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CRUCIFIXION IN ANTIQUITY

Ultimo Aggiornamento: 19/11/2018 21:12
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12/08/2010 22:07
 
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jwfelix, 12/08/2010 21.59:



Nevio, cosa penseresti se entrando in casa di un TdG vedresti attaccato al muro falce e martello oppure una svastica?




Penseei che in quella casa non abitano solo fratelli, perche' noi TdG si e' usata l'assenza della croce come simbolo identificativo, indipendentemente dalla possibilita' d'idolatria, ma se fai il parallelo con la eventuale croce campeggiante sul muro di una casa come simbolo negativo, dico che e' improprio: Il crocefisso e' distribuito anche in ambiti neutri come una scuola, un tribunale, un ufficio, sempre come simbolo sociale positivo, di equita' di giudizio, invito alla pace, invito a riconoscere Dio e Gesu' salvatore, una svastica no.


[Modificato da nevio63 12/08/2010 22:14]
12/08/2010 22:14
 
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Re:
nevio63, 12/08/2010 22.07:

jwfelix, 12/08/2010 21.59:



Nevio, cosa penseresti se entrando in casa di un TdG vedresti attaccato al muro falce e martello oppure una svastica?




Penseei che in quella casa non abitano solo fratelli, ma se fai il parallelo con la eventuale croce campeggiante sul muro di una casa dico che e' improprio: Il crocefisso e' distribuito anche in ambiti neutri come una scuola, un tribunale, un ufficio, sempre come simbolo positivo, una svastica no.



Talmente positivo che molti sono per l'abolizione di tale simbolo dalle aule scolastiche.
Che poi sia distribuito in ambiti neutri (?)(Ti ricordo che siamo in un paese cattolico, quindi tanto neutro non lo vedo) non significa che io lo debba tenere in casa.

[SM=g2037509]
12/08/2010 22:21
 
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Re:
nevio63, 12/08/2010 22.07:

jwfelix, 12/08/2010 21.59:



Nevio, cosa penseresti se entrando in casa di un TdG vedresti attaccato al muro falce e martello oppure una svastica?




Penseei che in quella casa non abitano solo fratelli, perche' noi TdG si e' usata l'assenza della croce come simbolo identificativo, indipendentemente dalla possibilita' d'idolatria, ma se fai il parallelo con la eventuale croce campeggiante sul muro di una casa come simbolo negativo, dico che e' improprio: Il crocefisso e' distribuito anche in ambiti neutri come una scuola, un tribunale, un ufficio, sempre come simbolo sociale positivo, di equita' di giudizio, invito alla pace, invito a riconoscere Dio e Gesu' salvatore, una svastica no.



Vedo che ci hai ripensato e hai modificato il post

Allora vediamo:

Il crocefisso e' distribuito anche in ambiti neutri come una scuola, un tribunale, un ufficio, sempre come simbolo sociale positivo, di equita' di giudizio, invito alla pace, invito a riconoscere Dio e Gesu' salvatore, una svastica no.

Ambienti neutri? Di forte maggioranza cattolica. Bell'esempio di neutralità.

Ma ci credi veramente?
12/08/2010 22:33
 
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Re: Re:
jwfelix, 12/08/2010 22.21:



... una scuola, un tribunale, un ufficio, sempre come simbolo sociale positivo, ...

Ambienti neutri? Di forte maggioranza cattolica. Bell'esempio di neutralità.

Ma ci credi veramente?



Neutri cioe' non deputati alla pratica di una religione particolare ma appartenenti alla collettivita', pur se formalmente di maggioranza cattolica. D'altronde ogni collettivita' umana ha una sua maggioranza religiosa.


12/08/2010 22:37
 
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Re: Re: Re:
nevio63, 12/08/2010 22.33:

jwfelix, 12/08/2010 22.21:



... una scuola, un tribunale, un ufficio, sempre come simbolo sociale positivo, ...

Ambienti neutri? Di forte maggioranza cattolica. Bell'esempio di neutralità.

Ma ci credi veramente?

Neutri cioe' non deputati alla pratica di una religione particolare ma appartenenti alla collettivita', pur se formalmente di maggioranza cattolica. D'altronde ogni collettivita' umana ha una sua maggioranza religiosa.




Appartenenti a quale collettività?
Se ci fosse una classe con 30 alunni di cui 20 TdG come lo spiegheresti?

12/08/2010 22:41
 
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Re: Re: Bella risposta Admin
jwfelix, 12/08/2010 22.01:




Questo significa che non siamo poi così paranoici e ossessivi come qualcuno pensa.





Si, a me pare che non sia chiara una cosa: i tdG non hanno una fobia per la croce come se fossero pervasi dall'irrefrenabile desiderio di liquefarla nell'acido ovunque essa si trovi.
Se così fosse chiederebbero di abolirla dalle aule scolastiche o dagli uffici lavorativi, o eviterebbero di sostare in tali luoghi.
Se così fosse, inoltre, eviterebbero di raffigurare la morte di Cristo. Personalmente non avrei alcun problema neanche nell'esporre, tra le altre, una scena della morte di Cristo al palo, dal momento che è la semplice raffigurazione di un avvenimento storico, così come è possibile trovare tale scena anche in casa di un ateo, accanto al dipinto con le prodezze di Giuseppe Pinetti e alla raffigurazione del processo di Galileo Galilei.
Ma un ateo non avrà mai - a meno di controsensi - un crocifisso al collo o esposto in casa, proprio perchè il confine tra il dipinto o la rappresentazione di insieme da una parte e il simbolo/oggetto a se stante - e estrapolato dal contesto - dall'altra sta proprio nel culto e nell'esaltazione dell'oggetto stesso, storicamente già carico di significati in quella sua veste (i due pezzi di legno incrociati) e in quelle modalità di 'utilizzo' (appenderlo al muro, al collo, utilizzarlo nella preghiera, e così via).



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12/08/2010 22:41
 
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Re
jwfelix, 12/08/2010 22.37:




Appartenenti a quale collettività?
Se ci fosse una classe con 30 alunni di cui 20 TdG come lo spiegheresti?




L'aula in cui quella particolarissima classe svolge le sue lezioni e' inserita in un complesso scolastico dove permane una maggioranza appartenente alla cristianita'. Fosse tutta una scuola dei TdG allora si abolirebbe il crocefisso, in pieno diritto.


12/08/2010 22:48
 
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Re: Re
nevio63, 12/08/2010 22.41:

jwfelix, 12/08/2010 22.37:




Appartenenti a quale collettività?
Se ci fosse una classe con 30 alunni di cui 20 TdG come lo spiegheresti?


L'aula in cui quella particolarissima classe svolge le sue lezioni e' inserita in un complesso scolastico dove permane una maggioranza appartenente alla cristianita'. Fosse tutta una scuola dei TdG allora si abolirebbe il crocefisso, in pieno diritto.




Allora vedi che non è un campo neutro?
Anche se la maggioranza fosse TdG vige sempre l'obbligo del crocifisso.
12/08/2010 22:57
 
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Re: Re: Re
Poly:

Per Simon
Simon:


“Mi consenta, signor Poly, cosa è piu’ gratuito: leggere che il patibulum viene attaccato alla crux, come i testi non affermano mai, visto che parlano espressamente del condannato, o supporre che il trasporto del patibulum sia una punizione a sé? “



Ma né io né gli studiosi di crocifissione romana negano che la pena del trasporto del patibulum sia nata come pena “a sé”. Questo è quello che ad esempio scriveva Leolaia nel pdf da me linkato: “La pena del trasporto del patibulum, durante la quale uno schiavo era frustato e condotto attraverso la città, era praticata nell’epoca pre-repubblicana ed era il diretto antenato della parte del rituale della crocifissione nel quale la vittima trasportava la propria croce (cioe il braccio trasversale della croce). Non sempre precedeva l’esecuzione; era spesso usata con l’unico scopo di umiliare. E questo pezzo di legno che nei secoli successivi diventerà il braccio orizzontale della croce romana.


Scusami un attimo Poly. In base a cosa affermi (tu, con la tua pari d’oltreoceano) che questa pratica sia da limitare all’epoca “pre repubblicana”? Ho appena finito di citarti Plauto e Valerio Massimo, a quale periodo pensi che appartengano?
Di seguito, temporalmente quando sarebbe avvenuta questa fantomatica transizione al presunto “mos” di cui stiamo amabilmente discutendo?
Poly:

La crux compacta giunge all’esistenza quando la crocifissione fenicia viene fusa con la preesistente punizione del trasporto del patibulum. Da quel momento la punizione degli schiavi fuggitivi non fu piu solo essere costretti a sfilare attraverso la città aggiogati ad un patibulum, ma anche l’ essere appesi su di esso.” (p. 7)
Quindi non stai dicendo niente di nuovo o che gli studiosi non abbiano già considerato, ma, per l’appunto, questa pena del trasporto del patibulum è ciò che, quando il rituale finiva con una condanna a morte, creava una croce.


