dà notizia di «concili formati da tutte le chiese (dei paesi di lingua greca) nei quali si trattavano in comune le questioni più importanti. Essi erano celebrati con grande solennità come espressione (repraesentatio) di tutto il nome cristiano» (De jejun XIII, 6). Cosa era successo a questo proposito durante tutto il secondo secolo? Sia pure in via non definitiva, appare fondata e convincente l’ipotesi che assemblee di questo tipo si siano avute anche tra il 100 e il 200, non fosse altro che per la creazione di nuovi responsabili delle comunità. In tale periodo infatti, parallelamente all’affermazione dell’episcopato, come funzione distinta e superiore al sacerdozio, acquista sempre maggiore importanza la scelta e la consacrazione dei nuovi vescovi. A tale scopo si afferma l’uso di realizzare ciò attraverso un unico atto complesso, al quale concorrano la comunità locale interessata (scelta della persona), ma anche i vescovi delle comunità più vicine (consacrazione). Ciò esige la riunione ricorrente dei vescovi della medesima regione. Talora questi incontri hanno per oggetto anche la deposizione di vescovi indegni o altri argomenti controversi o che interessano diverse comunità. Questi concili non hanno affatto una fisionomia prevalentemente giuridico-amministrativa, ma piuttosto sacramentale, sul modello della sinassi eucaristica. Ciò non esclude che, soprattutto via via che le comunità diventano più numerose, le assemblee episcopali ricorressero per il loro ordinamento interno alle norme collaudate e prestigiose del senato romano o del sinedrio ebraico. Peraltro dedurre da questo fatto una derivazione dei concili dalle assemblee profane appare affrettato e infondato. Col III secolo, i concili risultano sempre meglio documentati dalle fonti. Vi sono importanti concili in Africa, che affrontano la questione dei lapsi —cristiani apostati durante le persecuzioni —; il medesimo problema suscita concili a Roma e ad Alessandria. Ancora in Africa, ma anche in Asia, si tengono concili per discutere sulla validità del battesimo conferito dagli eretici. Si va affermando anche l’uso che i concili inviino «lettere sinodali», alle chiese che non sono intervenute per informarle delle decisioni prese, soprattutto quando queste sono di rilevanza universale. Si manifesta anche una differenziazione tra queste assemblee, che non dipende solo dal numero dei partecipanti, ma soprattutto dalla diffusione e dalla normatività che le decisioni di alcuni concili acquistano, ben al di là dei confini delle chiese rappresentate all’assemblea. Emerge cioè la tendenza spontanea a valorizzare per aree molto vaste le decisioni di singoli concili per sé destinate a zone limitate. Un altro fattore importante, giustamente messo in luce da studi recenti, è costituito dal canone 34 degli Apostoli, contenuto nella raccolta nota sotto il nome di Costituzioni Apostoliche. Redatto presumibilmente verso la fine del III secolo questo canone prescrive «che i vescovi di ciascuna nazione sappiano chi tra loro è il primo e che lo considerino come il loro capo. Essi non devono fare alcunché senza il suo assenso, ancorché spetti a ciascuno di regolare i problemi della propria diocesi e dei territori che ne dipendono. Ma anche lui [il capo] non dovrà fare alcunché senza l’assenso di tutti gli altri. Così regnerà la concordia e Dio sarà glorificato dal Cristo nello Spirito santo» 1. Si sanciva dunque una dinamica collegiale e gerarchica ad un tempo, collocata in un contesto di comunione tra le comunità e con la Trinità. Tutto ciò aiuta a comprendere come si sia giunti ad un concilio delle dimensioni e dell’importanza di quello di Nicea solo nel 325, proprio quando si verificarono diverse e concorrenti circostanze: la lunga e diffusa prassi di assemblee di vescovi, espressione della comunione tra chiese, il radicale mutamento dello statuto pubblico del cristianesimo all’interno dell’impero, l’eccezionale gravità dell’arianesimo come minaccia della stessa identità del cristianesimo e la conseguente urgenza di una presa di posizione dotata della massima autorevolezza possibile, infine, il diffuso convincimento che la stessa pace
24/02/2017 20:21
 
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24/02/2017 20:26
 
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Il concilio di Nicea (325). Sia storicamente che dottrinalmente il cristianesimo si situava sin dalle origini in un alveo rigidamente monoteistico, in polemica ma anche in diretto contatto con civiltà politeiste, come quella ellenistica e quella romana. Su questo sfondo, la proclamazione della fede in Gesù di Nazareth come figlio di Dio da lui inviato per la salvezza degli uomini e il conferimento del battesimo in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo erano destinati a creare non pochi problemi a livello dotto come tra i semplici fedeli. Chi era veramente questo Gesù in rapporto al Padre? Che senso aveva professarsi monoteisti, se si affermava l’esistenza di un Dio in tre persone? Gesù allora era uguale o solo simile al Padre, o —addirittura —ne era una creatura subordinata? In questo caso solo il Padre poteva essere indicato come «increato». Ma in questo caso la qualifica di Gesù come figlio di Dio non si riduceva ad un contenuto molto tenue? D’altronde una piena divinità del Cristo non infrangeva irrimediabilmente il monoteismo? Il ricorso alle categorie, ai concetti e al linguaggio della sofisticata cultura greca, iniziato col prologo dell’e vangelo di Giovanni, diede grande dignità culturale al dibattito, che ebbe il suo epicentro ad Alessandria, la capitale culturale dell’impero, pur investendo progressivamente anche le chiese d’Asia, d’Africa, di Spagna e d’Italia. Peraltro il dibattito non era solo dottrinale ma investiva i dati essenziali della fede cristiana in modo vitale, coinvolgendo perciò anche i fedeli comuni. Sotto il peso delle persecuzioni di Diocleziano (303) e Licinio (320) l’incertezza sull’identità del Cristo, a causa del quale i cristiani erano perseguitati, era ben grave. Le molte posizioni in campo trovarono
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