Non vedo un orizzonte di alcun tipo in queste affermazioni: quando sarebbe avvenuta questa presunta “fusione della crocifissione fenicia” col trasporto?
Sopra nel testo affermi “anche l’essere appesi su di esso”. Qual è il soggetto di questa frase, il “patibulum”?
Simon:

“A questo proposito ti faccio notare che circa a metà del secondo atto del “miles gloriosus” (che ai miei tempi soprannominavo “boriosus”) viene detto:
“Credo ego istoc extemplo tibi esse eundum actutum extra portam, dispessis manibus, patibulum quom habebis.”
Senza che si faccia un riferimento immediato ad alcuna “crux”. Se 15 battute dopo si legge: “Noli minitari: scio crucem futuram mihi sepulcrum” è abbastanza evidente l’uso figurato, e non per forza collegato, della “crux” che qui diventa addirittura un “sepulcrum”. Dunque in Plauto stesso abbiamo testimonianza di un trasporto di patibulum inteso come punizione. “



Poly:

Non si capisce cosa dovrebbe dimostrare questa citazione. Non è certo una prova che sia esistita una pena del trasporto del patibulum a prescindere dalla crocifissione (cosa che per altro nessuno nega), e la ragione la dici tu stesso, in seguito Plauto dice poche righe dopo che la sua tomba sarà la croce, cioè che andrà a morire lì. Non si capisce cosa cambi il fatto che sia qualche riga dopo, e che la croce viene definita sepolcro (il che è banalmente un modo per dire che vi morirà sopra). E comunque, esattamente come nel frammento della Carbonaria, questo è esattamente lo stesso rituale usato per Cristo. Si fa passare per la città il condannato fissato ad un patibulum, e lo si conduce fuori dalla città per giustiziarlo.


Anche qui mi tocca richiamarti all’ordine, come ho dovuto fare spesso in questo 3D, come se il dottorando fossi io…
Definire un oggetto un sepolcro non significa esattamente “morirci sopra”. Men che meno significa quello di cui stiamo dibattendo da lungo tempo nel 3D, cioè che su quella “crux” verrà attaccato un “patibulum”.
Da ultimo, il parallelo non è affatto identico: non possiamo affermare che Gesu’ venne attaccato (o addirittura inchiodato, adfixum) al “patibulum” durante il trasporto. Anzi, oserei dire l’esatto contrario.
Poly:

Il tutto è identico a quanto avviene per Cristo, e questo perché fuori dalle città c’erano dei luoghi predisposti con dei pali già piantati per terra, sui quali veniva poi issato il patibulum. Questo posto a Roma era nella piazza Sestertium, fuori dalla porta Martia o Esquilina (Tac. Annal. II, 32; XV, 60, XIV, 33; Plut. Galb. 9; Plaut. Pseudol. I, 3; V, 98)


Nuovamente, le “cruces” pronte per l’esecuzioni lasciano davvero pensare ai pali piantanti per sospenderci il poveretto. Ce ci fosse l’usanza di attaccarci il “patibulum”, o che quello fosse addirittura il “mos”, è da dimostrare.
Poly:

La frase di Plato da te citata, allude proprio a questa esecuzione capitale su croce che veniva fatta “fuori porta”, e a cui anche la Carbonaria aveva accennato: “Credo ego istoc extemplo tibi esse eundum actutum extra portam, dispessis manibus, patibulum quom habebis. » “Ecco questa e la posizione giusta, proprio cosi, a braccia aperte, finirai in croce fuori la porta della città” (Lett: le mani distese e inchiodato al npatibulum)≫ (Miles Gloriosus, 359-360).


Di nuovo torniamo alla fiera del prosciutto: il riferimento è al “patibulum”, non alla “crux” col “patibulum” sopra. A meno di identificare inconsciamente, come stai facendo tu con un tipico ragionamento circolare, le due cose.
Simon:

“Valerio Massimo, che al contrario di Plauto visse ai tempi del Cristo, riferisce di un utilizzo apparentemente separato del “patibulum” (facta ac dicta memorabilia, 9.2):
“cuius iussu principum ciuitatis capita hostiarum capitibus permixta sunt Carbonisque Aruinae truncum corpus patibulo adfixum gestatum est.” In questo caso il cadavere mutilato viene “adfixum” al patibulum, senza che venga menzionata una croce ad esso collegata”



Poly:

E cosa dovevano farci, visto che era già morto? Questo passo non è quello che cerchi, perché non descrive una punizione, ma l’esposizione di un cadavere, mutilato, fatto per la città attaccato ad un patibulum. Non c’è dunque alcun rituale della crocifissione in questo passo perché non c’era più nessuno da crocifiggere.


L’ho citato per due motivi: uno è l’utilizzo del “patibulum” come forma di tortura (in questo caso di semplice umiliazione) a sé stante; due per farti notare che questa forma di punizione continuo’ ad esistere in pieno periodo repubblicano e addirittura proprio ai tempi della crocefissione del Cristo.
Di seguito, visto il tuo commento poco lucido (“Non c’è dunque alcun rituale della crocifissione in questo passo perché non c’era più nessuno da crocifiggere”), potrei citarci molti esempi di “crux” usata per attaccarci i cadaveri, ma il piu’ ovvio è proprio il noto episodio legato a Giulio Cesare (che qui riporto tramite Svetonio) e ai pirati:
“Quoniam suffixurum se cruci ante iurauerat, iugulari prius iussit, deinde suffigi”
Quindi, prima fa tagliare la gola ai poveretti per “misericordia”, poi li attacca direttamente alla “crux”. Lascio a te disquisire (o direi meglio fantasticare), se il “mos” abbia richiesto o meno il “patibulum” prima e se l’abbiano attaccato al palo assieme ai pirati. Ovviamente il testo, come praticamente tutti gli altri, tace su questo per noi importante dettaglio.
Simon:

“1. viene menzionato in modo indipendente dalla “crux”
2. non viene esplicitamente inchiodato, né legato, né fissato in alcun modo ad alcuna “crux” “



Poly:

Quanto al punto uno, nessuno l’ha mai negato,…


Dunque anche qui siamo d’accordo.
Poly:

… quanto al punto due, la cosa è alquanto semplice: le fonti ci descrivono il prodotto finale come cruciforme (Tertulliano, Luciano, Artemidoro, ecc.), ergo visto che vediamo descritto che c’è della gente che portava il patibulum fino alla croce, ne abbiamo dedotto che la barra trasversale di questa croce fosse il patibulum che costoro avevano portato fin là. Al contrario, da nessuna parte si parla di un trasporto del palo verticale fino al luogo dell’esecuzione.


Anche questa volta devo arrivare io a fermare i tuoi abituali voli pindarici di ricercatore, lasciatelo dire, un poco evanescente.
Le fonti che citi ora (Tertulliano, Luciano, Artemidoro) sono roba, nemmeno di seconda, ma di terza mano. Ora:
1. Mi vuoi documentare un “mos romanorum” e pretendi che scrittori del calibro di Cesare, Tito Livio, Valerio Massimo, Tacito e Sallustio nonché Cicerone, Seneca e Plinio, il fior fiore della latinità, abbiano tralasciato di menzionarlo e vadano integrati con esempi di romanità eccelsa quali Tertulliano, Luciano o addirittura Artemidoro?
2. Mi vuoi far credere che gli eventuali esempi visti da Tertulliano, Luciano o Giustino, che peraltro differiscono in non pochi trascurabili dettagli da quelli degli autori latini citati, possano dimostrare qualcosa riguardo alla forma della “crux” nelle esecuzioni romane menzionate dagli altri autori e, men che meno, riguardo alla forma della “crux” del Cristo?
Simon:

“Vedi sopra: è altrettanto facile risponderti che “sappiamo da altre fonti che non c’era un braccio trasversale della croce”, anzi per esattezza, della “crux”, non della “croce”. “



Poly:

Vorrei tanto sapere se tu credi che tutto il mondo accademico sia composto da scemi, e dunque non si siano già contate le occorrenze in cui è inequivocabile che fosse un solo palo, confrontandole con quelle in cui è inequivocabile che c’era una croce. Prova ad indovinare il numero, poi ti dico la risposta.


Alla mia età, anzi già da qualche anno a questa parte, preferisco non fare piu’ ipotesi fideistiche sui risultati prodotto dal fantomatico “mondo accademico”. Mi limito a fare domande e cercare risposte. Posta come la poni tu, qualunque sia il risultato, sarebbe una statistica improponibile e priva di alcun valore. Indicami lo studio che definisce rigorosamente cosa stà contando, poi ne menziona e numera le occorrenze, me lo leggo piu’ che volentieri e ne riparliamo.
Per inciso, magari Samuelsson avrà gettato alle ortiche 10 anni della sua vita, ma praticamente nessuno studio da lui consultato (tranne Kuhn) definisce con un certo rigore in cosa dovesse consistere una “crocefissione” (anche senza l’aggettivo “romana”).
Simon:

“re sono le mie obiezioni formulate di getto:
1. Tertulliano scrive alle soglie del III piu’ che nel II.
2. In questa traduzione quelli che Tertulliano chiama “cristiani” si sarebbero messi ad “adorare” addirittura la “crux” di legno con tanto di “antemna” e “sedilis”.
3. A meno di smentite da parte tua, sarebbero interessanti, non troviamo alcuna testimonianza in letteratura di esecuzioni romane con crux, antemna e sedilis.
In breve, Tertulliano scrive queste cose circa 170 anni dopo i fatti, senza far riferimento alle sue fonti. Sarebbe interessante conoscerle. “



Poly:

Pronto… Terra chiama Simon!! Cosa vuol dire che “Tertulliano non fa riferimento alle sue fonti”? La fonte è lui stesso, i suoi occhi. È nato nel 155 d.C., coi romani ci ha vissuto, le loro crocifissioni (abolite solo nel IV secolo) le ha viste. Sei tu che, non si sa in base a cosa, pensi di sapere meglio di lui che coi romani ci viveva com’è fatta una croce.


Guarda che puoi risparmia questo tipo di commenti, tra l’altro contribuirebbe ad accorciare i tuoi post. Se ritieni che Tertulliano sia significativo riguardo al “mos”, citami una sua descrizione di esecuzione capitale romana a mezzo “crux”.
Simon:

“1. Tertulliano scrive alle soglie del III piu’ che nel II. “


Poly:

L’Ad Nationes è del 197 d.C., ergo II secolo. Ma comunque è irrilevante. Tertulliano è nato nel 155 e morto nel 230 ca. quindi è un uomo del II secolo, giacché ha vissuto più tempo nel II che nel III. Poteva sapere meglio di te com’è fatta una croce, o sbaglio?


Guarda che stai uscendo, ancora una volta, fuori strada. Tertulliano avrà potuto eventualmente vedere le “cruces” in uso verso la fine del II e all’inizio del III. E’ ovviamente da escludere che abbia visto “cruces” del I o addirittura lo “stauros” del Cristo, che lui secondo te descriverebbe nei suoi testi, evidentemente assumendo che fosse stato paragonabile a quello che lui vedeva ai suoi giorni.
Quello che a noi interessa molto di piu’ è un’eventuale attestazione del “mos” da parte di Tertulliano, su questo mi piacerebbe leggerti.
Simon:

“2. In questa traduzione quelli che Tertulliano chiama “cristiani” si sarebbero messi ad “adorare” addirittura la “crux” di legno con tanto di “antemna” e “sedilis”. “



Poly:

Beh, guarda, questo è un problema per i TdG, non certo per i cattolici.


Non dubitavo affatto che voi seguaci del vaticano abbiate stomaci piu’ robusti dei nostri.
Poly:

Noi infatti la croce la adoriamo, anche se non in realtà adorando la croce intendiamo dire che adoriamo chi ci è appeso sopra (adorazione relativa). Comunque, il brano in realtà non può essere usato per dire che i cristiani adorassero la croce. Tertulliano nel brano dice semplicemente che i cristiani sono accusati di stoltezza perché adorano l’ignominiosa croce, al che ribatte: ma anche voi adorate dei pezzi di legno, dei pali, dunque adorate la croce come noi, solo che noi adoriamo la croce completa con la sua traversa, voi invece un palo mutilo. Lo schema dell’argomentazione fa semplicemente il verso all’accusa pagana, e non si può ricavarne in alcun modo che Tertulliano stia davvero dicendo che i cristiani adorano la croce, anche perché, senza precisare in che senso adorano la croce, la cosa sarebbe eretica.


Infatti lo è, non lo “sarebbe” solo.
Simon:

“A meno di smentite da parte tua, sarebbero interessanti, non troviamo alcuna testimonianza in letteratura di esecuzioni romane con crux, antemna e sedilis. “



Poly:

Scusa ma non ho capito la domanda. Cosa vuol dire che non troviamo traccia in letteratura di esecuzioni con crux, antemna e sedilis? Vedi, è la prima parola che non capisco. Come fai a dire che non ci sono esecuzioni romane con crux?


Magari sono poco chiaro, ma non ti rimettere a tagliare ad arte i post altrui. Io ho parlato di esecuzioni con “crux, antemna e sedili” non solo di “crux”.

Poly:

Quanto agli altri due termini, antemna è semplicemente un termine che indica il pennone che interseca l’albero maestro di una nave, e s’è conservato tale e quale in italiano. Tertulliano lo usa per chiamare il braccio trasversale della croce. Scrive altrove: “Infatti, anche nella traversa (antemna) che fa parte della croce (quae crucis pars est), le estremità sono chiamate “corna”, e con “unicorno” si intende qui il palo centrale dello stipite (medius stipitis palus).” (Contro Marcione 3, 18,3-4)
Quanto al sedile, abbiamo qualche testimonianza, entrambe del II secolo:

“La parte piantata nel mezzo, sui cui poggiano coloro che vengono crocifissi, sporge come un corno e va quindi vista anch’essa come un corno foggiato e fissato come gli altri corni.” (Giustino, Dialogo con Trifone, 91)

“La forma della croce ha cinque punte68 ed estremità, due nella lunghezza, due nella larghezza, e una nel mezzo, la dove si posa colui che vi e confitto”. (Ireneo di Lione, Contro le eresie, 2,24,5)



Scusami un attimo, ma chi sono questi signori? Sono rappresentanti della romanità, fonti autorevoli e fautori del famoso “mos”?
Tertulliano aveva famigliarità col “mos romanorum” perché, secondo te, lo aveva davanti agli occhi, e chiama il “patibulum” “antemna”?
Gli altri due invece vedono “corna” e “cinque punte”.
Scusami un attimo Poly te lo ricordo ancora, qui si parla di “mos romanorum”, non di “amateurs” visionari che si inventano termini di fantasia. Mi favoriresti una loro descrizione di esecuzione secondo il famoso “mos”?
Simon:

“E qui ti sbagli, perché continui ad avere in mente la ricostruzione fantasiosa dei padri e un altrimenti inesistente “mos romanorum”.”



Poly:

I Padri non hanno bisogno della fantasia per ricostruire come si veniva crocifissi. La pena della croce infatti fu abolita solo nel IV secolo e dunque essi potevano vedere crocifissi quando volevano.


Naturalmente questa è una tua supposizione indimostrata ed indimostrabile, a meno che non riportino effettivamente una descrizione di un episodio a cui assistettero. Ma già il fatto che si mettano a coniare termini di fantasia puo’ ingenerare qualche legittimo dubbio, almeno in chi non fa ricerca per fede.

Concludo qui per ora.

Simon
13/08/2010 01:01
 
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Re: Re:
jwfelix, 12/08/2010 16.39:



E qui ti sbagli, perchè se io vedessi un crocifisso in casa di qualcuno non direi mai che sia un TdG, ma possibilmente un cattolico e meno ancora un evangelico, in quanto anche molti di loro non usano in casa nè immagini nè il crocifisso.





Ho seguito un po' tutta la discussione che trovo interessantissima, ma non voglio entrare nel merito, anche perché non ne possiedo le dovute competenze per discuterne.
Una curiosità però, riguarda l'affissione al muro della propria casa di una croce che è simbolo per eccellenza del cristianesimo mi chiedo perché giustamente un tdG dovrebbe appendere un crocifisso in casa propria visto che il tdG rifiuta la dottrina del cristianesimo basato su Gesù come Dio da adorare, per il quale questo simbolo è di fondamentale importanza.
Mi chiedo se io fossi politicamente parlando di destra appenderei quache simbolo comunista in casa di mia spontanea iniziativa?
Probabilmente no.
Ma il problema del rifiuto del crocifisso dei tdG implica dell'altro, è cosi religiosamente radicato e totale che potrebbe facilmente passare per una sorta di superstizione, e qui parlo per esperienza, conosco bene alcuni tdG e le loro idee, anzì, avevo anche iniziato uno studio con loro anni fa.
Ora vorrei raccontare una mia esperienza e porre una domanda ai tdG.
tempo fa una mia amica regalò ad un altra nostra comune amica evangelica un Rosario, una croce colorata e ornata, particolare
nella forma boccioli di rose e molto carino nell'insieme, lei accettò quel Rosario e non solo lo accettò ma lo affisse alla parete del suo salotto.
Io sapendo che gli evangelici non venerano la croce né pregano il Rosario le chiesi meravigliata perché avesse quel Rosario appeso alla parete.
Lei mi rispose che lo trovava molto carino, come oggetto, e che ogni volta lei lo guardava pensava alla nostra amica.
Inoltre mi disse che quel Rosario non la poteva né proteggere né danneggiare, proprio perché era solo un oggetto.

Ora mi chiedo se io facessi un regalo cosi ad un tdG, lui si sentirebbe libero di accettarlo e di appenderlo nel suo salotto perché lo trova carino e perché attraverso l'oggetto si ricorda di me?????

CD [SM=g27985]





[Modificato da castadiva70 13/08/2010 02:00]
13/08/2010 01:55
 
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Caro Polymetis,


Non si vede perché dovrebbe essere una rivoluzione copernicana. E’ un’evoluzione perfettamente collegata al significato precedente, cioè ciò che è piantato per terra, ed è una settorializzazione di tale significato: non dunque una rivoluzione, ma un cambiamento semantico nel solco



Dunque mi pare che quello che era essenzialmente il campo semantico di stauros non sia cambiato: un palo piantato a terra (appunto, lo stauros) a cui è appeso (per mezzo di un patibulum, a testa in giù, sbilenco, non importa) il condannato. Cambia la forma, può darsi, non cambia il senso espresso dalla parola: appendere qualcuno con modalità varie ed eventuali ad un palo, non è caso che si sia scelto stauros, non credi?


tutti infatti registrano questo mutamento di significato, questa “speciazione”



Cosa che, se il campo semantico riguarda la funzione dello stauros, ci lascia perfettamente indifferenti rispetto al campo semantico, forse sei in grado di capirlo anche tu.


Questo dunque è un fatto, e il problema è solo dove questa specializzazione del termine abbia avuto luogo all’interno della linea temporale



La specializzazione riguarda le modalità con cui si veniva condannati, la forma che lo stauros poteva assumere ma non il campo semantico di stauros, ovvero l'appendere qualcuno a quel palo verticale piantato a terra. Quella è la specifica denotazione dello stauros: non abbiamo stauros senza palo verticale, vicerversa possiamo avere stauros senza croce, perché l'italiano croce non appartiene al campo sematico di stauros ma descrive solo una forma.


Ad esempio Tertulliano nel II secolo scrive: “Parte di una croce [crux] è ogni legno che piantato viene in posizione verticale. Noi, se mai, adoriamo un dio intero e completo” (Apologetico, XVI, 6)



E con questo? Tu stai ragionando da antiquario ma ragionando sul campo semantico di stauros quel legno piantato a terra sarebbe uno stauros, era un palo approntato ad hoc per appendervi appendervi il condannato. Non cambia il campo lessicale d'origine di stauros, che finzionalmente resta un palo a cui è appeso il prigionerio, non importa con quali modalità, tanto è vero che la crux resta stauros, come il patibulum è stauros e non abbiamo altri termini per indicare lo stipes. Non si tratta solo di una sineddoche, qui stauros, in base alla sua origine, indica anche lo stipes, come elemento funzionale di base ed inequivocabile.


Se nel I secolo parli di fondamenta delle case, e dici stauros, la gente continuerà a capire che parli dei pali delle fondamenta e non delle croci, se però in ambito penale romano, dici che qualcuno è stato appeso dai legionari ad uno stauros, allora avrebbero capito che è stato appeso ad uno strumento a forma di croce, che è quello che usavano i romani



Che lo strumento fosse sempre ed esclusivamente a forma di croce è proprio quello che si contesta. Ma al di là di questo la domanda è se stauros di per sé denota una forma o solo una modalità di esecuzione. Indipendentemente dalla metidologia più usata nel I secolo la domanda è: cosa fa di un oggetto uno stauros? La forma o la funzione? Io propendo per la seconda ipotesi, cioè che il concetto di stauros non sia legato alla sua forma ma alla sua funzione ed è quella che il traduttore debba evidenziare, tanto è vero che qualunque forma abbia lo stauros si può parlare anche di xylon o skolops senza che ne muti la funzione fondamentale.


significa solo che nella mente delle persone, vista la frequenta con cui questo stauros presso i romani era una croce, ha iniziato ad identificare la parola stauros con le croci



Potrebbe anche essere, ma questo cambia qualcosa rispetto al campo semantico di stauros? Ovvero esso attiene alla forma esteriore, che abbiamo visto può mutare nel tempo, oppure alla funzione, che rimande inalterata nel tempo? Abbiamo un'idea generale di stauros a cui attribuire l'estensione del campo semantico? E se l'abbiamo lidea della "forma" fa parte di quel campo semantico oppure è solo accessoria ad esso?


Il tuo modo di procedere è dunque insensato. Perché pretendi che si traduca col significato ex hypothesi è più antico di un termine



Mi pare che tu non abbia capito nulla, io ne faccio una questione diacronica, ma di specificità del termine. Da un punto di vista temporale lo stauros può aver cambiato forma, ma tuttavia resta sempre uno stauros, ed è quella specificità denotativa che dobbiamo cogliere. Che in varie epoche potesse aver assunto una forma piuttosto che un'altra non fa parte della specificità lessicale dello stauros, la specificità è nel suo essere rimasto, sempre e comunque, quel palo di tortura a cui in prigioniero veniva appeso.

Se in italiano rendo con "croce" sposto inevitabilmente l'equilibrio dalla parte forma, magari anche quella più probabile, ma che non fa parte del significato specifico veicolato da stauros. E' chiaro che anche chi traduce "palo di tortura" fa un'approssimazione, perché "palo" non contiene in sé tutte le forme possibili (anche se le permette!) che lo stauros potrebbe avere, né quella che tu ritieni più probabile nel I secolo, ma comunque veicola in pieno e senza nulla togliere e nulla aggiungere la funzione specifica dello stauros, dunque sposta l'equilibro dalla parte della "funzione" che a me sembra quella corrispondente al campo semantico di stauros.


In questo caso, il nostro occhio deve guardare alla giustizia romana



La giustizia romana, ammesso che sia così, si serviva di un palo verticale (o no?) a cui il prigionerio era appeso dopo essere stato assicurato ad un altro palo orizzontale. Potrà cambiare la forma finale, la percezione che poteva avere su certi scrittiri, ma non la funzione fondamentale che è la specificità dello stauros che resta quella che era in origine.


Temo di continuare a non capire perché, se anche fosse così, “palo” di tortura dovrebbe trasmettere meglio la funzione di “croce”. Giacché i pali non sono croci, e le croci non sono pali, ciascuno dei due termini escluderebbe l’altro



Perché "palo di tortura" descrive il significato minimo, la funzionalità di base dello stauros. Qualunque stauros è fondamentalmente un "palo di tortura" perché anche nella croce il patibulum è appeso a quel palo, insomma, senza quel palo non abbiamo nessuno stauros ed è da quel palo che si possono generare tutte le forme possibili ed immaginabili di crocifissione e quindi ci permette di riunire sotto un'unico termine (stauros) tutti i tipi di crocifissione indipendentemente dalla forma. Palo di tortura non esclude la croce più di quanto non la escludesse l'uso di stauros, skolops o xylon.

E comunque se il campo semantico di stauros privilegia la "funzione" alla "forma" sarà lo scrittore, nella sua descrizione delle modalità di esecuzione, a darci l'idea di che forma dovesse avere lo stauros di cui parla. Capisci cosa voglo dire? Che se Luciano vuole dirci che il "palo di tortura" di cui parla ha forma di T o se Artemidoro vuole dirci che il "palo di tortura" è fatto di più "legni" trovano il modo di dircelo, dato che di per sé stauros non veicola l'idea di forma. Lo stesso vale per ogni altro testo, se l'autore usa stauros è perché vuole sottolineare la funzione dell'oggetto e non la forma, se vuole parlare di forma trova certo nel testo l'occasione per farlo, ma se non vuole farlo il traduttore non deve forzargli la mano.


La funzione è l’essere piantati per terra, non l’essere piantati per terra ed essere un palo



Ripeto, nel I secolo (e già da secoli) quello che era piantato a terra per appendervi in condannato o il patubulum o qualunque altro arnese era un oggetto pressoché paliforme, sia esso un manufatto umano che un albero. Quello era l'elemento funzionale mimino che denotava uno stauros.


solo che croce rispetta quello che sappiamo del mos romanorum e rispecchia pure quello che le altri fonti ci dicono della morte di Cristo



Si, ma anche ammesso che avessimo la certezza della forma, cosa che è tutt'altro che scontata, ti ripeto: che cosa ha che fare con il campo semantico di stauros? Gli autori del NT, se voleva informarci sulla forma o la posizione di Gesù lo avrebbe penissimo potuto fare, come lo fanno Luciano e altri, usando stauros ci informano solo sulle modalità di esecuzione, e noi non vogliamo aggiungere o togliere nulla a testo.


Lo cambia eccome se tu vuoi partire da questa traduzione che tu chiami “funzionale” per poi dire “dunque non era una croce”, come fa la WTS



La WTS non fa naturalmente solo un discorso lessicale o antiquario, ma partendo dalle dichiarazioni di alcuni lessicografi (Wine, Bullinger e altri) ne fa anche e soprattutto un discorso teologico e liturgico. Ma al momento non ci interessa, io vorrei indagare piuttosto la scelta della TNM su un piano puramente traduttivo. Ti ricordo che, almeno nelle intenzioni a cui non voglio fare processi, il lavoro del comitato della TNM non era di fornire una pezza biblica alla WTS ma quello di investigare il significato del testo nel modo più obiettivo possibile.


Per di più questa traduzione ha lo svantaggio di non passare un’informazione storica ai lettori, perché se ammettiamo che la maggior parte delle volte il patibulum c’era, allora ostinandoci a tradurre con palo io non sto dando ai lettori l’informazione storica che i romani avevano introdotto delle nuove procedure nella crocifissione



Il testo non è un'enciclopedia da cui trarre informazioni storiche, né rendere con "palo di tortura" è ostinazione ma è solo cercare di rendere in italiano il campo semantico di stauros. Se l'autore del testo avesse voluto sottolineare una "forma" lo avrebbe potuto fare, usando stauros ha voluto sottolineare invece la "funzione" dell'oggetto. Se traduco non "palo di tortura" dunque non tolgo nulla al testo perché basilarmente la parola stauros non vuole comunicare la forma, che resta elemento accessorio.


a tal punto s’era legata quest’immagine a quella dello stauros che la gente s’era convinta che la parola sTAUros derivasse da tau (=T)



Si, tu stai cercando di convicermi, sulla base di alcune citazioni del II secolo, che ci fosse stato uno scivolamento del campo semantico di stauros dalla funzione alla sua forma, ma questi brani non mostrano uno spostamento del campo semantico, semmai della percezione dell'oggetto o ad alcuni esemplari di quell'oggetto, ma il significato di base resta quello legato alla sua funzione.


Infatti la funzione che connota semmai è l’esser piantato per terra, lo star fermo, non che qualcuno ci sia appeso sopra



Nel I secolo lo stauros inteso come strimento di condanna non india le fondamenta, ma indica specificamemente il palo di tortura eretto ad hoc a cui doveva essere appeso un condannato, sarai d'accordo con me che parliamo di due funzioni diverse.


Arcaicamente, lo stare piantati per terra, in seguito, a partire dall’epoca romana, s’è andato specializzando ed è andato ad indicare la sola forma della croce come esito ultimo



Ripeto, la forma che poteva assumeva lo stauros è estrana al campo semantico, qualunque palo verticale piantato a terra era uno stauros ed era riconosciuto come stauros non perché aveva una forma particolare, ma perché aveva una funzione particolare, che non cambiò con la presunta "specializzazione" romana, anche in quel caso il senso base era di appendere il condannato ad un palo verticale, con o senza patibulum lessicalmente restava uno stauros.


perché “palo” non è il corrispettivo di automobile, ma di berlina, giacché se sia un suv sia una berlina sono automobile, questo non può certamente esser detto del palo, che non designa sia pali che croci ma solo pali



...così come abbiamo "pali di tortura" (funzione) composti con il patibulum, con la furca, senza nulla (forma).


No guarda, semmai sei tu che, misconoscendo il fatto che esiste una specificità nella crocifissione romana, porti via al testo un’informazione



Coem ho detto il testo non è un libro di storia, e quell'informazione che io porterei via dal testo è un'informazione che non c'è nel capo semantico di stauros, dunque come detto la TNM non aggiunge e toglie nulla al testo. Se poi l'autore voleva informarci sulla forma specifica dello stauros poteva farlo, come hanno fatto e molti altri autori del II secolo.


Ma quando mai se uno legge “palo di tortura”, gli può venir in mente che potrebbe essere anche una croce? Ma conosci l’italiano?



Ripeto, non ho detto che è la resa perfetta, ma è quella più vicina al campo semantico di stauros, rappresenta la forma funzionale minima dello stauros e lascia aperta l'interpretazione, laddove "croce" la chiude e l'arricchische di simbologie e tradizione successive.

Perdonami ma se il testo specifica il tipo di procedura o di forma, come fanno gli scrittori che tu citi, l'uso di "palo di tortura" è del tutto ininfluente rispetto all'esplicita descrizione. Il fatto è che il testo del NT non dice nulla, perché allota intervenire allora sulla traduzione di stauros, a che serve? Si aggiunge un dettaglio solo presunto che non fa parte del campo semantico della parola scelta dall'autore.


Se leggo croce immagino esattamente quello che doveva essere, cioè uno stipes più un patibulum, cioè una croce a due braccia, com’è corretto pensare che storicamente fosse. Non ho in mente né le crociate, né Costantino, né compagnia cantante



Vedi che anche tu erroneamente stai dando l'accento alla presunta forma, come se avesse importanza. Nel I secolo l'idea di stauros non suscitava questo tipo di emozioni o sentimenti, piuttosto suscitava orrore, vergogna e disgusto. Tutti sentimenti che non sento in te, il che dimostra che ho ragione: anche per te palo è più efficace di croce, dato che ne parli con disgusto! [SM=g27985]


La domanda dunque al fine è solo uno: se traducete con palo solo per connotare una fantomatica funzione, perché usate questa traduzione per dire che Cristo non è morto in croce?



Semplicemente perché riteniamo che Gesà non sia morto su di una croce, dato che il testo in sé (che per noi resta il riferiemnto) non specifica nulla che ci permetta di risalire a questa forma, nè ci sono prove esterne certe della forma della croce, con pareri discordanti di alcuni studiosi.

Nel momento in cui avremo ragionevolmente certezze per determoninare la forma dello stauros non avremo alcun problema a tradurre palo ma ad ammettere che fosse dotato di uno stauros. Ripeto: i TdG non sono legati ad alcun dogma, ben vengano le conclusioni degli antichisti, non ho mai letto da parte della WTS alcuna preclusione in questo senso.

Shalom


[Modificato da barnabino 13/08/2010 02:00]
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13/08/2010 02:04
 
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Caro Castadiva,


Ora mi chiedo se io facessi un regalo cosi ad un tdG, lui si sentirebbe libero di accettarlo e di appenderlo nel suo salotto perché lo trova carino e perché attraverso l'oggetto si ricorda di me?????



Beh, regalare un rosario ad un TdG è un pò come regalare una bicicletta ad un pesce! [SM=g27987] Comunque credo che la maggior parte lo rifiuterebbe se ha dei simboli religiosi, se non li ha credo che molti lo accetterebbero ma non lo esprrebbero, perché lo riteniamo troppo legato alle preghiere ripetitive, chi venisse a casa potrebbe pensare che lo usiamo per recitare l'ave maria o simili.

Shalom
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13/08/2010 02:21
 
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barnabino, 13/08/2010 2.04:

Caro Castadiva,


Ora mi chiedo se io facessi un regalo cosi ad un tdG, lui si sentirebbe libero di accettarlo e di appenderlo nel suo salotto perché lo trova carino e perché attraverso l'oggetto si ricorda di me?????



Beh, regalare un rosario ad un TdG è un pò come regalare una bicicletta ad un pesce! [SM=g27987] Comunque credo che la maggior parte lo rifiuterebbe se ha dei simboli religiosi, se non li ha credo che molti lo accetterebbero ma non lo esprrebbero, perché lo riteniamo troppo legato alle preghiere ripetitive, chi venisse a casa potrebbe pensare che lo usiamo per recitare l'ave maria o simili.

Shalom




Caro, sono una cara. [SM=x1408399]

Quindi i tdG non si sentono liberi di avere qualsiasi oggetto in casa che il qualche modo rappresenta dei simboli religiosi.
Come già detto, mi sembra una quasi sorta di superstizione.
Riguarda invece la questione delle preghiere recitative, annoto che anche la mia amica evangelica non recita l'ave maria e simili.
Ma aveva capito perfettamente che quell'oggetto ora cosi appeso al muro nel suo salotto non rappresentava altro che un bell' oggetto ornamentale e un bel ricordo della sua amica.

CD [SM=g27985]





13/08/2010 02:23
 
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Per Simon


“Scusami un attimo Poly. In base a cosa affermi (tu, con la tua pari d’oltreoceano) che questa pratica sia da limitare all’epoca “pre repubblicana””



Scusa ma dove nel testo di Leolaia trovi scritto che questa pratica si limiti all’epoca pre-repubblicana? Il testo dice solo che nell’epoca pre-repubblicana si usava questo supplizio, non che lo usassero solo nell’epoca pre-repubblicana.


“Di seguito, temporalmente quando sarebbe avvenuta questa fantomatica transizione al presunto “mos” di cui stiamo amabilmente discutendo?



Con le guerre puniche. C’è una pena arcaica, che consiste nel trasporto del patibulum, detto anche furca. In seguito si usò questo trasporto del patibulum per fornire alla crux il suo braccio trasversale. Questo non vuol dire che si sia smesso di praticare la pena umiliatoria del solo trasporto del patibulum, vuol dire solo dire che, qualora questo fosse il preambolo per un’esecuzione capitale, questo patibulum andava a costituire il braccio trasversale della futura croce.


“Non vedo un orizzonte di alcun tipo in queste affermazioni: quando sarebbe avvenuta questa presunta “fusione della crocifissione fenicia” col trasporto? “



Quando, per l’appunto, i romani hanno incontrato i fenici. Le guerre puniche.


“Anche qui mi tocca richiamarti all’ordine, come ho dovuto fare spesso in questo 3D, come se il dottorando fossi io…
Definire un oggetto un sepolcro non significa esattamente “morirci sopra””



Per me invece è chiarissimo. Cosa diavolo dovrebbe voler dire, se non che ci morirà sopra? Ma fai il bastian contrario per partito preso. E’ una frase che si usa ancora oggi, in espressioni come: se guidi troppo forte, l’automobile sarà la sua tomba. Oppure: per chi annega l’oceano è la sua tomba. Sono espressioni per dire che si morirà in un luogo. Non trovi che ci siano un po’ troppe coincidenze? Tutta questa gente che va verso una crux con un patibulum, ed invece nessuno di cui sia detto che ci va con un palo? Come si spiega dunque la fantasiosa ricostruzione che i TdG fanno della morte di Gesù. Da una parte abbiamo chi dice che abbiamo dei patibula portati verso una croce, e ne deduce che vengano issati su di essa. Dall’altra c’è chi invece non può produrre una sola fonte che parli di pali verticali trasporti sul luogo dell’esecuzione, e per di più, mentre rimprovera agli altri che non c’è scritto da nessuna parte che il patibulum venga innestato sulla croce, si deve anche lui inventare una procedura mai descritta, cioè che i soldati si mettano a piantare sul luogo del supplizio il palo verticale portato dal condannato a morte. Dunque io ho il patibulum portato fino alla crux, e ne deduco che li sia stata issata. Tu invece non puoi attestare né il palo verticale portato dal condannato, né che questo sia mai stato piantato. Direi che voli più di fantasia tu.
Inoltre questa era una mera ipotesi mentale, infatti non è vero che non ho prodotto testimonianze dove si dice che il patibulum è innestato sulla croce. Ricito Giustino che è chiarissimo: “Il corno unico e infatti il legno ritto la cui parte
superiore si sporge in alto come un corno quando viene innestato un legno trasversale, le cui estremità vengono ad essere come corna a lato dell’unico corno.” (Dialogo con Trifone 91)


“Men che meno significa quello di cui stiamo dibattendo da lungo tempo nel 3D, cioè che su quella “crux” verrà attaccato un “patibulum””



Abbiamo il patibulum che viene portato alla croce, con il prigioniero inchiodato allo stato, e poi viene detto che il prigioniero viene fatto “ascendere alla croce” (in crucem excurrere), il verbo da proprio l’idea di qualcosa che viene fatto salire, del patibulum tirato su con le corte che ascende sulla croce.


“Da ultimo, il parallelo non è affatto identico: non possiamo affermare che Gesu’ venne attaccato (o addirittura inchiodato, adfixum) al “patibulum” durante il trasporto. Anzi, oserei dire l’esatto contrario.”


Non ho ben capito di che passo stai parlando qui, ma comunque mi sembra di capire che parli di un passo in cui si dice che qualcuno è inchiodato ad un patiblum.
Io fossi in te a forza di vedere gente che va verso una crux con un patibulum attaccato, qualche domanda me la farei. Pare che l’unica cosa che ti manca e sulla quale insisti sia l’assenza della precisa descrizione del patibulum attaccato alla croce. Ma, come ripeto, se lo schiavo plautino era inchiodo al patibulum, e con questo patibulum si dice che va verso la croce, e poi viene fatto ascendere in croce, allora, se dovessimo dar retta a te, avrebbero dovuto schiodarlo dal patibulum e attaccarlo poi ad una crux, singolo palo. Perché disturbarsi a schiodarlo dal patibulum, cosa alquanto laboriosa tra l’altro, quando la cosa più semplice sarebbe stata tenerlo inchiodato lì dov’era, ed issarlo sulla croce mentre era attaccato alla sbarra orizzontale? Il fatto che la tradizione ci parli di patibulum con chiodi e di schiavi che vanno verso la crux inchiodati al patibulum è la prova indiretta che il patibulum non veniva dismesso arrivati alla crux, giacché avrebbero dovuto schiodarlo, bensì, affissi com’erano, venivano issati sulla croce. La crocifissione di Gesù, in cui il trasporto del patibulum non comportava chiodi ma solo l’essere legati con delle funi, è una variante. Quello che si ottiene è il medesimo risultato. Il prigioniero legato poteva essere issato sulla croce, sicché la pratica abituale era rispettata.


Nuovamente, le “cruces” pronte per l’esecuzioni lasciano davvero pensare ai pali piantanti per sospenderci il poveretto. Ce ci fosse l’usanza di attaccarci il “patibulum””



Come ripeto, basta fare due più due. Cristo, esattamente come questi schiavi, sono condotti per essere crocifissi fuori dalla porta della città. Per Cristo non sappiamo cosa portò, mentre per questi schiavi la parola usata da Plauto per dire cosa portano “extra portas” è il patibulum, ed “extra portas urbis” c’erano per l’appunto dei pali già piantati. Se facciamo il confronto vediamo che la situazione è identica, anche Cristo ha portato un patibulum, e fuori dalla città c’era un luogo con una crux già piantata ad attenderlo, anzi, varie cruces. La tipologia è identica.


“Di nuovo torniamo alla fiera del prosciutto: il riferimento è al “patibulum”, non alla “crux” col “patibulum””



Qui dice che finirà col patibulum fuori dalla porta della città, dove, come ripeto, altre fonti ci testimoniano che ci fossero dei pali già piantati, e siccome le fonti ci descrivono molte croci come fatte a T, allora gli studiosi giustamente hanno dedotto che il braccio orizzontale venisse dal patibulum fin là trasportato, come infatti la testimonianza di Giustino conferma. Tutto torna, siete voi che ponete delle difficoltà inesistenti.


“L’ho citato per due motivi: uno è l’utilizzo del “patibulum” come forma di tortura (in questo caso di semplice umiliazione) a sé stante



Sai, trovo difficile parlare di tortura e umiliazione di qualcuno se si parla del suo cadavere. Vada per l’umiliazione, ma la tortura? Come ripeto, questo brano non c’entra niente con quello di cui tu vorresti parlare, cioè il trasporto del patibulum come pena a sé stante. Qui non c’è qualcuno che trasporta il patibulum, ma qualcuno che, già morto e mutilato, è attaccato al patibulum e portato in giro per mostrarne la fine ingloriosa.


“Di seguito, visto il tuo commento poco lucido (“Non c’è dunque alcun rituale della crocifissione in questo passo perché non c’era più nessuno da crocifiggere”), potrei citarci molti esempi di “crux” usata per attaccarci i cadaveri, ma il piu’ ovvio è proprio il noto episodio legato a Giulio Cesare (che qui riporto tramite Svetonio) e ai pirati:”



Il mio esempio è lucidissimo, qui c’è un cadavere mutilato, e dunque non è il trasporto del patibulum come preambolo della pena della crocifissione perché qui la persona è già morta. Il brano che citi invece non ha nessun parallelismo col nostro, perché lì la funzione di esporre il cadavere per umiliarlo è per l’appunto rivestita dalla crux, mentre qui questo è già svolto dal portare in giro il corpo mutilato attaccato al patibulum, dunque non c’era bisogno di attaccarlo a nessuna croce.


“vanescente.
Le fonti che citi ora (Tertulliano, Luciano, Artemidoro) sono roba, nemmeno di seconda, ma di terza mano.”



Non si vede perché, sono fonti coeve all’impero.


“Mi vuoi documentare un “mos romanorum” e pretendi che scrittori del calibro di Cesare, Tito Livio, Valerio Massimo, Tacito e Sallustio nonché Cicerone, Seneca e Plinio, il fior fiore della latinità, abbiano tralasciato di menzionarlo e vadano integrati con esempi di romanità eccelsa quali Tertulliano, Luciano o addirittura Artemidoro? “



Io non ti ho detto che questi autori non lo menzionano, o che non si possa ricostruire anche sulla base di alcuni di questi autori, ne ho semplicemente citati altri (nel pdf ad esempio troverai un’analisi del mos romanorum in Seneca). Vedi, le fonti non obbediscono a quello che vogliamo noi, quello che ci arriva dal mondo antico è causale e dettato dalle circostanze. Per descrivere cosa facciano i romani Luciano non è meno indicato di Cesare, perché Luciano al pari di Cesare è un autore che è vissuto nel periodo temporale che ci interessa, ed in una provincia romana, al pari di Artemidoro, e di Tertulliano. Come ripeto la croce era qualcosa di cui si preferiva non parlare, sicché, per ricostruire qualcosa, può essere necessario mettere insieme le testimonianze che vengono da varie fonti. Comunque, si vede che non sei abituato a lavorare con le fonti antiche, e che dunque ignori la regola numero uno della storiografia: più una cosa è conosciuta, e meno le fonti ne parlano.
Perché vedi se scrivi un libro per i tuoi contemporanei, non li informi di quello che tutti sanno. Sicché ad esempio non scriveresti mai, per un pubblico italiano: “Roma, che è una città del Lazio, ha 72 Chiese”, scriveresti solo “Roma ha 72 Chiese”, perché dai per scontato che tutti i tuoi lettori sappiano dov’è Roma. Allo stesso modo nessuno s’attarda a descriver in maniera dettagliata e puntigliosa com’è fatta una crocifissione o come si crocifiggeva, sia perché erano cose note a tutti (poiché tutti ai romani erano soggiogati), sia perché faceva schifo parlarne. Infatti se vediamo il perché Luciano ed Artemidoro parlano più diffusamente di com’è fatta la croce, è perché non sta parlando nessuno dei due di una crocifissione reale. Artemidoro infatti discute di cosa possa significare sognare di essere crocifissi, e Luciano parla di com’è fatto lo stauros per dire che la sua forma assomiglia a quella della lettera tau in un componimento in cui stava parlando di tutt’altro, cioè dell’alfabeto greco. Vale a dire che riescono a parlare di croce, e a dirci cose specifiche, proprio perché, non parlando di una crocifissione particolare, non c’è il ribrezzo e il pudore che si ha nel parlare della morte di qualcuno. E’ più facile descrivere la croce mentre parli delle consonanti dell’alfabeto greco che mettersi ad indugiare, descrivendo com’è fatta una croce, se stai dicendo che una persona viene ammazzata (che senso avrebbe infatti in quel caso fermarsi a precisare com’è fatta una croce, cosa per altro a tutti nota e dunque inutile da precisare)? Ergo, quanto più si parla di fatti concreti, tanto meno ci si può aspettare che la gente, inorridita dalla visione, scenda nei particolari a descriverla. Mentre, quanto più si parla della croce in astratto, come in Luciano o Artemidoro, tanto più ci si può aspettare una descrizione. Tertulliano poi parla di croce perché ha un motivo preciso, cioè Cristo messo in croce, ed è per questo che gli autori cristiani hanno più riferimenti dei pagani, che dalla croce erano invece schifati e non avevano nessun motivo per parlarne.


“Mi vuoi far credere che gli eventuali esempi visti da Tertulliano, Luciano o Giustino, che peraltro differiscono in non pochi trascurabili dettagli da quelli degli autori latini citati, possano dimostrare qualcosa riguardo alla forma della “crux” nelle esecuzioni romane menzionate dagli altri autori e, men che meno, riguardo alla forma della “crux” del Cristo? “



Ma certamente. Luciano ad esempio dice che l’esecuzione su croce era così comune che la gente credeva che la parola stauros derivasse il suo nome dal tau. Giustino similmente descrive com’è fatta una croce, ed è buono come chiunque altro vissuto in quel periodo come fonte.


“Alla mia età, anzi già da qualche anno a questa parte, preferisco non fare piu’ ipotesi fideistiche sui risultati prodotto dal fantomatico “mondo accademico”



Preferisci affidarti all’ipotesi singola di uno svedese che non sei in grado di valutare…


“Mi limito a fare domande e cercare risposte. Posta come la poni tu, qualunque sia il risultato, sarebbe una statistica improponibile e priva di alcun valore. Indicami lo studio che definisce rigorosamente cosa stà contando, poi ne menziona e numera le occorrenze, me lo leggo piu’ che volentieri e ne riparliamo. “



“Crux Domini atque crocifixio” dell’Holzmeiester, che fu professore al Pontificio Istituto Biblico di Roma, purtroppo per te è scritta in latino (sai com’è, prima degli anni sessanta nelle facoltà pontificie era l’unica lingua concessa). Ma visto che pretendi di discutere di lessicologia latina, suppongo che non avrai problemi a leggerla. Questo testo è di capitale importanza, il più citato in assoluto su questo problema, e si può dire che tutti gli studiosi successivi l’hanno saccheggiato a piene mani perché è stato il primo a riportare tutte le fonti, che poi altri hanno semplicemente ripreso.


“Se ritieni che Tertulliano sia significativo riguardo al “mos”, citami una sua descrizione di esecuzione capitale romana a mezzo “crux”. “



Ma perché vuoi incastrarmi in percorsi argomentativi fittizi? Perché per essere validi testimoni di come avviene una crocifissione occorrere descrivere una crocifissione concreta? Se tu devi descrivere come si cucina la faraona ripiena, puoi dare questa ricetta in astratto e dire come si prepara senza nominare nessuno, o devi invece descrivere una persona particolare, tua moglie ai fornelli, mentre la cucina? Non occorre descrivere una particolare crocifissione di un malcapitato x per descrivere come una crocifissione avveniva.
Vediamo che informazioni si possono ricavare da Tertulliano su quello che crux stava iniziando a significare in modo specifico, cioè due bracci incrociati. Egli scrive:
Parte di una croce [crux] è ogni legno che piantato viene in posizione verticale. Noi, se mai, adoriamo un dio intero e completo” (Apologetico, XVI, 6)
Se Tertulliano può dire, ed essere capito dai suoi lettori, che il legno verticale è solo “parte” della croce, è perché nel frattempo il significato andava slittando verso una crux con una precisa forma geometrica, a causa della ricorrenza con cui le cruces assumevano tale forma. Altro involontario indizio che la crux sia sempre più distinta dal palo, ce lo dà sempre lui, testimone del lessico latino del suo tempo, guardo dice:
“Affiggete i cristiani a croci [crucibus] e a pali [stipitibus]: c’è forse vostro simulacro che non sia stato prima argilla sovrapposta ad una croce e ad un palo [cruci et stipiti]?” (Apol XII,2)
Anche qui, questa frase del locutore latino Tertulliano è possibile solo che stipes non è lo stesso che crux, altrimenti non avrebbe specificato la differenza.
Dunque, questo è un’indizio lessicale sul mos romanorum, perché qui vediamo che la crux è qualcosa di più di un palo (tant’è che il palo viene definito come “parte” di una croce), e qualcosa di diverso da un palo (tant’è che si distinguono i romani appesi alle croci da quelli appesi ai pali).
Prima che tu dica qualcosa ribadisco che non sto dicendo che i romani non attaccassero anche a dei pali, sto dicendo che, qualora veniva fatto portare un patibulum al condannato, allora siamo all’interno del rituale della crocifissione, e dunque si finiva appesi su una croce.


“Guarda che stai uscendo, ancora una volta, fuori strada. Tertulliano avrà potuto eventualmente vedere le “cruces” in uso verso la fine del II e all’inizio del III. E’ ovviamente da escludere che abbia visto “cruces” del I o addirittura lo “stauros” del Cristo, “



Adesso qui sei tu che straparli, perché stai presumendo che i romani tra il primo e il II secolo abbiano cambiato modo di crocifiggere, e che se dunque Tertulliano nel II secolo ci dice che il palo è solo parte di una croce, nel I secolo non era così. Possibile ovviamente, ma non vedo proprio perché dovrei dar più retta a te per sapere com’era fatta una croce romana rispetto ad uno che visse nel II secolo.


“Quello che a noi interessa molto di piu’ è un’eventuale attestazione del “mos” da parte di Tertulliano, su questo mi piacerebbe leggerti”



Come già detto, queste cose si ricavano non da un solo autore, ma dal mettere insieme i tasselli che provengono dalle indicazioni sparse qua e là. Questo avviene per qualsiasi cosa dell’antichità si voglia ricostruire: non c’è mai un autore che ci dica tutto di qualcosa, e bisogna sempre incrociare le fonti. In questo caso ho citato Tertulliano perché ci parla della forma finale della croce, che poi è quello che ci interessa, siccome poi sappiamo che alla croce veniva portato un patibulum, si è dedotto che fosse quello a fornire il braccio trasversale della croce. Questa deduzione non è arbitraria, perché Artemidoro e Plurarco scrivono che chi è appeso allo stauros, prima se lo porta, dunque si era affissi allo stauros che si era appena trasportato. Ma siccome sappiamo che lo stauros che ha in mente Artemidoro è una croce (visto che la paragona a gente che danza a mani divaricate e all’albero della nave col pennone), allora, poiché siamo d’accordo sul fatto non venissero trasportate croci intere dal furcifer, se ne deve dedurre che “chi è appeso allo stauros, prima se lo porta” si riferisca al patibulum. Non può riferirsi al palo verticale, sia perché questo non è mai attestato da nessuna parte, sia perché come ripeto Artemidoro specifica che la forma finale dello stauros è una croce. Abbiamo qui dunque attestato che ciò che veniva portato, era ciò cui si veniva appesi. E, per l’appunto, siccome siamo pieni di fonti, da Plauto in poi, che guarda caso ci dicono di gente che va verso una crux portando un patibulum, allora giustamente diciamo che a quello stesso patibulum venivano attaccati, e che esso andava a formare la croce. E non lo diciamo per una nostra fantasia privata, ma perché sia Plutarco che Artemidoro scrivono che si veniva inchiodati a quello che si era appena trasportato (Plutarco, Moralia, De Sera Numinus Vindicta 554 A, Artemidoro di Daldi, Oneirocritica 2.56) Dunque non ha senso dire che questa gente si portasse il patibulum fino al luogo dell’esecuzione e poi lo mollasse là, perché il confronto con queste altre citazioni ci permette di dire che si portava e si veniva appesi ad uno stesso pezzo.


“Magari sono poco chiaro, ma non ti rimettere a tagliare ad arte i post altrui. Io ho parlato di esecuzioni con “crux, antemna e sedili” non solo di “crux”. “



Beh, sì esistono persone che ci dicono che la croce aveva un braccio orizzontale ed aveva un sedile, ho già citato Ireneo e Giustino, ma in quelle citazioni, poiché sono scritte in greco, le parti ovviamente non sono chiamate così. Ma si evince comunque dalla loro descrizione che c’erano tutti questi elementi, ad esempio se dicono che la croce ha cinque punte, due per braccio, e una in mezzo, dove poggia il condannato, anche se non vengono nominate le parti della croce coi loro nomi latini, si deduce che la croce in questione aveva sia l’antemna sia il sedilis.


“Scusami un attimo, ma chi sono questi signori? Sono rappresentanti della romanità, fonti autorevoli e fautori del famoso “mos”?
Tertulliano aveva famigliarità col “mos romanorum” perché, secondo te, lo aveva davanti agli occhi, e chiama il “patibulum” “antemna”? “



Ma spero vivamente che tu stia scherzando. Qual è il problema? Il mos è sempre quello, non è che se chiami una parola con un sinonimo cambi la sostanza di quello che descrivi. Antemna è un sinonimo perfetto di patibulum perché indica un palo intersecato ad un altro, e dunque gli alberi dei pennoni (da questo termine deriva anche il nostro “antenna” per riferirsi a quegli oggetti che abbiamo sui tetti per ricevere la tv)


“Gli altri due invece vedono “corna” e “cinque punte”.
Scusami un attimo Poly te lo ricordo ancora, qui si parla di “mos romanorum”, non di “amateurs” visionari che si inventano termini di fantasia. “



Ma quali visionari? Qui stanno semplicemente dicendo, per descrivere una croce, che il palo orizzontale è simile ad un paio di corna che si dipartono da un corno centrale. E’ una descrizione basata sulla forma della croce, non una visione mistica. E inventano termini di fantasia, è verissimo infatti che le due punte del patibulum, proprio perché sporgenti verso l’esterno, potevano essere chiamate “corni”. E’ Tertulliano che ci conferma quando dicono Giustino ed Ireneo. Scrive: “Infatti anche nella traversa (antemna), che fa parte della croce (quae pars crucis est), le estremità sono chiamate corna” (Contro Marcione 3,18, 3-4)
Qui tra l’altro Tertulliano fa un commento en passant, evidentemente convinto che i suoi lettori sapessero benissimo di cosa stesse parlando, a meno che tu non voglia pretendere di venirmi a dire che sia il latino meglio di Tertulliano, che coi romani ci visse nel II secolo, e che dunque pretendi di saperne più di lui e di contestargli che in latino le parti esterne della croce fossero chiamate corna, testimonianza tra l’altro confermata da altri due scrittori.


“Naturalmente questa è una tua supposizione indimostrata ed indimostrabile, a meno che non riportino effettivamente una descrizione di un episodio a cui assistettero.”



Ma stai scherzando? Io devo dimostrare cosa? Che sapevano com’è fatta una croce? Scusa ma se vivevano nel II secolo, e la crocifissione è stata abolita nel IV, cosa diavolo fai a pretendere che non abbiano mai visto una persona crocifissa? I romani crocifiggevano schiavi in quantità, e, se anche per remotissima ipotesi costoro avessero vissuti tappati in casa tutto il giorno, e non avessero mai visto una crocifissione in vita loro, evidentemente avrebbero saputo comunque com’era fatta una croce a causa di tutta la gente con cui parlavano. Giustino poi è chiarissimo nel dire cosa assomigli e cosa non assomigli alla forma di una croce, dunque ne conosceva la forma. E viene seriamente da chiedersi come si può mettere in dubbio che non la conoscesse, o come si può pretendere che qualcuno nel XXI secolo sappia meglio di lui cosa significasse la parola stauros! Uno svedese, che coi romani non ci ha mai vissuto e il greco antico non lo parla perché è una lingua morta, vorrebbe insegnare a Giustino ed Ireneo, che cogli antichi romani ci vivevano e parlavano e scrivevano in greco antico, che cosa una parola significhi! Questo è incredibile, e bisogna accecarsi volutamente per poter credere ad una contorsione mentale di così poco buon senso.

Ad maiora
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
13/08/2010 08:12
 
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Una rappresentazione della crocefissione non convenzionale

Algida e distaccata, irreale pur all'interno di una certa verosimiglianza, questa scena, che sembra attuarsi al bordo di un infinito, mi ha sempre colpito per il marcato senso di atemporalita' e sospensione che riesce a comunicare. Il superamento dell'aspetto tragico a favore di quello simbolico ne fa un dipinto di genere, per me, di assoluto riferimento.

Salvador Dali' "Corpus Hypercubus"

[Modificato da nevio63 13/08/2010 09:10]
13/08/2010 09:21
 
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Re: Una rappresentazione della crocefissione non convenzionale
nevio63, 13/08/2010 8.12:


Una rappresentazione della crocefissione non convenzionale...





La posizione del corpo anticipa la resurrezione.


CD [SM=g27985]


13/08/2010 09:44
 
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Re: Re:
cara castadiva,

castadiva70, 13.08.2010 02:21:



Quindi i tdG non si sentono liberi di avere qualsiasi oggetto in casa che il qualche modo rappresenta dei simboli religiosi.
Come già detto, mi sembra una quasi sorta di superstizione.



evidentemente non sai cosa sia la superstizione


Riguarda invece la questione delle preghiere recitative, annoto che anche la mia amica evangelica non recita l'ave maria e simili.
Ma aveva capito perfettamente che quell'oggetto ora cosi appeso al muro nel suo salotto non rappresentava altro che un bell' oggetto ornamentale e un bel ricordo della sua amica.



chiamiamo le cose con il loro nome. Un crocifisso è un icona, un simbolo religioso.
Il Garzanti alla voce icona scrive:
"nell'arte bizantina e russa, immagine sacra dipinta su tavola | (estens. lett.) qualsiasi immagine sacra;"

Quindi, non sono semplici opere d'arte, ma delle icone religiose.

"I cristiani sinceri, tuttavia, non dimenticano lo scopo principale delle icone. Sono oggetti di culto. Pur non contestando il diritto altrui di avere delle icone, i cristiani non tengono icone, neppure come oggetti da collezione. Questo è conforme al principio contenuto in Deuteronomio 7:26" (w02 1/7 "Adorate Dio in spirito")









[Modificato da Seabiscuit 13/08/2010 09:45]

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"Perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all'azione" - Edmund Burke
13/08/2010 10:25
 
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Cara Castadiva, [SM=g27985]


Quindi i tdG non si sentono liberi di avere qualsiasi oggetto in casa che il qualche modo rappresenta dei simboli religiosi.
Come già detto, mi sembra una quasi sorta di superstizione



Può anche darsi che ci sia anche qualche TdG superstizioso, ovvero che attribuisca a quegli oggetti un qualche potere "magico", questo non posso escluderlo, i TdG non sono fatti con lo stampino e ciascuno ha idee proprie, ma non è questo il motivo per cui un TdG non esporrebbe un rosario o un'altro simbolo religioso (o politico) in casa propria. Si tratta di un problema di appartenenza, i TdG non vogliono essere in alcun modo associati ad altro che al regno di Dio e al Cristo e non vogliono dare l'idea di una sorta di unione delle fedi o ecumenismo.

Il rosario per esempio serve a fare preghiere ripetitive, una modalità di preghiera che i TdG rifiutano, perché dunque esporre in bella vista un oggetto che serve a fare quello che noi stessi non facciamo e le Scritture suggeriscono di non fare? Sarebbe a dir poco contraddittorio come messaggio pedagogico, come un insegnante che dice agli studenti di non fumare ma poi usa accendini con la cannabis e il giamaicano stampata sopra, magari simpatico ma poco didattico... e noi siamo insegnanti e discepoli di Cristo a tempo pieno!


Ma aveva capito perfettamente che quell'oggetto ora cosi appeso al muro nel suo salotto non rappresentava altro che un bell' oggetto ornamentale e un bel ricordo della sua amica



Certo, ma a parte il cattivo gusto di regalare un rosario ad un testimone di Geova, suona un pò come regalare il gagliardetto delle SS ad un ex deporarto, io posso anche saperlo e capirlo perfettamente ma non chi frequenta casa mia che mi sente predicare dalle Scritture che non si fanno preghiere ripetitive, che non vi è alcuna associaizone tra la luce e le tenebre e poi mi vede tenere in casa un oggetto adibito all'adorazione solo perché "ornamentale". Come cristiani dobbiamo essere discepoli di Cristo in ogni circostanza, ad imitazione dei discepoli del I secolo!

Shalom


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Sijmadicandhapajiee, gente per cui le arti stan nei musei - Paolo Conte

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13/08/2010 10:59
 
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Carissimi saluti Jules il Grande detto Methatron e ...ma sei anche un TdG?



Qualcosa ti fa pensare diversamente?
13/08/2010 12:39
 
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Re: Macchina Maccheronica

Methatron, 13/08/2010 10.59:


Carissimi saluti Jules il Grande detto Methatron e ...ma sei anche un TdG?



Qualcosa ti fa pensare diversamente?



Non ho fatto altro che domandare, visto che in questo luogo qualcuno e' identificato nettamente dall'avatar recante l'acronimo, T.d.G. e qualcun'altro meno.
"La tua loquela ti fa manifesto di quella nobil Laica natio a la qual forse fui troppo molesto"
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